Probabilmente, se chi sta leggendo questo racconto non ha almeno 12 lustri sulle spalle, non avrà mai sentito questa parola: DUPLEX! Tranquilli, non è un’astronave aliena, anche se negli anni ’60 poteva sembrare così.
Ecco qui allora una breve spiegazione.
Nei primi anni sessanta il telefono iniziò a invadere le case, non solo quelle dei ricconi, diventò un soprammobile che squillava, in maniera nervosa, fastidiosa e isterica, con l’entusiasmo di un bambino iperattivo dopo aver mangiato troppi dolci.
La SIP (la nonna della Telecom) aveva escogitato due tariffe per far sganciare i soldi a tutti: la tariffa SIMPLEX per i benestanti e la tariffa DUPLEX per noi comuni mortali.
Quest’ultima era infatti una linea telefonica in comune fra due utenti, fisicamente vicini, in genere condòmini, che costava pressapoco la metà di una SIMPLEX.
Noi la condividevamo con la signora Menina che stava al piano sopra di noi, infatti i nostri numeri erano praticamente gemelli: il nostro era 556320, il suo finiva con 21.
La signora Menina viveva con suo marito Dino che, quando non lavorava, si trasformava in un radioamatore nella sua tana piena di aggeggi gracchianti, microfoni, spie luminose e fili che sembravano usciti da un film di fantascienza e aveva anche montato altissime antenne fuori dal loro grande terrazzo.
Non avevano figli e Menina adorava me e mia sorella. Passavamo molto tempo da lei quando i nostri genitori erano fuori a lavoro. Persino Babbo Natale sapeva che doveva fare lì una fermata speciale: il 24 dicembre ad una certa ora qualcuno suonava alla porta, il signor Dino si alzava per andare ad aprire e poco dopo…
TADAAAAAA
appariva Babbo Natale a portarci i doni!
Io non so come Babbo Natale facesse a sapere quale regalo avrei voluto: incredibile!
Un anno mi chiese:
…e tu Carletto che regalo vorresti ricevere da Babbo Natale?
Io, piuttosto intimidito risposi:– Un ri…, un ri…, un …rioplano!
E zac!
Dal sacco tirò fuori un bellissimo DC-8 con i simboli dell’Alitalia, con le lucette che si accendevano e che si muoveva da solo!
Babbo Natale aveva sicuramente orecchie dappertutto per conoscere i sogni di tutti i bambini del mondo.
Presi l’aeroplano e avvampai. Mia sorella mi soprannominò “pomodoro maturino” (qui il mio racconto) per il rossore che mi era esploso in faccia, scatenando la mia rabbia.
Avevo sempre pensato che Babbo Natale dovesse essere un parente del Signor Dino, perché gli somigliava moltissimo e portava pure le sue stesse scarpe. Poi Babbo Natale andava via e il signor Dino tornava fra noi: peccato, pensavo, si è perso tutta la scena dei regali, ma forse a lui lo annoiava.
L’estate era ancora meglio. Menina ci preparava una splendida piscina sul suo terrazzo , e noi ci sguazzavamo felici.
Il tempo passava e la signora Menina e suo marito adottarono un bambino, Claudio.
I nostri rapporti naturalmente si allentarono.
Quando squillava il telefono a casa nostra, scattava una corsa folle tra me e mia sorella per rispondere per primi, con tecniche che neanche nella corsa delle bighe del film Ben Hur si erano mai viste.
Mio padre era stato promosso direttore degli informatori medico-scientifici, che al tempo si chiamavano “propagandisti”, di tutta l’Italia centro-meridionale. Quindi la situazione economica della nostra famiglia crebbe e così tagliammo definitivamente il cordone ombelicale che ci legava alla signora Menina e passammo al telefono Simplex.
Dopo pochi anni cambiammo anche casa perché ormai ero diventato più grandicello e non potevo più stare a dormire nella camera con i miei genitori in un lettino da spiaggia (qui il mio racconto).
Nella nuova casa, dove finalmente anche io avevo una camera da letto tutta mia, avevamo due telefoni, uno nel soggiorno e uno nella camera da letto dei miei.
Mia sorella aveva da poco un fidanzatino che le telefonava spesso.
Generalmente usavano il telefono della camera perché più comodo e poi si poteva chiudere la porta per la privacy. Io non ricevevo nè facevo telefonate, ma ero curioso come una scimmia e origliavo quelle di mia sorella e poi le chiedevo cose avesse da dirgli a ‘sto tipo di così importante. Lei mi rispondeva con sufficienza e poi mi diceva di farmi gli affari miei. Anche le telefonate con la sua amica Lalla suscitavano in me un certa curiosità, tanto da entrare di colpo nella camera per partecipare alla conversazione, ma venivo spesso buttato fuori fra urla e spintoni.
Quando iniziai ad avere i primi amici e le prime pischellette, anche io divenni un utilizzatore del telefono.
Un giorno ricevetti una telefonata del mio amico americano Eddie che mi invitava alla sua festa. Era una sera d’estate del 1972, quando andai al suo compleanno. Eddie lo organizzò sul suo terrazzo in una bella palazzina all’EUR. In quella occasione ascoltai per la prima volta il disco Machine Head dei Deep Purple che era appena uscito, mi piacque da morire e incontrai anche Manuela, una ragazza che mi fece saltare il testosterone al ritmo di Smoke on the water.