Saffo, una voce dal fondo del tempo

                                     

Inventrice delle cosiddette “strofe saffiche”, caratterizzate da un particolare andamento metrico, Saffo è la poetessa più importante nell’antichità, una donna che ha dedicato la sua vita all’istruzione femminile e all’amore, tema portante della sua poetica passionale.
In un vaso attico del 430 è raffigurata una donna intenta a leggere un volume su cui compare il nome di Saffo. Attorno a lei un gruppo di persone ascolta.
L’immagine fa pensare a una sorta di lettura pubblica e l’attenzione pare grande. Evidentemente il suo non era solo di un nome noto, ma anche un nome amato.

La predilezione per Saffo, protrattasi per molti secoli, ha fatto sì che i suoi testi, anche se frammentari, siano giunti a noi. Di questa acquisizione dobbiamo ringraziare principalmente i frammenti papiracei, perché al termine dell’epoca bizantina l’opera di Saffo risultava nella quasi totalità dispersa.

Scivola tra le pieghe delle lenzuola
lambendo la mia pelle
stuzzicando il mio torpore.
Si insinua tra le fessure del sogno
penetrando negli anfratti umidi
del mio indomito languore.
Affonda nel mio petto
mozzandone il respiro,
poi leggero si allontana
sfumando nella nebbia
dolcemente.
E mi lascia sospesa
a stringere nel pugno
un sapore sfuggente

Quanti, di fronte a versi del genere, penserebbero che sono stati scritti nel VII secolo prima di Cristo?
E quanti penserebbero che siano usciti dalla penna non di un uomo, bensì di una donna?
Stiamo parlando di Saffo, che ha composto versi celebri che ancora oggi risultano carichi di una sensualità che nel mondo greco poco si addiceva ad essere esternata da una donna.
La lirica di Saffo è attraversata da quel filo dell’erotismo che percorre, in realtà, tutta la letteratura greca, che tuttavia dovette fare i conti con la censura messa in atto dalla cultura cristiana, da cui l’eros venne messo da parte e che favorì una corsa a nascondere una parte importante del panorama culturale ellenico.

Da Omero a Platone, fino ad arrivare al romanzo ellenistico, infatti, l’amore, omo ed eterosessuale, è cantato e narrato in tutte le sue forme, con un occhio di riguardo, però, alle pratiche che coinvolgono gli uomini.
Infatti, è solo con Saffo che compare sulla scena l’erotismo femminile, e ciò ha portato a un travisamento di significato per cui i termini “saffico” e “lesbico”, dal nome, appunto, dell’isola natia della poetessa, sarebbero divenuti degli indicatori dell’amore omosessuale femminile.                       
In realtà, questa visione distorta deriva probabilmente dal fatto che Saffo sia nota ai più per essere stata partecipe del tìaso, una comunità femminile in cui Saffo educava le fanciulle di Mitilene, la capitale dell’isola, non solo al “bello e al buono”, ma anche al culto di Afrodite e delle Muse: una sorta di circolo intellettuale dove le giovani aristocratiche venivano iniziate alla musica, alla danza ma anche all’eros, sotto la guida della loro “direttrice”.
E queste fanciulle, con cui Saffo aveva un legame intimo e di stima ed affetto sinceri, ancora vivono proprio grazie alla loro precettrice, che soffriva a tal punto per il distacco dalle sue allieve (le ragazze passavano solo un periodo della loro vita lì, prima di prendere marito), da dedicare loro versi, il cui eco era destinato a non spegnersi mai.

“O mia Gongila, ti prego
metti la tunica bianchissima
e vieni a me davanti: intorno a te
vola desiderio d’amore.
Così adorna, fai tremare chi guarda;
e io ne godo,
perché la tua bellezza rimprovera Afrodite”

La sua vita e la produzione poetica erano d’altronde legate al tìaso, la comunità in cui, come si è detto, erano educate le fanciulle nobili prima del matrimonio.
Esse apprendevano l’arte di drappeggiarsi la veste, di incedere con eleganza, di intrecciare ghirlande, di cospargersi il corpo con unguenti profumati, ma soprattutto erano formate al culto di Afrodite, sia mediante la celebrazione di riti collettivi, sia attraverso un completo abbandono all’eros. Le ragazze intrecciavano infatti rapporti tra loro e con le loro istitutrici più grandi, in un clima di assoluta libertà sessuale.

Cosa che succedeva anche ai giovani greci di sesso maschile che quasi sempre erano iniziati all’eros, non solo da etère ma anche dai loro mentori maschili.
La sessualità degli antichi Greci era completamente diversa dalla nostra, al punto che nessun greco avrebbe mai pensato di dividere il mondo in persone eterosessuali e persone omosessuali. Non era questo, infatti, l’importante: contava molto di più il ruolo che ciascuno, uomo o donna che fosse, occupava nella società.

