Bob Dylan, la Triumph, la Torre di Guardia e Jimi Hendrix

Bob Dylan è sempre stato un grande appassionato delle due ruote e, dopo aver posseduto in giovane età una Harley Davidson, come si può vedere dalla fotografia che lo immortala nel 1956 all’eta di 15 anni su una Harley FL Hydra Glide, decise di passare ad un modello più facile da guidare, un gioiello della tecnologia costruito in Gran Bretagna.

1956 Bob Dylan in posa su una Harley-Davidson FL Hydra Glide

Nel 1964 acquistò una bellissima Triumph Bonneville T120 da 650cc.
Una moto potente e leggera (solo 165 Kg rispetto ai 267 kg della pesantissima Harley) che usò per molti anni come principale mezzo di locomozione.

Sembra anche che Bob non fosse molto abile a guidare la motocicletta, tanto che Joan Baez, sua ex fidanzata, nella sua autobiografia scrisse:

“sembrava che (Bob) ci fosse attaccato come un sacco di farina. Ho avuto la sensazione che fosse la moto a guidarlo e che se fossimo stati fortunati ci avrebbe portato nella giusta traiettoria per prendere la curva, altrimenti sarebbe stata la fine per entrambi”.

Joan Baez e Bob Dylan

Il 1965 fu un anno molto intenso per la carriera del grande musicista, dopo il successo radiofonico di “Like a Rolling Stones”.
Stava registrando con il suo gruppo “The Hawks” il nuovo album “Blonde on Blonde”.
Appena uscito il disco fu programmato un grande tour di due mesi che lo portò anche in Europa.
L’ultima tappa della tournee fu a Londra, dove non fu accolto molto bene dai puristi del folk britannici che non apprezzavano il nuovo sound elettrico di Dylan.

Bob inoltre stava terminando il suo libro “Tarantula” e contemporaneamente anche le riprese per un filmato per uno speciale commissionato dalla rete televisiva ABC.
La sua vita si era trasformata, procedeva freneticamente, preso com’era da impegni, percorsi in limousine, camerini, alberghi e aeroporti.

Improvvisamente il 29 Luglio del 1966 Bob ebbe un gravissimo incidente con la sua Triumph.
I suoi numerosi fans rimasero attoniti cercando di avere notizie confortanti sulla sorte del loro idolo ma le scarne notizie confermavano solo la storia dell’incidente, precisando che Bob era in convalescenza.

Da qui iniziò una serie di mistificazioni: alcuni sostenevano che fosse stata solo un invenzione per ritirarsi dalle scene, altri credettero che nell’incidente Dylan avesse subito gravi danni celebrali, che fosse rimasto paralizzato o addirittura morto; altri ancora sostenevano che fosse stata una montatura per coprire il suo ricovero in una clinica a fare trasfusioni di sangue per ripulire il suo corpo dalle droghe assunte.

Questo avvenimento rimase comunque avvolto nel mistero tanto che anche lo scrittore inglese Howard Sournes, autore di una sua famosa biografia Down the Highway: The Life Of Bob Dylan”, scrisse che, secondo le sue ricerche, non fu chiamata alcuna ambulanza sul luogo dell’incidente e che Dylan non fu ricoverato in nessun ospedale, a dispetto di quanto affermarono i mezzi di comunicazione dell’epoca.

Solo in seguito Bob disse che era scivolato su una macchia oleosa sull’asfalto, di aver perso il controllo della moto e di essersi rotto alcune vertebre cervicali.

In questa foto che ritrae Bob sulla sua Triumph si notano i piedi che non sono appoggiati sulle pedane: cosa che tutti i motociclisti sanno essere molto pericolosa

Fatto sta che Bob rimase lontano dai riflettori per parecchi anni, fece solo alcune apparizioni al Festival dell’isola di Wight nel 1969 e al concerto organizzato da George Harrison per il Bangladesh nel 1971.

1971 George Harrison e Bob Dylan nel concerto per il Bangladesh

Quegli anni di calma e tranquillità furono comunque molto fervidi per la sua vena creativa.

