L’altalena


“Tu mi porti suuuu, poi mi lasci cadereee” cantava Giorgia qualche tempo fa. Sembra la metafora degli altalenanti rapporti tra i due vicepremier.
Si fa sempre più fatica a comprendere come si possa far parte di una coalizione, e governare un Paese problematico come il nostro, in queste condizioni. Da qualche tempo siamo passati agli insulti personali, alle ripicche da liti all’asilo. Dai tradimenti alle pugnalate, da “quello la” a “mi chiamo Matteo”, manca solo “specchio riflesso” e il campionario è completo.

“La situazione è grave ma non è seria”. Si perde nella notte dei tempi questo aforisma di Ennio Flaiano riferito alla politica italiana. E, dopo tanti anni, la situazione è pure peggiorata. Ogni volta che si pensa di aver toccato il fondo, ecco che qualcuno gentilmente porge pala e piccone per continuare a scavare. 

Tra i due litiganti tenta di posizionarsi il Presidente del Consiglio, forse con l’intenzione di accreditarsi come statista responsabile.
Certo, rispetto a quei due ci vuol poco per passare da responsabile, ma gli attacchi e gli insulti (anche istituzionali) che riesce a incassare senza fare una piega mettono in dubbio la presenza di spina dorsale o uno smodato attaccamento alla poltrona, più che un alto profilo da servitore dello Stato.

Dopo aver tirato un colpo al cerchio (problema della sicurezza e Moscopoli, con accuse implicite al vicepremier alla paura) e uno alla botte (via libera alla TAV Torino-Lione con strali dal suo azionista di maggioranza) il povero Conte pensava di poter passare per equanime. E invece si è trovato entrambi i firmatari del contratto contro, fino allo sgarbo plateale di non presentarsi o uscire dall’aula mentre lui riferiva in Parlamento. Con l’aggravante che il moscofilo ha pure rilasciato una dichiarazione shock:
“a me di quello che dice Conte importa meno di zero.”

Questa situazione per un breve momento aveva dato l’impressione che i due Dioscuri si fossero riavvicinati, trovando come fattor comune gli attacchi al loro Premier.
Risale a questa breve pausa l’intercettazione ambientale di cui siamo entrati in possesso, e che condividiamo volentieri. Loro non lo sanno, ma il microfono era piazzato nel tappo del barattolo della Nutella che si stavano spalmando sul maritozzo (tipica merenda che usano condividere quando non stanno litigati).

“Ascolta Matteo, va bene fare un po’ di sceneggiata per differenziarci, ma vediamo di non farci sfuggire la situazione dalle mani. Noi il no alla TAV lo dobbiamo dire, ma poi voi ve lo votate in Parlamento e siamo tutti contenti.”

“Questo va bene, ma l’autonomia?”

“Anche lì, facciamo un po’ di sceneggiata, apportiamo qualche modifica ininfluente per far vedere che ci siamo anche noi al Governo, e anche quella passa senza pensieri.
Il problema piuttosto è un altro. Hai visto Conte come si è ringalluzzito? Quello si è messo in testa non solo di fare il capo del Governo, ma pure di fregarmi il posto di capo del Movimento.”

“Se siamo d’accordo, Luigi, troviamo il modo di farlo fuori. Insieme a Toninelli, Tria, Trenta e a Moavero, che non si sa dove sia finito; pare che sia disperso nei corridoi della Farnesina, nessuno lo vede più da mesi.”

“Ora non esageriamo, iniziamo da lui e poi… da cosa nasce cosa. Tria ci deve dare una facciata rispettabile sui conti in Europa; lo sai che alla fine si convince e fa quello che gli diciamo. La Trenta è una bandiera per una parte del Movimento, se la tolgo faccio un altro favore a Conte e Dibba. E Toninelli è innocuo, mica se lo fila nessuno”

“Hai dimenticato Moavero, ma quello se lo sono dimenticato un po’ tutti. Allora siamo d’accordo, partiamo con la campagna di delegittimazione del Premier. Una cosa alla volta e, se fai quello che ti dico, vedrai che da qui non ci caccia nessuno.”

“Va bene Matteo, lo vedi che non vale la pena di farci la guerra? Dammi il mignolo e ripeti con me mannaggia al diavoletto che ci ha fatto litiga’; pace, pace e libertà.”

“Scusami Luigi, ma a me tutta questa storia della pace…”

“Ma no! È un modo di dire, una filastrocca.”

“Ah, non la conoscevo. Deve essere una roba di voi terr… ehm, meridionali.”

“Dai allora, al lavoro.”

Poi abbiamo visto che gli ultimi sviluppi sembrano indicare un nuovo aumento della temperatura sul termometro governativo, riportando i rapporti sull’orlo di una crisi di nervi. A meno che anche questa fase non faccia parte di un nuovo diabolico piano elaborato dai due illustri statisti, purtroppo lontano dal barattolo di Nutella.

Tanto il vostro Erasmo dal Kurdistan vi doveva, senza nulla a pretendere.

Erasmo dal Kurdistan è persona mutevole, con una spiccata tendenza alla tuttologia.
Vorrebbe affrontare la vita con leggerezza e ironia, ma raramente riesce a mantener fede a un impegno così arduo.
Scioccamente convinto di avere qualche dote letteraria (molto) nascosta, si prodiga nel vano tentativo di esternarla, con evidente scarsa fortuna.
Maniaco dell’editing e dell’interpunzione, segue un insano culto del punto e virgola (per tacere delle parentesi e delle amate virgole).
Tenta di tenere a bada una innata tendenza didascalica e quasi pedagogica pigiando sul pedale della satira di costume, ottenendo di comico solo il suo pio tentativo.
Il più delle volte si limita ad imbastire dimenticabili pipponi infarciti di luoghi comuni.

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