Dalla Selvascura a Monte Corvino

Luoghi e cultura: Passeggio di Vino 2

Anche questo che state per leggere è il resoconto di un passeggio, sulla falsariga di quello precedente (vedi “Santangelo sul monte Mirteto”).

In quel caso, si partiva dall’antica Norba e, costeggiando Santangelo e il monte Mirteto, si finiva per approdare alle pezze di Ninfa, terminando il passeggio tra vigneti, a gustare i buoni vini che vi si producono: qualcuno riesce già a intravvedere uno schema?

Questo secondo passeggio inizia da Bassiano, incantevole borgo medievale, noto per aver dato i natali ad Aldo Manuzio; il tipografo umanista ritenuto il primo editore moderno in Europa e tra i maggiori d’ogni tempo, avendo introdotto il carattere a stampa corsivo e il formato in ottavo, oltre a numerosi avanzamenti in tipografia, che sono rimasti insuperati fino ai nostri giorni.

Meno note sono invece le origini di Bassiano, il cui nome non farebbe certo pensare al secondo abitato più in alto nella provincia di Latina.
Ma sono noti però i legami storici e di territorio con l’area intorno alla Torre di Acquapuzza, probabile continuazione del castrum latino di Acquaputrida, appartenuto all’imperatore Marco Aurelio Severo Antonino Pio Augusto, venuto al mondo come Lucius Settimius Bassianus, poi soprannominato e meglio noto come Caracalla.

Secondo questa ipotesi, l’antroponimo di «Bassianus» era anticamente attribuito al Castello di Acquapuzza ed all’abitato circostante e sarebbe poi divenuto il nome dell’attuale centro collinare, quando questo fu abbandonato a causa delle continue scorrerie barbariche,  che costrinsero le sue genti ad una migrazione per trasferirsi nell’attuale centro collinare, luogo completamente coperto alla vista dalla pianura.

La torre di Acquapuzza

Infatti l’Acquapuzza e la contigua contrada dell’Antignana, benché oggi risultino isolate dal resto del territorio comunale di Bassiano, dal punto di vista viario, in epoche antiche costituivano la principale via d’accesso al paese collinare, che si trova proprio alle spalle della località pedemontana, nascosto da un rilievo montuoso.

Tale area pedemontana è stata per secoli l’unica porzione del territorio comunale di Bassiano ad affacciarsi sull’Agro Pontino: un’area ristretta e molto decentrata, che conferma il forte legame esistito tra le due località.

Caracalla

Inoltre, il toponimo di Antignana è riferibile pure a Caracalla e ad una sua villa (Antoniniana), la cui esistenza è attestata dalle fonti antiche proprio nelle vicinanze del castrum di Acquaputrida.

Da Bassiano, e più precisamente dalla sua contrada Casanatola, prima di procedere verso il santuario del crocifisso, distante circa 3 km, non si perda l’occasione di visitare il prosciuttificio Reggiani, fondato da Astro Muratori, un salumiere modenese che iniziò a produrre prosciutti di qualità, ancora oggi tra i più apprezzati da ogni buongustaio.

Interno del prosciuttificio Reggiani

Il Santuario del crocifisso prende il nome dal celebre crocifisso ligneo custodito al suo interno, scolpito da Vincenzo Pietrosanti, un frate laico che intraprese la vita religiosa a 15 anni e cui sono attribuite diverse opere nei conventi francescani del Lazio, in particolare crocifissi lignei, in cui il Cristo è rappresentato a dimensioni naturali, con viso emaciato e dall’espressione sofferente, posizione contratta del corpo, sparso di sangue.

Un particolare del crocifisso ligneo scolpito da Vincenzo Pietrosanti

La storia di Bassiano è segnata profondamente dall’azione dei movimenti spirituali del XIII e XIV secolo e dei fraticelli spirituali della regola di San Francesco d’Assisi, che furono i promotori di un rinnovamento sociale e trovarono rifugio nella grotta di Selvascura (o grotta dei templari) interamente affrescata e oggi annessa al Santuario dove, secondo alcune voci, pure i Cavalieri templari avrebbero lasciato segni del loro passaggio.

Interno della grotta di Selvascura (©Photo: Franco Zampetti)

Da qui, proseguendo dentro la Selvascura, dopo un’ora circa di cammino, si arriva sopra le mura poligonali del monte Carbolino, un meraviglioso e misterioso balcone naturale sull’agro pontino.

Particolare delle mura ciclopiche di Monte Carbolino

E’ subito evidente l’alterità e differenza tra queste mura enormi, possenti e ripide, rispetto agli altri muri di pietre a secco, le cosiddette macère, che formano il tradizionale terrazzamento per la coltivazione dell’ulivo e rendono prezioso e affascinante il paesaggio declive dei monti Lepini.

