Antifascismo


Mi capita sempre più spesso. Non che in passato fossi più attento, solo che adesso ho perso anche quel minimo di freni inibitori. Sono costantemente e irrimediabilmente fuori moda. Non per scelta elitaria o per posa snob. Mi viene proprio così, senza nessun retropensiero. 
Nature, al limite del naif.
Può spiegarsi solo in questo modo il mio attaccamento a una parola ormai desueta, il mio insistere su un concetto che oggi suona spesso fastidioso, sicuramente lontano dagli argomenti del momento.

Anche tentando di evitare talk show e trasmissioni tuttologiche varie, dove viene data la parola alla ggente (scegliendo bene l’intervento da trasmettere, secondo la tesi sostenuta), sono i telegiornali di prima serata a sparami in faccia pseudo-ragionamenti o semplici battute che minimizzano il senso della tragedia che abbiamo vissuto nel secolo scorso. Il famoso revisionismo, questo sì oggi di moda.

A parte gli sdoganati, che non hanno remore a dichiararsi “simpatizzanti” del fascismo, ci sono quelli che rispondono, come per un riflesso condizionato,

“e allora il comunismo? E allora Stalin?”.

Per bene che vada, ti trovi il tipo che, con fare di chi ha studiato e ne sa più di altri, ti chiarisce che il fascismo ha fatto anche tante cose buone.

Il dramma, per me, è che nessuno tra gli intervistatori rileva quanto dovrebbe essere chiaro e acquisito da parte di tutti: 

il contrario di fascismo non è comunismo bensì democrazia,

con il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali di ciascuno. Se questo semplice fatto, perché di fatto si tratta e non di opinione, facesse parte del comune sentire, non avrebbe alcun senso né logica fare distinguo sul tema dell’antifascismo. Non ci si può dichiarare democratici ma non antifascisti. Come dire che non si è né per la dittatura né per la democrazia.

Quando vengono presi provvedimenti illiberali in serie, quando si manda la Digos a reprimere il diritto di critica e la libertà di pensiero, quando si semina odio e discriminazione xenofoba e omofoba, quando si mettono all’indice le minoranze per darle in pasto al popolo (artificiosamente) spaventato, di fronte alla semplice constatazione che si è sulla china di una deriva fascista, nessuno dovrebbe minimizzare parlando di fissazioni o esagerazioni. La storia non si ripete mai tal quale, ma dovremmo essere in grado di capire verso quale modello tendano certi atti, affermazioni e comportamenti.

Questa percezione della contemporaneità, quantomeno nel nostro Paese, pare non potersi ricondurre a mie personali paranoie (comunque possibili) se anche il Presidente Mattarella– sincero democratico, non certo un Bolscevico – ha sentito di recente la necessità di lanciare un monito contro la tentazione di barattare la libertà con la sicurezza, cavallo di battaglia di ogni politica illiberale e chiaro segnale del modello perseguito. Si tratta chiaramente di una proposta irricevibile per ogni democratico, di merce avariata.

Il Presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella

Né può valere l’altro equivoco che invoca la libertà per garantire la possibilità di inneggiare a dittature, discriminazioni, supremazie e intolleranze varie. La libertà non c’entra proprio niente. C’è una Costituzione da rispettare: si tratta delle regole fondative della nostra comunità, che liberamente se ne è dotata. Non esiste libertà senza limiti, ma sono proprio quei limiti a garantire la libertà. Anche la tolleranza ha un limite, e questo limite è l’intolleranza, che pertanto non è tollerabile.

Non finirò mai di stupirmi quando, nella mia città, considerando impronunciabile la parola antifascismo, si argomenta sostenendo che “è divisiva”.

Embé? Non credo che i due concetti – dittatura e democrazia – siano confondibili o intercambiabili. La divisione c’è ed è netta. Chi prova ad annacquare e a mantenersi super partes in realtà fa una precisa scelta di campo. E non sceglie il campo democratico.

Oggi che chiudono i comizi e si va verso le urne, ho un paio di domande da farti, gradito lettore: tu da che parte stai? Che Europa vuoi, se ti sembra giusto esserne parte? Scegli una direzione, intraprendi un cammino; anche solo col voto, se altro non puoi. Ma fallo scientemente, come se dal tuo voto dipendesse il futuro dell’umanità. Non voltarti dall’altra parte, non lasciare ad altri la scelta. Sono tempi selvaggi, il mormorio di chi vuole portarci indietro rischia di diventare boato. E tutto questo ti riguarda in prima persona, la scelta non è delegabile.

Si narra di un episodio (vero? immaginario?) risalente al primo dopoguerra. Bouvette del Senato della Repubblica. Due senatori si ritrovano a chiacchierare amabilmente per un caffè.

“Vedi collega – dice il primo, già aderente alla Repubblica Sociale – che non siamo poi così terribili e che possiamo sostenere civilmente una conversazione anche con voi?

“Certo – fa l’altro, proveniente dalla Resistenza – e questo perché abbiamo vinto noi. Se aveste vinto voi, io oggi sarei morto o al confino.

E non mi sembra un dettaglio di poco conto.

Tanto il vostro Erasmo dal Kurdistan vi doveva, senza nulla a pretendere.

Erasmo dal Kurdistan è persona mutevole, con una spiccata tendenza alla tuttologia.
Vorrebbe affrontare la vita con leggerezza e ironia, ma raramente riesce a mantener fede a un impegno così arduo.
Scioccamente convinto di avere qualche dote letteraria (molto) nascosta, si prodiga nel vano tentativo di esternarla, con evidente scarsa fortuna.
Maniaco dell’editing e dell’interpunzione, segue un insano culto del punto e virgola (per tacere delle parentesi e delle amate virgole).
Tenta di tenere a bada una innata tendenza didascalica e quasi pedagogica pigiando sul pedale della satira di costume, ottenendo di comico solo il suo pio tentativo.
Il più delle volte si limita ad imbastire dimenticabili pipponi infarciti di luoghi comuni.

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