Dylan, insieme agli Hawks, che divennero poi famosi col nuovo nome di The Band, registrò in parte nella sua casa di Woodstock e in parte nella cantina del gruppo, nota come “Big Pink”, una serie incredibile di brani.
Alcuni di quei pezzi furono pubblicati dalla Columbia nel 1975 con il titolo “The Basement Tapes” e successivamente fu prodotto un bootleg composto da 5 cd dal titolo “The Genuine Basement Tapes” contenente ben 107 brani.

I cinque CD di “The Genuine Basement Tapes”

Dylan aveva avuto quindi molto tempo da trascorrere a casa in tutta tranquillità, e fu proprio in quello stesso periodo, infatti, che, oltre a concepire due figli (1966 e 1967), scrisse anche tutti i brani che formarono il suo ottavo album registrato in studio: “John Wesley Harding”, pubblicato nel dicembre del 1967.

Era un album che scavava un solco netto rispetto agli ultimi suoi tre Lp, caratterizzati dalla prevalenza di un sound elettrico più vicino al Rock.
Infatti il disco segnò il momentaneo ritorno di Dylan a suoni acustici più Folk.

Questo lavoro prese il titolo dal nome di un noto criminale statunitense che nella seconda  metà del 1800 si macchiò di molti omicidi (44 sembra).
Scontò 17 anni di carcere e, una volta uscito dal penitenziario, fu ucciso nel corso di un diverbio avuto con un poliziotto ex fuorilegge a El Paso.

BOB DYLAN -All Along The Watchtower (Live in Woodstock 1994)

Fra tutti i brani spicca per la bellezza “All along the watchtower”, che oltre ad essere uno dei brani più volte riproposto dallo stesso Dylan nei suoi concerti e negli album antologici, è stato quello che ha ispirato moltissimi grandi musicisti che lo hanno infatti inciso in diverse versioni.

La lista di queste cover della canzone è lunga:
The Nashville Teens nel marzo del 1968;
U2 nel 1981 e poi nel “Joshua Tree Tour” del 1987 e inclusa nel film Rattle and Hum dell’anno successivo;
Dave Matthews Band;
Neil Young l’ha eseguita numerose volte, anche al Farm Aid del 1994;

Neil Young live at Rock am Ring 2002 with Poncho, Booker T. & The MGs

Brian Ferry l’ha inclusa nel suo album tributo “Dylanesque” nel 2007;
Pearl Jam la prima volta nel 2004 e poi nel 2009 insieme a Ron Wood dei Rolling Stones allo Shepherd’s Bush Empire a Londra; e poi ancora l’hanno eseguita (cito solo i musicisti più conosciuti):
Eric Clapton,
Lenny Kravitz,
Richie Havens,
Van Morrison,
Supertramp,
Paul Weller,
XTC…

Ma quella che rimane la mia preferita è la versione stratosferica realizzata dal grandissimo Jimi Hendrix.
Un pezzo che avrò ascoltato migliaia di volte e che puntualmente mi fa accapponare la pelle e drizzare tutti i peli del corpo, compresi quelli presenti nel naso.
Lo stesso Dylan rimase incantato dalla versione del grande chitarrista, tanto da riproporla nei suoi concerti dal vivo al posto di quella originale.

La fulmicotonica versione di Jimi Hendrix

Queste le parole e la traduzione italiana del testo, rielaborato liberamente da Dylan, dal Libro di Isaia cap 21 della Bibbia

All along the watchtower

There must be some kind of way out of here
Said the joker to the thief
There’s too much confusion
I can’t get no relief

Businessman they drink my wine
Plowman dig my earth
None will level on the line
Nobody offered his word, hey

No reason to get excited
The thief, he kindly spoke
There are many here among us
Who feel that life is but a joke


But you and I, we’ve been through that
And this is not our fate
So let us not talk falsely now

The hour is getting late

[Guitar Solo]

