Sir Edward Elgar e il suo concerto per violino

‘’Aquí está encerrada el alma de…..’’

Sir Edward Elgar, uno dei maggiori compositori inglesi di ogni tempo, ebbe la prima educazione musicale dal padre, organista nella chiesa di San Giorgio.
Fu per qualche tempo violinista e direttore d’orchestra a Worcester; nel 1885 ottenne l’ufficio  che in precedenza era stato del padre e dal 1905 al 1908 fu professore di musica nell’Università di Birmingham.

Fra le sue numerose composizioni ricordiamo particolarmente: due Sinfonie; Variazioni sinfoniche; delle Ouvertures; pezzi sinfonici per grande orchestra; Introduzione, Allegro e altre composizioni per archi; i Concerti per solista e orchestra; gli Oratori (Gli Apostoli, Il regno, Il sogno di Geronzio); le sonate e vari pezzi per violino e pianoforte, quartetti, quintetti, musica per canto e pianoforte.

Elgar aveva iniziato a lavorare a un concerto per violino nel 1890, ma non ne fu soddisfatto e distrusse il manoscritto.

Abbozzò una serie di idee nel 1905 dopo aver letto un’intervista rilasciata da Fritz Kreisler, in cui il violinista trentenne diceva cose molto lusinghiere sulla sua musica, esprimendo il desiderio che il compositore potesse scrivere qualcosa per violino e ribadendo l’auspicio nel 1907. 

Alla fine, nel 1909 Elgar decise di comporre il concerto e fu proprio Kreisler a tenerlo a battesimo per la prima esibizione al Queen’s Hall di Londra, il 10 novembre 1910.
Elgar in quella circostanza fu il direttore d’orchestra.

Sir Edward Elgar mentre dirige l’orchestra

Nell’intervista citata di due anni prima, Kreisler aveva detto a un giornale inglese:

“Se vuoi sapere chi considero il più grande compositore vivente, dico senza esitazione Elgar …
Dico questo per compiacere nessuno; è la mia stessa convinzione …
Lo metto sullo stesso piano dei miei idoli, Beethoven e Brahms.
È della stessa famiglia aristocratica.
La sua invenzione, la sua orchestrazione, la sua armonia, la sua grandezza, sono meravigliose.
Ed è tutta musica pura, non toccata.
Vorrei che Elgar scrivesse qualcosa per il violino”.

Il Concerto per violino di Edward Elgar in si minore op. 61 fu una delle sue composizioni orchestrali più lunghe ed è uno dei suoi lavori meno adatti a riscuotere un immediato successo popolare.

Del suo Concerto, Elgar ha detto:

“È buono, terribilmente emotivo,
troppo emotivo, ma lo adoro”
.

Come la stragrande maggioranza dei precedenti concerti per violino, anche questo è in tre movimenti.
Il biografo Michael Kennedy annotò che strutturalmente il concerto si modellava su quelli di Beethoven e Brahms.

La durata del pezzo era fuori dal comune: circa 50 minuti.

Essendo il violino lo strumento dello stesso Elgar, lui ammise che quel suo Concerto era quasi come una confessione personale.

Sul frontespizio della partitura compariva la dedica a Fritz Kreisler; poi, su una pagina separata, una iscrizione in spagnolo:

“Qui è racchiusa l’anima di …..”

che poneva un enigma.
La soluzione più comunente adottata era che l’anima citata, ma non palesata, appartenesse ad Alice Stuart-Wortley, una amica per la quale Elgar aveva inventato il soprannnome “Windflower”, Fior di vento, denominando così anche uno dei temi musicali più delicati del movimento di apertura.

Edward Elgar

Il concerto inizia con un vigoroso Allegro preceduto da una lunga introduzione orchestrale durante la quale vengono presentati il primo gruppo tematico, costituito da due motivi ardenti che sembrano scaturire da una stessa idea, e un secondo tema, quello appunto chiamato Windflower, più intimo e cantabile.
Solo all’entrata del solista viene stabilita la tonalità d’impianto, poi il movimento procede serrato ed estroverso fino alla sua conclusione, con il violino che alterna pezzi di virtuosismo ad oasi espressive più tenere e sognanti.
Il nobile Andante ed il secondo movimento si basano sulla molteplice alternanza di due soggetti tematici: il primo di andamento quasi processionale e solenne, il secondo, più lirico, sfociante in una frase appassionata ripresa anche dall’intera orchestra.
Il violino varia le frasi musicali usando abbellimenti ma anche cantando poeticamente. 

