Recensione de “La confraternita degli assassini”

di Vittorio Cotesta

Ho letto con grande piacere La confraternita degli assassini di Marcello Ciccarelli e Bruno Di Marco (New Compton editori). È una storia avvincente ambientata nell’Italia centrale (Roma, Farfa, Firenze, Urbino) del XV secolo.
Il sottotitolo del libro dice “Un grande thriller storico”, ma questo è vero solo in parte perché le vicende narrate dagli autori sono qualcosa di più e di diverso. Vi si ritrovano infatti alcuni tratti del passaggio dalla civiltà medievale a quella moderna. La rivoluzione nell’arte, che è la materia primaria della narrazione, esprime il grande conflitto teologico che percorre la Chiesa cattolica e il cristianesimo. Due posizioni si contendono la scena: quella di chi vuole concentrare il potere nelle mani del vescovo di Roma (il papa) e quella di chi vorrebbe metterlo nelle mani dei vescovi, del concilio e delle chiese nazionali. Nel conflitto teologico-politico inoltre si riverberano altre questioni riguardanti il ruolo della fede e della ragione, della scienza e della religione nella condotta degli uomini.
La scrittura ha un andamento particolare.

Non saprei dire a quale dei grandi intellettuali del Novecento gli autori abbiano guardato, se all’Ulisse di James Joyce, se a Il nome della rosa di Umberto Eco oppure se ai Quadri di un’esposizione di Modest Mussorgskij.

Probabilmente a più di uno di questi.  Di fatto la storia è costruita mediante una serie di quadri elementari discontinui. Le singole unità della serie sono talvolta distanti e talaltra più ravvicinate nel tempo e nello spazio.
L’unità complessiva è il risultato della convergenza simbolica dei significati particolari delle unità narrative elementari. L’effetto è notevole ed emotivamente coinvolgente.

Uno sguardo ai personaggi principali può introdurci al clima costruito dalla narrazione. Prima di tutto, Nour. Chi è Nour? Un nome di donna (ma anche di uomo) “arabo”. Nour è la giovane portatrice di intelligenza, luce ed ispirazione per Brunelleschi, per Masaccio e, alla fine, per Piero della Francesca. Suo padre, Isidoro, è un saggio fuggito da Damasco al tempo dell’invasione del Medio Oriente da parte di Tamerlano e venuto in Italia per cercare salvezza e pace. Ma “Isidoro” è nome greco e significa “donato dalla dea Iside”, a sua svolta di origine egizia. Ecco, già solo con questo abbiamo un po’ di materiale per riflettere. “Nour” somiglia al greco “Nous”; forse hanno la stessa radice. Certo hanno lo stesso significato: intelligenza, fuoco, luce, verità. Nel mondo greco dei presocratici “Nous” è il principio che governa il mondo. Gli stoici inoltre pensano che, quando vi sarà la grande conflagrazione (il Grande anno), tutto tornerà ad essere “fuoco”, “luce” e il mondo avrà un nuovo inizio. I cinesi antichi, più o meno nello stesso periodo, vedevano nel Dao il principio che governa il mondo. Nour, Nous e Dao sono forse nomi diversi per esprimere il Logos, la legge fondamentale che governa il mondo.

L’arrivo a Roma di Nour e di Isidoro significa che il rinnovamento della cultura, dell’arte e della scienza in Italia viene dall’Oriente. Questo discorso è giustamente sfumato nel libro, ma noi dobbiamo vederlo come l’affermazione dell’universalità del sapere e dell’umanità. La matematica, e in particolare l’algebra, arrivano in Occidente dall’Oriente, dal lungo processo di sintesi del pensiero greco, indiano e pahlavi realizzato dall’illuminismo degli abbasidi a Bagdad nel IX scolo.

E qui nasce il conflitto su cui è basata la storia. La nuova prospettiva sul mondo rappresentata dalla pittura di Masaccio e dall’arditezza architettonica di Brunelleschi ispirate dalla “luce” di Nour è fieramente avversata dai Verafede, i domenicani Teomondo e Agostino, intransigenti custodi della tradizione, della superiorità della fede rivelata sulla ragione scientifica, ma anche della tradizione e del potere di alcune delle più influenti famiglie nobili romane nella Chiesa cattolica.