Amanda Brewster Sewell, Sappho, 1891

Partecipe di questa realtà, Saffo non nascondeva la sua predilezione per questa o quell’allieva, i cui nomi emergono qua e là dai frammenti giunti fino a noi.
Saffo e le sue compagne vivevano in una dimensione psicologica particolare: la chiusura verso il mondo esterno, la suggestione emotiva indotta dalla celebrazione dei riti di Afrodite e le cadenze di una vita raffinata, le immergevano in un’atmosfera senza tempo, in cui erano frequenti esperienze di tipo erotico ed estatico.
Saffo nacque probabilmente a Mitilene, nell’isola di Lesbo, situata nel settore nord-orientale del Mare Egeo, dove trascorse gran parte della sua vita tra il VII e il VI secolo a.c.
Fu contemporanea del poeta Alceo, un suo compatriota, che sicuramente la conosceva e la ammirava, dal momento che la apostrofa con queste parole

Saffo divina, chioma di viola, sorriso dolce come il miele”.

L’isola di Lesbo

Proveniva da una famiglia aristocratica e proprio per tale motivo, a causa delle contese politiche che dilagavano nell’isola, fu costretta a trascorrere un periodo d’esilio in Sicilia, pare a Siracusa. La famiglia era anche ricca ma si dice che i suoi beni fossero stati dilapidati dal fratello Carasso.
Testimonianze di questo fatto possono essere ricavate da una preghiera di Saffo in cui la donna invoca Afrodite e le Nereidi perché aiutino il fratello a fare ritorno a casa per la gioia degli amici, la rovina dei nemici ed il conseguente recupero del rango che per nascita gli spettava.
Sappiamo inoltre che Saffo ebbe un marito, Cercila di Andro, di professione mercante, e una figlia, Cleide.
Partecipe di un tìaso di sole donne, Saffo ricordava spesso nei versi le fanciulle che essa educava alla musica e alla danza, con cui s’intratteneva in feste e giochi e che salutava nostalgicamente quando partivano, sposate, per altri luoghi.
Pare anche che la poetessa sia vissuta fino a tarda età.
Si favoleggiò poi dei suoi amori: la si disse suicida in mare, dalla rupe di Leucade, per amore di Faone, ma pare che questa sia solo una leggenda!
E’ certo, invece, che fu artisticamente prolifica.
I grammatici alessandrini sistemarono la sua copiosa produzione in ben nove libri: odi in strofe saffiche, carmi in pentametri eolici, asclepiadei maggiori, tetrametri ionici, epitalami in metri diversi.
Saffo, pur prestando grande attenzione alla forma, riesce ad esprimersi con grande semplicità per manifestare sentimenti intensi e coerenti.
Molti suoi versi erano in una delle raccolte più ampie di poesie meliche, di cui le citazioni di autori posteriori hanno conservato solo dei frammenti, arricchiti poi dai papiri scoperti in Egitto, che ci hanno restituito anche, intera, una sua ode.

Un frammento di papiro con una poesia di Saffo

Nella raccolta erano trattati quasi tutti i generi della lirica monodica e corale, con componimenti strofici in dialetto eolico (canti erotici, inni, epilli mitologici, epitalami, parteni). Il tema dominante della poesia di Saffo è l’amore, o almeno il sentimento, nella sua forma più schietta, nella sua immediatezza.
Pur nella musicalità di una tecnica finissima, era una poetessa istintiva che tutto assorbiva in una sfera soggettiva.
Di qui la sua modernità, che ne ha fatto uno degli autori antichi più letti, studiati e tradotti nel tempo, fino ai nostri giorni.
Si potrebbe dire, forzando un po’ i concetti, che Saffo fosse una psicologa dell’amore, perché le sue considerazioni erano espresse in modo da non turbare, ma addirittura da esaltare, il senso della bellezza e questo gusto del bello, rintracciato anche nei dettagli dell’esistenza quotidiana, potrebbe essere frutto della sua conoscenza della cultura orientale, facilitata dalla vicinanza geografica dell’isola di Lesbo con la Licia.
L’amore per Saffo era un tormento, ma anche la manifestazione massima della gioia di vivere, che pareggiava il dolore innato nel fatto di esistere.
Sicuramente, il componimento più famoso di Saffo è la cosiddetta “Ode della gelosia”, ripresa da Catullo prima, e da Foscolo molto dopo, che descriveva la sua sofferenza nel vedere una delle allieve più amate che parlava e sorrideva ad un uomo, mentre lei si crucciava quella vista.
È un sentimento appassionato e violento quello che Saffo esprime, con una potenza tale da lasciare senza parole: è il capolavoro della poesia erotica antica, che descrive lo shock di un animo sfibrato dalla gelosia.
Centro della sua ispirazione era sempre il tiaso, con le sue relazioni fatte di studi, di vita e di affetti.
Passavano su di esso le stagioni, le ore del giorno, e Saffo era animata dalla gioia della presenza delle compagne e delle allieve, rattristata dalla loro lontananza, o annientata dalla gelosia: la sua sensibilità era sempre vigile, ma a volte si scatenava in vera passione, espressa con spregiudicata schiettezza, una passione che ha dato luogo spesso a severi giudizi moralistici sulla poetessa e sul suo ambiente.

