Feynman’s Lectures

Dedicato ad Antonio dei Bianchi, dei miei, colui che ha tratto maggior giovamento ed ispirazione dalle Letture di Feynman.

Amava definirsi “Nobelist Physicist, teacher, storyteller, bongo player”, ovvero Fisico premio Nobel, insegnante, cantastorie, suonatore di bongo.
Infatti, alle riconosciute doti di fisico, che gli valsero il premio Nobel per la fisica nel 1965, affiancava un senso dell’umorismo fuori dal comune e un carattere eccentrico e originale, da cui è scaturita una ricchissima aneddotica, fatta conoscere anche in Italia da Zanichelli, più di trent’anni fa, pubblicando “Sta scherzando Mr. Feynman!” poco dopo la sua scomparsa.

Richard Phillips Feynman

Aveva la passione per la musica e per le arti figurative, suonava il bongo in locali notturni alternativi, eseguiva ritratti a matita di prostitute e spogliarelliste, che frequentavano gli stessi bar di Los Angeles dove era solito esibirsi come musicista, sfilava al Carnevale di Rio, girava le strade della California su un van targato QUARK e coperto di enigmatici disegni, in cui ospitava i suoi studenti, che trattava in modo allegro e informale, diventando così uno dei professori universitari più amati e popolari del California Institute of Technology (Caltech) a Pasadena.

Richard Phillips Feynman nacque l’11 maggio 1918 a Manhattan da una famiglia ebraica ashkenazita ma visse la giovinezza nel quartiere di Far Rockaway nel Queens (uno dei Five Boroughs di New York City). «Sono nato da qualche parte a New York, ma non ricordo nulla tranne Far Rockaway», raccontò in un’intervista concessa qualche mese dopo aver ricevuto il Nobel per la fisica. Far Rockaway è adagiata sul collo di una penisola da cui si scorge l’oceano e, per i newyorkesi di quei tempi, era il luogo dove passare l’estate sperando di incontrare la scandalosa Mae West o la «fidanzatina d’America» Mary Pickford, dive dell’epoca, che di tanto in tanto era possibile ammirare da quelle parti.

Mae West e Mary Pickford

La madre Lucille era figlia di emigrati di origine polacca, il padre Melville, commerciante, a sua volta figlio di emigrati ebrei d’origine lituana e appassionato di scienza, ebbe il merito di averne saputo stimolare la curiosità, fin dalla più tenera età, proponendogli letture e problemi, insegnandogli a guardare il mondo in modo originale, rifiutando le verità già confezionate, facendogli leggere riviste scientifiche e invitandolo a mettere tutto in discussione. Fu proprio grazie al padre che capì la differenza tra imparare una cosa e capirla e fu così che si appassionò di scienza, adottando quella curiosità che lo contraddistinse poi per tutta la vita. Questa influenza del padre, in particolare riguardo i limiti della scienza, è ricordata nella raccolta di aneddoti “Che t’importa di ciò che dice la gente?”

Richy Feynman

Il giovane Richy abitò «in una grande casa a due miglia dalla spiaggia» e si mise in evidenza per la sua abilità in chimica e matematica e il disinteresse per quasi tutte le altre discipline.
La difficoltà con le discipline umanistiche risaltò prepotentemente durante gli studi al Massachusetts Institute of Technology (MIT), dove nel giugno 1939 prese il titolo di Bachelor in Science, con un giudizio di ammissione al dottorato presso la Princeton University, in cui risulta «un diamante grezzo: nessun altro candidato aveva avuto valutazioni attitudinali in matematica e fisica così fantastiche ma nessuno era mai entrato con punteggi così bassi in storia e in inglese».

E’ stato spesso sbandierato il suo cattivo rapporto con le humanities, in particolare con la filosofia, attribuendogli la frase: «La filosofia è utile agli scienziati più o meno quanto l’ornitologia lo è agli uccelli».
Feynman era invece consapevole di questo suo limite, ma senza alcun compiacimento:

«Non avevo tempo per imparare e non avevo molta pazienza per quelle che sono chiamate le scienze umane. […] Ho un’intelligenza limitata e l’ho usata in una particolare direzione».

Una foto giovanile di Feynman

Feynman arrivò a Princeton nel 1939, scelse come relatore della tesi John Archibald Wheeler e, dopo aver conseguito il PhD nel 1942, a soli 24 anni, venne arruolato nel Progetto Manhattan, dove ebbe l’occasione di collaborare e confrontarsi con i più grandi fisici dell’epoca ma anche di vivere l’isolamento di Los Alamos e la follia del programma segreto per la costruzione della bomba atomica, vicenda in cui «i fisici conobbero il peccato».

In quella tragedia collettiva Feynman perse Arlene, la sua prima moglie, che conosceva da quando aveva 13 anni e che aveva sposato, nonostante le fosse stata diagnosticata la grave malattia che la portò alla morte in quel frangente, non lasciandogli altro piacere nella vita, che non superare le difficoltà matematiche o fisiche dei problemi, di qualsiasi tipo fossero, da quelli di fisica teorica a quelli di censura militare, divertendosi ad aprire ogni serratura o cassaforte, gettando regolarmente nel panico i responsabili della sicurezza.

Feynman con Arlene in una foto del 1940

Aprire una cassaforte, per lui, equivaleva a risolvere un problema matematico: pazienza, metodo e numerosi tentativi. E nonostante l’eccezionale levatura dei grandi scienziati raggruppati a Los Alamos, fu proprio quel giovane mago dei numeri, il virtuoso prestigiatore «mezzo genio e mezzo buffone» (come lo definirà il fisico e matematico britannico Freeman Dyson, dopo averlo conosciuto), ad occuparsi dei calcoli nella divisione teorica, dove introdusse l’uso dei computers (a schede perforate).
E’ da lì che nacque il mito di Feynman tra gli specialisti.