Come va a finire? Non vorrei togliere al lettore il piacere di scoprirlo da sé ma questo è il nucleo thriller del libro. Posso però aggiungere alcuni elementi per ricostruire il contesto nel quale si svolge la storia. I fautori della posizione papale intendono ricomporre lo “scisma” con la Chiesa di Costantinopoli avvenuto tanto tempo prima a proposito del Credo e, in particolare, sulla natura del Cristo (la vicenda del Filioque). Per loro, la soluzione dello “scisma” teologico è la condizione per aiutare l’impero Bizantino contro la minaccia dei Turchi. Stare da una parte del conflitto teologico comporta schierarsi in un certo modo anche nel conflitto geopolitico. Chi vincerà? Quelli che attribuiscono al papa il potere di governare l’intera comunità ecclesiale e la sua supremazia sui vescovi, sul concilio e sulle chiese nazionali. Questa soluzione, però, non è in grado di interrompere l’avanzata dei Turchi nell’Europa orientale e la loro conquista di Costantinopoli nel giro di alcuni anni. In quegli anni appare pure la tendenza degli europei a servirsi dei turchi gli uni contro gli altri e finire invece irretiti nelle strategie dei sultani ottomani.

Per ultimo, qualcosa sulla storia delle due città (Roma e Firenze) teatro maggiore degli eventi. I tradizionalisti sono legati ad un’economia agricola, più o meno parassitaria (i nobili romani, diversi in tante cose ma legati allo stesso sistema di produzione piuttosto arretrato), e gli innovatori (toscani) praticano l’industria capitalistica della tessitura e si accingono a compiere il passo verso il capitalismo finanziario. Come dicevamo, un mondo legato ancora al Medioevo e uno che marcia speditamente verso la modernità.

Nour in questo conflitto è il soffio vitale e rinnovatore, sconfitto con la morte di Masaccio, dovuta forse all’avvelenamento da parte dei Verafede ma alla fine trionfante con Piero della Francesca (questa parte della storia si svolge a Urbino al tempo di Federico). L’arte nuova è il realismo, la rappresentazione delle nuove classi sociali e il lor modo di guardare al mondo. La saggezza antica di Isidoro viene sconfitta dagli intrighi e dai veleni dei Verafede ma questi nulla possono contro la nuova concezione della vita e dell’arte ispirata dalla luce di Nour. E si potrebbe aggiungere pure che la nuova pittura trionfa grazie all’astuzia della ragione rappresentata dalla figura di Leon Battista Alberti.

Buona lettura

Vittorio Cotesta: Nato a Roccagorga nel 1944. Già docente di Sociologia presso La Sapienza, l’Università di Salerno, Roma tre.
Molte pubblicazioni a partire dal 1979 in particolare sulle migrazioni e i conflitti etnici; il cosmopolitismo e i diritti umani. Ha pubblicato anche su Latina: Una nuova élite?, Bulzoni, 1986. La città incompiuta, Gentile editore, 1997. Negli ultimi anni il suo interesse principale è Max Weber.  Modernità e capitalismo. Saggio su Max Weber e la Cina, Armando editore, 2015. Max Weber on China. Modernity and Capitalism in a Global Perspective, Cambridge Scholars Publishing, 2018.

Pensieri per la Città – Un’Agorà per Latina è la nuova rubrica-contenitore della nostra rivista blog, LatinaCittà Aperta.
Abbiamo, infatti, voluto affiancare al nostro settimanale, che come sapete tratta di argomenti che potremmo un po’ pomposamente definire di “cultura generale”, uno spazio, un’agorà di riflessione e di approfondimento intergenerazionale su temi della città che ci ospita, Latina, non limitandoci ad essa.
Ci si propone di istituire qualcosa di vivo, un luogo di confronto e di approfondimento, gestito da giovani, donne e uomini, forze fresche e consolidate intelligenze, persuase che la partecipazione e il confronto siano i cardini della buona politica.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *