Notre Dame de Parìs

Ci sono mattine in cui l’unica cosa veramente importante sarebbe un buon caffè. Solo che, nel bar preferito, oltre al caffè trovi sempre almeno un quotidiano. E dopo un evento clamoroso, come quello di ieri, non ti salva nemmeno la Gazza.

Lo speciale in TV, i commenti, le analisi, le teorie più strampalate, le reazioni, le dichiarazioni di solidarietà e di sostegno, le prese di posizione (sporadiche, per fortuna) che non c’entrano niente, come il Ministro della Paura che fa sapere al mondo che lui preferisce vedersi il Grande Fratello (e così si spiegano parecchie cose). 

Insomma, non si scappa, l’argomento del giorno è l’incendio che ha colpito la Cattedrale di Parigi.
Un rogo impressionante, un danno devastante, checché ne dica Sgarbi.
Per tentare di restare tranquillo per conto mio, evitando di rimanere invischiato in inutili disamine, schivo sguardi e battute degli esperti da bar. Affamati di un gonzo che li stia a sentire, lanciano occhiate e mezze frasi, gettando l’esca cui, presto o tardi, qualcuno abboccherà.
E allora partirà la dotta disquisizione che si sono preparati per bene: cause, concause, possibili rimedi non seguiti e colpevoli da additare.
In primis i francesi, come popolo nel suo insieme; il resto a braccio, secondo l’ispirazione del momento (e il possibile gradimento dell’incauto interlocutore).

Un Gargouille sul tetto di Notre Dame © Photo: Moyan Brenn 2010

Me la sto cavando bene, ne ho già schivati alcuni, quando ecco piombare nel bar il mio amico Adelmo, professore di ginnastica col vizio dell’opinionismo. Non faccio in tempo a mimetizzarmi con l’espositore delle patatine che lui, impietoso:

Erasmo! Hai visto che è successo?!?”.

Nel bar cala il silenzio; gli espertoni indigeni mettono su un ghigno sinistro, hanno trovato la preda ideale.
Non faccio in tempo ad invitarlo ad uscire che lui, senza neanche aspettare una mia risposta, parte in quarta.

Lo sapevo che prima o poi doveva succedere. Stavano finalmente ristrutturando, ma tardi e male. Ma si può, con tutto quel legno, non predisporre adeguate misure antincendio prima di iniziare i lavori?

La prima iena da bar si fa sotto e incalza “ma poi, con tutta l’acqua che c’è nel Tamigi…”, “è la Senna”, fa un altro; “sì, certo, la Senna… che ci vuole a spegnere un fuoco?”.
E i canadair? Ma che non ce l’hanno gli aerei antincendio?
E siamo già al terzo squalo che da tempo si aggirava per il locale con sguardo affamato.
Ma quale canadair… se avessero buttato tutta quell’acqua di botto avrebbero fatto più danni dell’incendio!” questo è il tipo che conosce la geografia e sa che a Parigi passa la Senna.

Il tipo dei canadair si guarda intorno, sperando che qualcuno risponda per le rime al geografo; quando vede che nessuno interviene capisce di aver detto una boiata e si intristisce, uscendo di scena.
Amedeo rimane a bocca aperta: non immaginava che la sua battuta avrebbe scatenato un dibattito da talk show, in tutto e per tutto simile, per profondità, ai programmi pomeridiani.
Io gli lancio un’occhiata eloquente, un chiaro invito a non insistere; lui però la prende come incoraggiamento e incalza

il problema è la prevenzione. Una volta partito l’incendio, in una struttura così, con travi in legno bello stagionato, chi lo ferma più?”. 

Guardi che in Italia abbiamo lo stesso identico problema in tutte le migliaia di chiese antiche che ci ritroviamo, e non ce n’è una con un sistema antincendio funzionante”.
È l’uomo della Senna che parla; ormai è chiaro, non intende esporre le sue teorie ma gode nel rintuzzare quelle altrui; gioca di rimessa, un Nereo Rocco della dialettica.

Nereo Rocco

E i pompieri, ne vogliamo parlare? Sono andati lì con l’innaffiatoio da spiaggia. Hai voglia a spruzzare due gocce d’acqua… e intanto il tempo passa e il fuoco ti tira giù la guglia!
Questo mi ha sorpreso: sembrava distratto, si faceva il cappuccino suo e anzi era già al secondo cornetto. Solo sopraffina tecnica di dissimulazione, come la pesca all’aspetto.

Tutti gli esperti, inclusi i vigili del fuoco di ogni Paese OCSE, hanno dichiarato che il comportamento dei vigili del fuoco francesi è stato encomiabile e che meglio di così non si poteva fare”. È sempre il catenacciaro, e siamo 3-0 per lui.

In ogni caso, una vera tragedia. Non possiamo non riconoscere il valore simbolico di questo dramma. Il cuore della nostra bella Europa brucia e solo l’Europa unita potrà farlo rinascere.
Alla vigilia delle elezioni viene a ricordarci chi siamo, un monito per indicarci che ci unisce molto più di ciò che ci divide.
La cultura, in particolare.
E la fratellanza tra popoli amici.

Oggi siamo tutti parigini.

Questo appello un po’ retorico di Adelmo sembra mettere d’accordo tutti. Anche l’uomo della Senna rinuncia a ribattere. Vuoi vedere che da un dramma si possa veramente prendere coscienza del destino comune di noi europei. Però nessuno mi toglie dalla testa che Adelmo ci sia venuto apposta: ha piazzato il suo piccolo comizio e ora ha una faccia bella tronfia e soddisfatta.

La vignetta disegnata dall’artista Cristina Correa Freile che ritrae Quasimodo, il celebre gobbo ispirato da Victor Hugo nella sua rappresentazione Disney, che abbraccia la cattedrale di Notre-Dame.

Tanto il vostro Erasmo dal Kurdistan vi doveva, senza nulla a pretendere.

Erasmo dal Kurdistan è persona mutevole, con una spiccata tendenza alla tuttologia.
Vorrebbe affrontare la vita con leggerezza e ironia, ma raramente riesce a mantener fede a un impegno così arduo.
Scioccamente convinto di avere qualche dote letteraria (molto) nascosta, si prodiga nel vano tentativo di esternarla, con evidente scarsa fortuna.
Maniaco dell’editing e dell’interpunzione, segue un insano culto del punto e virgola (per tacere delle parentesi e delle amate virgole).
Tenta di tenere a bada una innata tendenza didascalica e quasi pedagogica pigiando sul pedale della satira di costume, ottenendo di comico solo il suo pio tentativo.
Il più delle volte si limita ad imbastire dimenticabili pipponi infarciti di luoghi comuni.

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