Salvatore D’Incertopadre: Perché scrivo racconti

di Salvatore D’Incertopadre

Spesso mi è capitato d’incontrare amici o conoscenti che mi chiedevano il motivo per cui avevo iniziato a scrivere. Non ho mai saputo rispondere a questa domanda o, forse, non ho mai voluto. Credo, però, che sia giunto il momento di dare una risposta a quella domanda, quanto meno a me stesso, anche perché non so quanto possa interessare altri.

 Per più di trent’anni ho avuto contatti con migliaia di persone di tutti i tipi, specialmente operai, tutti con un problema da risolvere. Sono stato oggetto di odio per taluni e di affetto per altri, ma credo che sia gli uni sia gli altri abbiano apprezzato il mio lavoro, fatto sempre con impegno e grande onestà. Quando è arrivato il giorno del pensionamento confesso che ho provato un senso di liberazione, perché finalmente potevo pensare a me stesso e dedicare tutto il mio tempo alla famiglia. Non era mia intenzione però perdere ogni contatto, ma come si dice dalle mie parti, passato il santo passata la festa. Ho scoperto improvvisamente di non avere più amici, di passare quasi inosservato agli occhi di chi fino a poco tempo prima, in un certo qual modo, fidava su di me per risolvere i propri problemi. Ma mi sono rassegnato, e persuaso che fare il pensionato dovesse essere un periodo della vita scevro da problemi, un intervallo di vita contemplativo e di riflessione. Ma nella vita i problemi sono come gli esami, non finiscono mai, e mentre quando lavoravo ero così preso da riuscire ad accantonarli in un angolo della mente per la maggior parte del giorno, da nullafacente i pochi problemi che mi si sono presentati sono diventati l’ossessione giornaliera, un pensiero continuo che non ti abbandona mai.

Quando ho iniziato a scrivere quella che avrebbe dovuto essere la mia prima e unica pubblicazione, e che ripercorreva i miei trent’anni di vita nel sindacato, mi sono accorto che trascorrere ore ed ore al computer, fare ricerche in giro per archivi e giornali, era un’attività che riempiva le mie giornate. Il sindacalista è stato un amarcord che mi ha riconciliato con tutti coloro che ho incontrato nel mondo sindacale, sia i buoni sia i cattivi.
Grazie all’incitamento di un amico, e che amico, mi sono cimentato nel romanzo e poi, nel romanzo storico.
È stata un’esperienza straordinaria scrivere di Storia, calando personaggi inventati nel bel mezzo degli avvenimenti veri del Novecento, soprattutto quelli vissuti sul nostro territorio. Così sono nati i personaggi di Maciste, Ercole e Sansone.

Anche il romanzo romantico ha avuto un grande ruolo nella mia evoluzione di persona che ama scrivere. Personaggi come Vincenzo e Assunta di Due padri, due figli. Una famiglia tra Napoli e Latina, Elena e Roberto di Frecciarossa, sono diventati indimenticabili, insieme a Giulia e don Pasquale di Nura.

Ma il libro che ho scritto con il cuore è stato senz’altro Via delle Zite 18. Non sono diventato uno scugnizzo, una sorta di autobiografia adolescenziale che mi ha permesso di volgere un inno d’amore alla mia città natale, Napoli. Quando ho iniziato a scriverlo non pensavo di riuscire a ricordare tutte le cose che ho poi riportato nel libro, ma per me, seduto davanti al computer, è stato come aprire una cartella piena di file, dimenticata in un angolo della memoria del mio cervello. Così mi sono venuti alla mente decine di personaggi e di episodi di cui io stesso ho riso ricordandoli, perché Napoli e la propria gioventù, come quella di tanti giovani napoletani, non si possono che ricordare con un sorriso.

Ora non sono più solo. Dentro la mia casa vivono con me i miei personaggi, le loro storie, i loro destini, e sono fonte di nuova ispirazione e nuove storie. Ogni giorno, alle nove in punto, la mia stanza si riempie di amici, di amiche, personaggi immaginari diventati ormai a me familiari. Vivono con me e con me condividono le nuove storie che di volta in volta, da semplici idee, si trasformano nelle pagine di un racconto.

Molte persone hanno almeno una storia da raccontare, da ricordare e condividere, ma scriverla, poterla rileggerla e ritrovarsi, è una sensazione straordinaria di cui non riuscirei più a fare a meno. A volte, se mi sveglio di notte e non riesco a riprendere sonno, il mio primo pensiero va al lavoro del momento, al personaggio che sto costruendo, al destino che debbo assegnargli. Credetemi è un’esperienza meravigliosa, e credo che fino a che riuscirò a battere i tasti del mio computer e pensare a nuove avventure e personaggi, non smetterò di scrivere.

Salvatore D’Incertopadre è nato a Napoli il 14 novembre del 1952, qui frequenta l’istituto per elettrotecnici “A. Volta”. Nel 1971 s’iscrive alla facoltà d’ingegneria dell’Università “Federico II” di Napoli. Il 2 luglio 1979 si trasferisce a Latina per lavoro, avendo trovato occupazione come impiegato tecnico presso la “Marconi Italiana” di Cisterna di Latina. In seguito a quel trasferimento non termina gli studi universitari. Iscrittosi alla Cgil nell’ottobre del 1979, nel novembre del 2004 approda al vertice della Cgil pontina che guiderà fino al novembre del 2012. È sposato e ha una figlia.

Pensieri per la Città – Un’Agorà per Latina è la nuova rubrica-contenitore della nostra rivista blog, LatinaCittà Aperta.
Abbiamo, infatti, voluto affiancare al nostro settimanale, che come sapete tratta di argomenti che potremmo un po’ pomposamente definire di “cultura generale”, uno spazio, un’agorà di riflessione e di approfondimento intergenerazionale su temi della città che ci ospita, Latina, non limitandoci ad essa.
Ci si propone di istituire qualcosa di vivo, un luogo di confronto e di approfondimento, gestito da giovani, donne e uomini, forze fresche e consolidate intelligenze, persuase che la partecipazione e il confronto siano i cardini della buona politica.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *