(Auguste Rodin)
Come tutti gli artisti, è l’unicità ad aver fatto la sfortuna di ieri e la fortuna di oggi di Camille. Un’esistenza vissuta alla costante ricerca dell’amore prima della madre e poi di un uomo, Auguste Rodin, che continuamente l’ha ingannata nella vacua promessa di una vita insieme.
Camille Claudel nasce nel 1864 a Fère-en-Tardenois, un comune dell’Alta Francia, ed è ciò che in psicologia viene chiamato figlio sostitutivo: una bimba fortemente voluta da mamma Louise Athanaïse Cécile Cerveaux e papà Louis Prosper a seguito della scomparsa prematura del fratellino a soli 16 giorni di vita. Tuttavia, proprio per il suo essere nata donna, non riuscirà mai a ridare a sua madre ciò che aveva perso.
Questa madre non le darà nemmeno quel poco di affetto che riserverà ai figli minori, Louise, di due anni più giovane e Paul, l’agognato maschio, nato nel 1868.
La madre non comprende e non apprezza il suo carattere ribelle e la sua voglia di libertà anticonvenzionale, infatti nessuna bambina perbene si comporta così e la sua vita sarà sventurata. Continuamente esalta le virtù della sorella minore Louise, che ricama e suona il piano nei suoi abitini puliti e sicuramente farà un buon matrimonio. Il rapporto tra loro rimarrà sempre conflittuale. Il padre, al contrario, si dimostrerà essere l’unico sostenitore della figlia.
Fin da giovanissima, Camille dimostra precocità e sensibilità artistica senza eguali. Mentre il fratello Paul Claudel compone poesie, lei si innamora della materia e inizia a plasmare statue d’argilla tecnicamente sorprendenti per la sua età.
Quando Camille ha 14 anni, papà Claudel invita in casa lo scultore Alfred Boucher per fargli vedere i lavori della figlia. La ragazzina attende con ansia perché dalla sua approvazione dipenderà il suo futuro.
Quando Boucher vede finalmente il lavoro della ragazzina, il gruppo scultoreo in terra rossa di Davide e Golia, ne coglie subito il talento straordinario, ma pensa anche che sarà difficile per lei diventare una scultrice vera, perché presto o tardi dovrà sposarsi e dunque potrà al massimo farne un hobby, non un mestiere.
Era difficile per una donna del tempo essere un’artista, per di più scultrice. Le donne spesso non avevano accesso al nudo, non venivano quasi mai premiate nelle esposizioni e non erano accettate nella più parte degli atelier. Non potevano – senza permesso delle autorità – indossare pantaloni o abiti comodi ed è facile immaginare con quanta difficoltà dovessero destreggiarsi tra marmi e gessi con quelle ampie gonne.
Contro ogni ritrosia della madre, papà Louis decide quindi di far trasferire la famiglia a Parigi e permettere ad entrambi di affinare le proprie arti nelle migliori scuole di Francia. È qui che Camille segue le lezioni dell’Accademia Colarossi tenute prima da Alfred Boucher e poi, dopo tre anni, da Auguste Rodin, quarantenne e artista già apprezzato ben oltre i confini nazionali. A Parigi intanto Camille sarà una scultrice felice, affitta uno studio con due ragazze inglesi.
Quando, qualche tempo dopo, Boucher parte per un viaggio di studio in Italia, chiederà proprio ad Auguste Rodin di prendere il suo posto come insegnante nello studio delle ragazze e questa sarà l’occasione in cui i due scultori si conosceranno.
Appena Rodin entra nello studio rimane subito colpito dal busto a cui Camille sta lavorando, un busto di fanciullo cui ha fatto da modello il fratello Paul. Lo scultore capisce di trovarsi davanti a un’artista di vero talento. Immediatamente la invita nel suo studio e le chiede di lavorare con e per lui.
Nel 1884: ne diventa la musa, la modella, l’amante; tra la Claudel e Rodin inizia allora una storia d’amore viscerale, resa difficile dalla differenza d’età, dalla sua relazione con un’altra donna (da cui ha già un figlio) e dalla minaccia – rappresentata da Camille – di aver trovato una concorrente più abile del maestro.