Ritratto di Saffo, Palazzo Massimo alle Terme, Roma. Foto di Paolo Monti, 1969.

Tutto però si trasfigurava, comunque, sotto la sua penna, in un mondo di bellezza, dove l’analisi realistica del sentimento si accompagnava a sogni fantastici e a evocazioni metrico musicali di grande fascino.
Grande era la sua fama nell’Atene del sec. V e l’ammirazione che riscosse in età ellenistica.
I commediografi coevi invece la dileggiarono.
Ovidio riprese, più tardi, la leggenda del suo infelice amore per Faone, ma, a Roma, Catullo aveva già dimostrato di apprezzarla imitandone un canto famoso di gelosia e d’amore con la lirica “Ille mi par esse deo videtur…”.

Amante dunque del bello, dotata di una sensibilità spiccatissima e capace di cogliere tutte le sfumature dell’intimità femminile, Saffo è stata tuttavia oggetto di denigrazione da parte di alcuni autori, che ne hanno irriso la presunta bruttezza, nonostante la poetessa, secondo le testimonianze coeve pervenuteci, fosse piuttosto bella, cantandone con estrema cattiveria il suicidio per un amore non corrisposto.
Ma non mancò comunque chi rivolse alla poetessa di Lesbo uno sguardo sincero e veritiero: Platone, ad esempio, ne elogiava la saggezza, il peripatetico Teofrasto ne evidenziava la grazia e Plutarco apprezzava il suo ardimento d’animo.
La leggenda del disperato amore della poetessa per Faone e del suo suicidio, raccontata da Ovidio nelle Eroidi, ha ispirato testi teatrali come “Sapho and Phao” (1584) di John Lyly ,”Saffo di Grillparzer, il romanzoAvventure di Saffo, poetessa di Mitilene(1780) di Verri, le opere liriche Saffo” di G. Pacini (1840) e di C. Gounod (1851) e la poesiaL’ultimo canto di Saffo(1822) di G. Leopardi.

Saffo si uccide gettandosi dalla rupe
– Miguel Carbonell Selva – (1881)

Si impose comunque, lei donna, nella cultura greca, per la bellezza delle sue poesie. Avvenne persino, un secolo dopo la sua morte, che il suo volto fosse impresso sulle monete della città di Mitilene: era un riconoscimento assai importante nell’antichità, non solo greca, ma anche romana.
Si pensi alle monete con le effigi degli imperatori: le monete erano uno strumento di conoscenza e di diffusione delle informazioni, utili per tutti coloro, ed erano la maggioranza, che non sapevano leggere.
Non c’è poetessa dell’antichità che sia stata attentamente studiata quanto Saffo e sulla quale siano stati prodotti tanti lavori di grande livello culturale.
Delicatezza, leggiadria, passione e soavità di lessico fanno forse di Saffo la più grande poetessa di tutti i tempi, nonché la prima: nessuna, né prima né dopo di lei, è infatti riuscita a cantare con la stessa grazia ma anche con la stessa forza e coinvolgimento, l’amore e delle donne e verso le donne.


Bibliografia:

  • Salvatore Quasimodo, Lirici greci, Mondadori 1944, varie edizioni
  • Raffaele Cantarella. La letteratura greca classica. Milano, Rizzoli, 2002
  • Saffo. Poesie, introduzione di Vincenzo Di Benedetto, BUR, 1987
  • Franco Ferrari, Una mitra per Kleis: Saffo e il suo pubblico, Pisa, Giardini, 2007
  • Bruno Gentili, La veneranda Saffo, in Poesia e pubblico nella Grecia antica, Universale Economica Feltrinelli, 2006

Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
Crede nella vita dopo la morte tranne che in certi stati dell’Asia, ama gli animali, generalmente ricambiato, ha giusto qualche problemino con i rinoceronti.

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