La sbandata del condirettore del Fogliaccio Quotidiano, Lello Rapallo, non rimase a lungo senza conseguenze.
Ottobre era giunto ormai a metà del suo placido corso, quando nelle prime ore del mattino di un giorno che prometteva anch’esso di essere esangue, una telefonata raggiunse nella sua stanza l’altra metà della direzione, ossia il volpino Ognissanti Frangiflutti.
Lo squillo lo fece sussultare, disturbandolo, mentre in gran segreto stava provando l’elmo bicornuto del Partito Vichingo, formazione in ascesa alla quale si stava accostando ritenendola il più convincente mezzo di locomozione verso il potere politico: il tram chiamato desiderio, insomma.
Stanco di servirlo, di subirne i capricci e gli estri mutevoli, ambiva ormai a divenire lui stesso potere politico e brigava per avere dal Segretario Rozzini, Capitan Vichingo, un imprimatur che favorisse la sua candidatura a sindaco della sua città..
Gettatasi alle spalle anche l’ultima velleità di fare del giornalismo, cosa del resto resa quasi impossibile, oltre che dalla sua scarsa vocazione, anche dalla linea imposta dalla onnipotente e onnisciente Proprietà, Frangiflutti, più che fare l’occhiolino all’ex ministro e ai suoi pretoriani locali, tentava le più torride avances.
Al terzo, perentorio squillo del cellulare, ripose l’elmo in uno scomparto segreto del tetro armadio dirigenziale e rispose nervoso: “Sìì, qui Frangiflutti: cosa c’è?”.
Ebbe quasi un’apoplessia quando riconobbe la voce bassa, strascicata e totalmente inespressiva del Capo del Personale della società proprietaria del quotidiano, l’Ing. Fosco De Tritis.
Il giornalista quasi si piegò ed il tono della voce, prima brusco, ora si fece belato.
L’alto papavero aziendale mise al corrente l’interessatissimo Frangiflutti della delusione della Proprietà nei confronti del Condirettore Rapallo, persona ritenuta fino a quel momento fidatissima e solida nei principi.
La svolta ecologista del poveretto non poteva certo passare inosservata ed essere per di più avallata da chi aveva grossi interessi nel campo della raccolta dei rifiuti.
Un’impennata dei comportamenti virtuosi, sostenuta dai media, con una conseguente diminuzione nella produzione collettiva degli scarti indifferenziati, avrebbe leso direttamente chi lucrava proprio sulla scarsa coscienza ambientale.
“Lei ha perfettamente ragione Ingegnere – flautava Frangiflutti, tubando internamente come una tortorella – anch’io sono rimasto basito dal deragliamento del collega Rapallo. Come dice? Retrocederlo a redattore di cronaca rosa? Mah, se Lei ritiene che possa rendersi utile in quel ruolo…
Data la Sua ben nota competenza, Dottore, non posso che avallare questa decisione, accollandomi la gravosa responsabilità di tornare a fare il Direttore unico, per spirito di servizio e nell’esclusivo interesse del giornale.
Sì, d’accordo Ingegnere, avvertirò io Rapallo e tutta la redazione del cambio di organigramma e dell’arrivo della squadra dei disboscatori.
Beh sì, caro Dottore, non se ne poteva più di quella giungla! Santa pace! Si figuri che su alcuni degli arbusti esotici piazzati dal collega Lello, aveva fatto il nido una coppia di Eudocimus ruber, uccellacci amazzonici meglio noti come Ibis Scarlatti.
Degli scostumati Dottore, e ancora mi contengo…
Non le sto a dire quali disgustose abitudini alimentari abbiano quei pennuti e quale grado di insopportabile confidenza si sono presi in poco tempo col nostro luogo di lavoro.
Il Dott Rapallo si occupa personalmente di rifornirli di pescetti morti malamente e di crostacei d’antiquariato.
Non so come abbia lo stomaco di farlo, ma quell’uomo sembra trasfigurato da che è tornato dalle ferie.
Adora quei cosi ripugnanti, che tra l’altro fanno versi così alti e sgradevoli da far sembrare Sfera Ebasta un mezzo pietoso ed umano per farla finita.
E non è tutto: mai ho potuto osservare esseri altrettanto vivaci di intestino!
Lascio alla sua immaginazione intuire quanto insopportabile sia il lezzo che questi cosi, sì, gli ibis scarlatti, liberano in redazione.
Tutti noi, dopo appena qualche giorno, abbiamo capito che odori del genere non potevano essere prodotti dal solo collega Taruffi della cronaca provinciale!
Lui, tra l’altro, vantando analoghi standard igienici, era l’unico a non percepire alcun odore particolare.
Sì, Dottore, ci penso io, stia tranquillo. Grazie, arrivederci Ingegnere”.