In questo caso, si tratta di un vero e proprio complesso abitativo unitario, ordinato in un potente sistema di terrazzi, seguendo la costolatura del monte: le mura si dispongono con andamento grosso modo a «V», l’una sull’altra, con otto e nove linee di fronte sui lati, sviluppandosi dal vertice fino ai limiti laterali della costa montana. Ogni terrazzo si presenta in modo da dominare e controllare quello sottostante, com’è evidenziato anche dalle porte, che si aprono sulle rispettive fronti murarie, che non sono semplici varchi ma vere porte di difesa di tipo «sceo».
Il muro inferiore, che è anche il più lungo, forma un perimetro unitario di circa 450 m di lunghezza, oltre 2 m di spessore e 5-8 m di altezza.
Nelle immediate vicinanze, ai piedi dell’Abbazia del Valvisciolo, dove una volta passava l’antica ferrovia Velletri/Terracina, realizzata alla fine dell’800 e ora dismessa, è stata ritrovata pure la necropoli di Caracupa, che era evidentemente connessa all’antico abitato.

Pianta della necropoli di Caracupa

Un esempio del tutto particolare di urbanistica in età arcaica del Lazio, con precoce utilizzazione dell’opera poligonale in un impianto di fortificazione, databile agli ultimi decenni dell’VIII sec. a.C.

Archeologi e storici non hanno però finora saputo identificare il nome antico del sito: sono di estrema labilità le identificazioni proposte con Sulmo (Savignoni, Mengarelli) o con Pometia (Ogilvie).

Abbandonato l’ultimo terrazzamento di età proto-storica, e riprendendo la discesa sul fianco ovest del monte Carbolino, si plana nella vigna dell’abbazia di Valvisciolo, dedicata a Santo Stefano. Inizialmente il monastero fu abitato dai monaci Basiliani (sec. X-XI), successivamente, si dice dai cavalieri Templari, che la ebbero in dono per i loro servizi in Terra Santa.
Nel 1206 subentrarono i monaci cistercensi dell’abbazia di Marmosolio, che la ristrutturarono secondo lo stile «gotico-cistercense» creato dall’ordine di Citeaux, che faceva riferimento all’abbazia madre di Clairvaux.

L’abbazia di Valvisciolo (©Photo: Carlo De Santis)

Al termine del cammino, al lettore risulterà più chiaro lo schema, che rende anche tale percorso un passeggio di vino:
rolling on old stones, landing on fine vineyards.

Basta fare un altro po’ di strada per giungere infine alla graziosa casetta, in mezzo ai filari di vite piantati al piede del monte Corvino, che con il monte Carbolino forma l’imbocco naturale al vallone di Bassiano.

Qui troverete un’accoglienza tra le più generose dell’agro Pontino, presso la cantina Montecorvino del mastro vinaio Andrea Fiacco e del suo socio, il vignaiolo e frantoiano Peppe Palombo.

Il posto giusto dove assaporare ottimi vini: tra i bianchi, Ceviano (Trebbiano in purezza), Petrara e La Casetta (Chardonnay in purezza, il secondo con affinamento in legno), La Fota (Falanghina in purezza); tra i rossi, La Rave ((Merlot in purezza), Rapiglio (Merlot e Montepulciano in taglio), Selvascura (Montepulciano in purezza).

Ma sarebbe un delitto però non assaggiarli insieme al loro ottimo olio, in cui intingere una semplice falia, il pane tipico del territorio, e con cui accompagnare pure il prosciutto di Reggiani tagliato a mano, senza dimenticare però il formaggio di pecora della zona.

La falia

Prosit!

Note al viandante: questi passeggi non vanno improvvisati ma vanno fatti in compagnia di persone esperte delle difficoltà del percorso o delle restrizioni dei luoghi, che si prendano cura del cammino in sicurezza e si muniscano preventivamente di ogni permesso del caso.

Sotto l’eteronimo di Gyro Gearloose si cela un uomo rustico, a volte ruvido, fervido praticante di un libero pensiero, che sconfina in direzioni ostinatamente contrarie all’opinione comune.
Afflitto fin dalla nascita da una forma inguaribile di pensiero debole, simile all’agnosìa, prova a curarla con l’applicazione assidua di scienze dure.
E’ cultore di matematiche che, non capendo appieno, si limita ad amare da dilettante appassionato, sebbene poco ricambiato.
Si consola perlustrando sentieri poco battuti, per campagne e colline dove, tra le rovine del passato, resistono ancora bene l’ulivo e la vite.

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