Alla fine della guerra, il suo talento era conteso da molti; Oppenheimer lo avrebbe voluto a Berkeley ma la spuntò infine Hans Bethe, nell’ottobre 1945, portandolo alla Cornell University dove entrò da professore, a 27 anni.

Riprese allora a sviluppare l’idea su cui stava lavorando prima della guerra, un metodo per calcolare le probabilità di transizione da uno stato quantistico a un altro, basato su alcune idee di Paul Dirac e Werner Karl Heisenberg, e sviluppò così un nuovo formalismo per la meccanica quantistica, denominato «integrale sui cammini», grazie al quale poté elaborare in seguito l’elettrodinamica quantistica (QED), «la strana teoria della luce e degli elettroni», che gli valse il premio Nobel per la fisica nel 1965.

Nonostante il premio Nobel, Feynman divenne «ufficialmente famoso» tardi nella sua vita.

Accadde in seguito alla partecipazione ai lavori della Commissione Rogers, incaricata di indagare sulle cause del disastro dello space shuttle Challenger, distrutto nei cieli della Florida il 28 gennaio 1986 a soli 73 secondi dal lancio. Il 9 febbraio, durante i lavori della commissione e davanti a un buon numero di giornalisti armati di taccuini e telecamere, infilò una guarnizione di gomma in un bicchiere di acqua ghiacciata e mostrò quale fosse, a suo parere, la ragione dell’incidente: la mattina del lancio, a causa della bassa temperatura, la gomma delle guarnizioni usate per sigillare i segmenti dei razzi a combustibile solido, che dovevano spingere lo shuttle durante il decollo, avevano perso elasticità e non erano state più in grado di sigillare alcunché.

«Il pubblico aveva così potuto vedere con i propri occhi come viene fatta la scienza, come pensa un grande scienziato e come si ottengono risposte chiare ponendo domande chiare».

Le immagini del disastro dello space shuttle Challenger – 28 gennaio 1986

L’indagine di Feynman rivelò un disaccordo grave tra ingegneri e dirigenti della NASA, con fraintendimenti sorprendenti di concetti elementari.
I manager avevano dichiarato che ci fosse una possibilità su 100.000 di un fallimento catastrofico dello shuttle, invece Feynman scoprì che gli ingegneri avevano stimato quella probabilità pari a 1 su 200 e quindi che la stima dei manager era falsa e irrealistica, riguardo l’affidabilità dello shuttle.
In particolare, incolpò la NASA di aver arruolato Christa McAuliffe nel progetto Teacher-in-Space, mandando così un’ignara maestra a morire per demagogia e falsa propaganda.

Christa McAuliffe

«La realtà ha la precedenza sulle pubbliche relazioni perché la natura non può essere ingannata».

Brillante, carismatico, anticonformista e con un senso dello humor strepitoso. Poteva essere difficile seguirlo nei suoi ragionamenti complessi ma, quando la BBC lo ingaggiò come divulgatore in diversi documentari, mostrò il talento del grande intrattenitore.

«Si spingeva a esplorare gli aspetti più reconditi e astratti della natura restando sempre ben ancorato alla realtà fisica.
Non era trascinato dall’ambizione per la scoperta, ma dal puro piacere di capire, di risolvere un problema, di calcolare la soluzione, di mettere alla prova l’intuizione fisica».

L’ultima sua missione sarà quella di trasmettere il valore della scienza, cercando di formare una nuova classe di docenti di fisica.
Voleva soprattutto accendere la fiamma della curiosità e dell’immaginazione, scardinando l’apprendimento mnemonico e nozionistico degli studenti, come scriverà nel suo bellissimo libro autobiografico Sta scherzando, Mr. Feynman!“:

«Non vedevo a cosa servisse un sistema di autoriproduzione nel quale si superano esami per insegnare ad altri a superare esami, senza che nessuno impari mai niente».

L’esatto opposto del classico accademico che guardiamo con la paura di restare annoiati.
Per la a sua passione nell’aiutare i non-scienziati a immaginare qualcosa della bellezza e l’ordine dell’universo, come lui la vedeva, era stato soprannominato “The Great Explainer” che si può liberamente tradurre come “uno che sapeva spiegare alla grande”.

Al giorno d’oggi cosa rimane della sua lezione?
Feynman è stato uno dei fisici teorici più notevoli e dotati di qualsiasi generazione ma i suoi interessi spaziavano anche alla chimica, alla biologia e all’elettronica. Fu lui a lanciare la sfida delle «macchine molecolari», in un noto discorso passato alla storia come There’s plenty of room at the bottom.
A lui si devono i primi concetti relativi ai computer quantistici e alle nanotecnologie.
Per conoscerlo ed amarlo, chiunque può leggere i suoi bellissimi libri e, nel caso degli studenti di fisica, The Feynman Lectures on Physics.

Il van di Feynman targato QUARK e coperto dei suoi diagrammi, che ai più apparivano come enigmatici disegni

Sotto l’eteronimo di Gyro Gearloose si cela un uomo rustico, a volte ruvido, fervido praticante di un libero pensiero, che sconfina in direzioni ostinatamente contrarie all’opinione comune.
Afflitto fin dalla nascita da una forma inguaribile di pensiero debole, simile all’agnosìa, prova a curarla con l’applicazione assidua di scienze dure.
E’ cultore di matematiche che, non capendo appieno, si limita ad amare da dilettante appassionato, sebbene poco ricambiato.
Si consola perlustrando sentieri poco battuti, per campagne e colline dove, tra le rovine del passato, resistono ancora bene l’ulivo e la vite.



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