Arrivando in redazione appena un’ora dopo, Lallo Tarallo non riuscì neanche ad entrarvi: uomini con indosso poco rassicuranti tute da fantascienza, quasi degli scafandri ipertecnologici, tenevano fuori del palazzo chiunque si avvicinasse ed era stato evacuato l’intero gruppo dei giornalisti.
La Proprietà aveva evidentemente agito in fretta.
Il condirettore Rapallo sedeva sconsolato sui gradini del portone mormorando : “I miei uccellotti!I miei uccellotti! Le mie piantine, le mie piantine””.
Dentro la redazione la squadra fantascientifica dei disboscatori spruzzava allegramente diossina sulle piante.
In mezz’ora tutto era finito: i cadaveri vegetali giacevano inerti, alti mucchi di sterpi contorti sul pavimento.
Fuori dal palazzo si era radunata una piccola folla di curiosi. Stavano tutti a naso in su, con le mani a proteggersi gli occhi dal sole.
Non capivano la situazione e quelle tute da marziani li impressionavano.
Le automobili, una dopo l’altra, spegnevano il motore: i conducenti scendevano rapidi e chiedevano informazioni ai primi che gli capitavano a tiro.
Si creò ovviamente un ingorgo.
Cominciarono a circolare ipotesi di ogni tipo, ed il solito tizio informatissimo teneva su il morale della gente asserendo che Ebola era giunto in città.
D’un tratto si sentì un grande schianto ed una pioggia di vetri cadde dall’alto:
“Attenti, attenti”, si strillava da più parti. Moltissimi schizzarono via per mettersi in salvo.
Quando l’ultima scheggia di vetro si fu posata sul marciapiede si udì un rumore particolare e forte, un potente frullare d’ali.
Un istante dopo i tanti presenti, a bocca aperta, videro due grandi uccelli rossi spiccare il volo dalla finestra rotta e dirigersi maestosi verso una destinazione ignota.
Quando l’oohhh di meraviglia della folla si spense, il pianto dirotto dell’ex condirettore Rapallo fu l’unico suono percepibile in una città dove perfino il traffico si era fermato.
“I miei uccellotti, i miei uccellotti! Le mie piantine, le mie piantine!”, gemeva.
Quella sera, emotivamente scosso, ed in preda ad una passione mai spenta, scrisse a Greta Thunberg sul suo blog.
Erano frasi grondanti di nostalgia per un’avventura solo sognata.
La ragazza infatti, che si era fatta tradurre il testo del messaggio, non ci capì niente e se ne stupì.
Pensò che quel tizio, come si chiamava, Rapallhensen? No, no, era italiano e si chiamava Rapallo, insomma credette che quel tipo che singhiozzava d’amarla fosse un pedofilo.
Aggrottò il viso nella celebre espressione corrucciata che riservava di preferenza al coltissimo Trump e lasciò a suo padre l’incombenza di rispondere.
Papà Thunberg, che stravedeva per la sua piccolina, fu molto, molto duro con Lello Rapallo…
Lallo Tarallo, giovane sin dalla nascita, è giornalista maltollerato in un quotidiano di provincia.
Vorrebbe occuparsi di inchieste d’assalto, di scandali finanziari, politici o ambientali, ma viene puntualmente frustrato in queste nobili pulsioni dal mellifluo e compromesso Direttore del giornale, Ognissanti Frangiflutti, che non lo licenzia solo perché il cronista ha, o fa credere di avere, uno zio piduista.
Attorno a Tarallo si è creato nel tempo un circolo assai eterogeneo di esseri grosso modo umani, che vanno dal maleodorante collega Taruffi, con la bella sorella Trudy, al miliardario intollerantissimo Omar Tressette; dall’illustre psicologo Prof. Cervellenstein, analista un po’ di tutti, all’immigrato Abdhulafiah, che fa il consulente finanziario in un parcheggio; dall’eclettico falsario Afid alla Signora Cleofe, segretaria, anziana e sexy, del Professore.
Tarallo è stato inoltre lo scopritore di eventi, tra il sensazionale e lo scandaloso, legati ad una poltrona, la Onyric, in grado di trasportare i sogni nella realtà, facendo luce sulla storia, purtroppo non raccontabile, di prelati lussuriosi e di santi che in un paesino di collina, si staccavano dai quadri in cui erano ritratti, finendo col far danni nel nostro mondo. Da quella faccenda gli è rimasta una sincera amicizia col sagrestano del luogo, Donaldo Ducco, custode della poltrona, di cui fa ampio abuso, intrecciando relazioni amorose con celebri protagoniste della storia e dello spettacolo.
Il giornalista, infine,è legato da fortissimo amore a Consuelo, fotografa professionista, una donna la cui prodigiosa bellezza riesce ad influire sulla materia circostante, modificandola.
Lallo Tarallo è un personaggio nato dalla fantasia di Piermario De Dominicis, per certi aspetti rappresenta un suo alter ego con cui si è divertito a raccontarci le più assurde disavventure in un mondo popolato da personaggi immaginari, caricaturali e stravaganti