Col tempo, tutti intuiscono la relazione tra i due e la madre, sopraffatta dallo scandalo, la caccia di casa. A quel punto Camille si trasferisce a vivere in uno degli studi di Rodin, una grande casa dove solo il fratello Paul va a trovarla. Insieme cominciano a frequentare il salotto del poeta Stéphane Mallarmé.
Auguste si lega alla scultrice facendola impigliare in una rete di promesse che non verranno mai mantenute: la rottura con la sua compagna; l’introduzione negli ambienti che contano; un futuro in cui Camille si mantiene con la sua unica ragione di vita: l’arte. In cambio di tutto ciò, la Claudel offre il suo sentimento e l’abilità artigianale, portando a termine dettagli importanti delle sculture di Rodin come le mani o i volti.
Al Salon del 1888 Camille presenta l’opera Sakuntala e riceve la menzione d’onore. La scultura propone una leggenda del V secolo legata alla tradizione indù che ha come protagonista una fanciulla, di nome Sakuntala, che si innamorò perdutamente del Re Duchmanta. Camille si rende conto di non godere della stessa considerazione degli scultori maschi, infatti è considerata come una “costola” di Rodin, una sua creatura, addirittura si insinua che nelle sue opere ci sia la mano di lui.
Al Salon del 1893 Camille Claudel espone due opere il “Valzer”, dedicata a Debussy e “Cloto”, una delle tre parche, colei che presiede alle nascite. Con quest’ultima opera è come se Camille avesse partorito la propria angoscia. Poco tempo prima, rimasta in cinta di Rodin, aveva avuto un aborto.
Al Salon del 1896 Camille deve presentare “Le pettegole”, un’opera in marmo a cui ha lavorato moltissimo, che rappresenta un gruppo di donne. Ma il 12 maggio Camille è assente dal Salon. Nessuno, né lei né un fattorino, ha portato l’opera. Camille sembra svanita nel nulla.
L’anno successivo però, al Salon del 1897, Le pettegole trionfano.
Grazie a Mathias Morhardt, poeta, drammaturgo e giornalista e di Fenaille, mecenate dell’arte, era riuscita a produrle in giada. Sarà un trionfo, i critici parlano nuovamente di genio, Camille diventa socia e anche membro della giuria.
Ma Camille è sempre più sola.
Seguono per lei anni terribili, fatti di povertà estrema, non ha nemmeno i soldi per comprare la legna per scaldarsi, a volte capita che qualcuno gliela regali, che una modella le porti un po’ di frutta dalla campagna. Camille ha solo 35 anni. Cambia più volte casa, sfrattata quando non può pagare l’affitto e si ammala ripetutamente per il freddo e la fame ma continua a scolpire.
È proprio Camille che, dopo quasi dieci anni, decide di liberarsi dal giogo di Rodin al quale aveva deciso di sottostare per troppo tempo. La separazione, tuttavia, è anche la causa della sua totale perdizione. Ancora ossessionata dal pensiero dell’ex-compagno, Camille sviluppa manie di persecuzione che la portano a internarsi nel suo atelier, smettere di scolpire e girovagare di notte per le vie di Parigi senza riuscire a dare una forma al mondo che la divorava dall’interno. Solo il padre, in queste circostanze, le sta vicino fornendole soldi e vestiti; mentre la madre e il fratello Paul, si eclissano.
Camille sta sempre più male, il freddo e la fame la fanno soffrire di allucinazioni, cominciano le sue fughe e sparizioni. Spariscono anche le sue sculture. Tutti pensano che morirà presto, invece il 3 marzo 1913, alle tre del mattino, morirà l’amato padre e questa data segnerà la fine per la povera Camille, per la scultrice dall’enorme talento. Non potendo pagare l’affitto, le hanno sequestrato tutto. Lei distrugge, non si sa perché, le sue ultime creazioni.
Spaventati dalla cattiva nomea che Camille poteva far ricadere sul nome della famiglia, alla morte di Monsieur Prosper madre e figlio decidono di farla internare nel manicomio di Montfavet dove rimarrà trent’anni senza più ricevere visite.