Ancora due temi contrastanti appaiono nel variegato e più mosso Finale, che inizia quasi con un’improvvisazione del violino e che giunge, dopo un tragitto molto contrastato, alla Cadenza accompagnata, cuore emotivo dell’intera composizione, dove compaiono la citazione del tema introduttivo del primo tempo, insieme al ricordo di altre melodie già ascoltate in precedenza.
Nella Coda, che chiude il movimento, Elgar, in una sorta di ricapitolazione tematica, sigla ciclicamente il suo capolavoro.

La parte solista è una delle più estenuanti del repertorio, un vero e proprio ‘‘tour de force di bravura concertistica’, in cui Elgar, nonostante tutte le sue conoscenze personali della tecnica violinistica, ha cercato l’aiuto di W. H. Reed, in seguito diventato conduttore della London Symphony Orchestra.

William Henry “Billy” Reed (1875 – 1942)

Reed lo aiutò con correzioni nei passaggi e nelle diteggiature, suonando ripetutamente i vari tempi finché Elgar non fu del tutto soddisfatto. Anche Kreisler ha fornito suggerimenti, alcuni per rendere la parte solista più brillante e altri per renderla più godibile.

Un amico, il musicologo Charles Sanford Terry, ha ricordato:

“Non ho mai sentito Elgar parlare di qualche impressione personale circa la sua musica, tranne per quanto riguarda il concerto, e gli ho sentito dire, più di una volta, che lo adorava”.

Il musicologo Charles Sanford Terry

Elgar disse a un altro amico, Ivor Atkins, che gli sarebbe piaciuto che le note del tema che inizia nobilmente l’andante fossero incise sulla sua tomba.

I cinque punti che interrompono la frase di dedica, quella dell’anima, sono uno degli enigmi di Elgar e sono stati proposti diversi nomi per abbinare l’iscrizione.
Si è ampiamente creduto che alludessero ad Alice Stuart-Wortley, figlia del pittore John Millais: l’amore del musicista per lei e il fatto che fosse per lui una fonte di ispirazione, sono ben noti.

Alice Stuart-Wortley in un ritratto realizzato dal padre, Sir John Everett Millais

Non ci sono prove però che la colleghino all’iscrizione sulla partitura.

David Stuart Powell, un pianista con cui Elgar spesso suonava, ha ricordato che, in un’occasione in cui si trovava a casa di Elgar, a Plâs Gwyn nel Galles, mentre stava guardando una copia del concerto disse:

“Sono arrivato vicino alla soluzione della dedica spagnola … i cinque punti hanno attirato la mia attenzione e subito mi è venuto in mente un nome.
Il nome era quello della Signora (cioè Alice Elgar), lui venne, si fermò accanto a me, vide ciò che stavo guardando e mi tradusse la frase spagnola: “Qui è racchiusa l’anima di …..”
Edward Elgar del resto usava spesso introdurre cifrature ed enigmi nelle sue opere, si ricordino le sue “Variazioni Enigma” a tal proposito.

Il biografo Jerrold Northrop Moore sostenne: “l’iscrizione non si riferisce a una sola persona, ma in ogni movimento del concerto c’è un’ispirazione viva che si rivolge a un simbolo: Alice Stuart-Wortley e Helen Weaver nel primo movimento; la moglie di Elgar e sua madre nel secondo, e nel finale, Billy Reed e August Jaeger’’.

Negli ultimi anni è prevalsa, giustamente, l’idea che “l’anima” indicata con cinque puntini sia proprio quella di Elgar stesso.


Questo perché “sarebbe ben difficile dedicare un’opera scritta in una tonalità così oscura come il si minore” che è infatti la tonalità usata per rappresentare stati di profonda malinconia o di rassegnazione amara.
Si pensi, ad esempio, al quintetto per clarinetto di Brahms, alla “Sinfonia Patetica” di Tchaikovsky e, non ultima, all’“Incompiuta” di Schubert, tutte opere scritte nella medesima tonalità che rende l’atmosfera evocata cupa e amara.

In ogni caso la scritta ed il mistero che la circonda suggeriscono la natura personale del concerto, che pare una combinazione tra la volontà di esprimere urgentemente uno stato d’animo e la reticenza tipica dell’epoca di Elgar, l’epoca dell’educazione vittoriana.

Anche se la musica di Elgar è passata di moda nella metà del ventesimo secolo, e se la reputazione del concerto, come uno dei più difficili del repertorio per violino, è andata crescendo per l’uso di incroci delle dita sulle corde, frequenti e non molto ortodossi, il brano continuò tuttavia a essere programmato e suonato da violinisti acclamati.

Molte ottime esecuzioni su disco, registrate nel tempo, ancora oggi rendono giustizia al concerto per violino, al di là  della sua difficoltà interpretativa.

Edward Elgar in un disegno di Sir William Rothenstein (1919)

Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
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