All along the watchtower

Princes kept the view

While all the women came and went
Barefoot servants, too

Outside in the cold distance
A wildcat did growl
Two riders were approaching
And the wind began to howl

Ci deve essere una sorta di via d’uscita da qui
Disse il buffone al ladro
C’è troppa confusione
Non riesco a trovare sollievo

Uomini d’affari bevono il mio vino
Campagnoli scavano la mia terra
Nessuno si uniformerà
Nessuno ha dato la sua parola, hey

Nessuna ragione per eccitarsi
Il ladro, ha gentilmente detto
Ci sono molti qui tra noi
Che hanno la sensazione che la vita sia solo un gioco

Ma io e te, siamo andati oltre
E questo non è il nostro destino
quindi non parliamo ingiustamente ora

Si sta facendo tardi

[Assolo di Chitarra]

Per tutto il tempo alla Torre di Guardia
i Principi mantenevano la posizione

Mentre tutte le donne andavano e venivano
anche i servi a piedi nudi

Fuori, nella gelida distanza
Un puma ringhiò
Due cavalieri si avvicinavano
E il vento cominciò a ululare

Bob Dylan è, è stato e sarà sempre un’icona della musica Folk americana, le sue melodie semplici e dirette ma accompagnate da versi poetici e profondi hanno fatto il giro del mondo senza conoscere muri o confini e sono state interpretate da centinaia di musicisti famosi.
Come poeta è stato osannato fino ad ottenere il prestigioso Premio Nobel per la letteratura, ma è stato anche attaccato senza pietà per le sue scelte musicali o per aver snobbato la cerimonia di consegna del premio e per averlo ritirato con grande ritardo.
Ma quante persone, quanti popoli, quanti “capi della terra” hanno realmente recepito il suo messaggio di amore, fratellanza e pace?
Visto come sta andando il mondo adesso, probabilmente le risposte continuano a soffiare nel vento…

Quante strade deve percorrere un uomo
prima di essere chiamato uomo?
E quanti mari deve superare una colomba bianca
prima che si addormenti sulla spiaggia?
E per quanto tempo dovranno volare le palle di cannone
prima che vengano bandite per sempre?
la risposta, amico mio, soffia nel vento,
la risposta soffia nel vento

Per quanto tempo un uomo deve guardare in alto
prima che riesca a vedere il cielo?
E quante orecchie deve avere un uomo
prima che ascolti la gente piangere?
E quanti morti ci dovranno essere affinché lui sappia
che troppa gente è morta?
la risposta, amico mio, soffia nel vento,
la risposta soffia nel vento…

Testo tradotto dalla canzone “Blowin’ in the wind” di Bob Dylan
dall’album The Freewheelin’ Columbia Records, 1963

Nato lo scorso millennio in quel luogo che, anche da Jovanotti, è definito l’ombelico del Mondo, Klaus Troföbien alias Carlo De Santis è ritenuto un vero cultore ed esperto di filosofia e costume degli anni 70/80.
È un ardente tifoso della squadra di calcio della Roma, ma non di questa odierna semiamericana e magari presto cinese, ma di quella di Bruno Conti, Ancellotti, Di Bartolomei, di quella Roma insomma che allo stadio ti teneva 90 minuti in piedi e 15 minuti seduto; è inoltre un collezionista seriale di oggetti vintage che vanno dalle cartoline alle pipe, dalle lamette da barba ai dischi in vinile.
I suoi interessi sono la musica pop rock blues psichedelica anni ’70/’80, la fotografia, la cultura hippie, i viaggi, la moto, il micromondo circostante.
Grazie ad una sua fantasmagorica visione è nata Latina Città Aperta, della quale è il padre, il meccanico e il trovarobe.
Politicamente è stato sempre schierato contro.
Spiritualmente, umilmente, si colloca come seguace di Shakty Yoni, space wisper di Radio Gnome Invisible.
Odia rimanere chiuso nell’ascensore.
Da qui la spiegazione del suo eteronimo.
Un pensiero criticabile ma libero, una mente aperta a 359 gradi.
Ma su quel grado è intransigente.

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