È qui che muore per malnutrizione lontano da tutti, nell’ottobre del 1943. Verrà sepolta in un’anonima fossa comune.
Recentemente, le sue cartelle cliniche sono state rese pubbliche: e i medici che si sono avvicendati nella direzione del manicomio sono concordi nell’affermare che non è una paziente pericolosa per sé e per gli altri e che tornare in famiglia (come lei stessa chiede) potrebbe solo aiutarla. La madre si rifiuterà sempre di riprenderla in casa, né Paul farà mai qualcosa in tal senso.
Solo molti anni più tardi la sua figura è stata rivalutata da un professore di Storia che ci restituirà così una delle donne più valorose del passaggio tra XIX e XX secolo.
A seguito della sua riscoperta, gli studi sulle opere di Camille Claudel sono proliferati, portando a galla un’artista dilaniata da un conflitto interno e dall’assenza ogni supporto affettivo.
Le sue opere più famose hanno come tema il triangolo amoroso vissuto nel ruolo di amante. Sia La Valse (il valzer), sia L’Âge Mûr (l’età matura) sono state scolpite poco prima di prendere la difficile decisione di liberarsi di Rodin.
Stilisticamente, entrambe si caratterizzano per linee frenetiche e movimentate, chiaro segnale dell’inquietudine dell’artista in quegli anni. È proprio questa introspezione sentimentale la cifra stilistica della Claudel che mancava a Rodin e che, là dove è riscontrabile nelle opere di lui, è invece da attribuire a mani molto innamorate.
Quella di Camille Claudel è una storia veramente crudele, oggi quasi incredibile. Si può affermare che, se fosse nata uomo, tutto sarebbe andato per il meglio, la sua vita avrebbe preso una piega senz’altro differente. Ma forse sarebbe andato tutto meglio se non si fosse incontrata col genio di Rodin.
Bibliografia:
- Anna Maria Panzera, Camille Claudel, L’Asino d’oro edizioni, 2016;
- Alessandro Moriccioni, i pittori maledetti – Newton Compton 2021;
- Brigida Di Leo, Camille Claudel. Il prezzo della creatività, Selene edizioni, 2005.
- Camille Claudel, Corrispondenza, Abscondita 2005;
- O. Ayral-Clause, Camille Claudel, Castelvecchi 2013.
Lino Predel non è un latinense, è piuttosto un prodotto di importazione essendo nato ad Arcetri in Toscana il 30 febbraio 1960 da genitori parte toscani e parte nopei.
Fin da giovane ha dimostrato un estremo interesse per la storia, spinto al punto di laurearsi in scienze matematiche.
E’ felicemente sposato anche se la di lui consorte non è a conoscenza del fatto e rimane ferma nella sua convinzione che lui sia l’addetto alle riparazioni condominiali.
Fisicamente è il tipico italiano: basso e tarchiatello, ma biondo di capelli con occhi cerulei, ereditati da suo nonno che lavorava alla Cirio come schiaffeggiatore di pomodori ancora verdi.
Ama gli sport che necessitano di una forte tempra atletica come il rugby, l’hockey, il biliardo a 3 palle e gli scacchi.
Odia collezionare qualsiasi cosa, anche se da piccolo in verità accumulava mollette da stenditura. Quella collezione, però, si arenò per via delle rimostranze materne.
Ha avuto in cura vari psicologi che per anni hanno tentato inutilmente di raccapezzarsi su di lui.
Ama i ciccioli, il salame felino e l’orata solo se è certo che sia figlia unica.
Lo scrittore preferito è Sveva Modignani e il regista/attore di cui non perderebbe mai un film è Vincenzo Salemme.
Forsennato bevitore di caffè e fumatore pentito, ha pochissimi amici cui concede di sopportarlo. Conosce Lallo da un po’ di tempo al punto di ricordargli di portare con sé sempre le mentine…
Crede nella vita dopo la morte tranne che in certi stati dell’Asia, ama gli animali, generalmente ricambiato, ha giusto qualche problemino con i rinoceronti.