In nome del popolo…

La parola popolo è ormai un termine un po’ svalutato, e l’aggettivo popolare è ridotto quasi ad un sinonimo di dozzinale.
Vorrei però concentrare l’attenzione sull’accezione giuridica della parola, che indica l’insieme delle persone fisiche in rapporto di cittadinanza con un’organizzazione e tali da essere titolari della «sovranità», che nelle democrazie non viene esercitata in maniera diretta ma delegata a dei rappresentanti.

Voglio riflettere sull’espressione «In nome del popolo», non come formula di rito, a dir il vero anche abusata e sconfinata nel mondo dello spettacolo e nel linguaggio appunto «popolare».
In particolare, che significa amministrare o governare in nome del popolo?
Innanzitutto, significa che tale potere NON si esercita per conto ed a favore di una parte sola, fosse pure la parte maggiore (maggioranza), e neppure di un’entità superiore alle parti in causa (DIO o RE) ma in maniera INDIPENDENTE (soggetta soltanto alla legge).
Non a caso, l’articolo 1 della nostra Costituzione afferma che la sovranità appartiene sì al popolo, ma va esercitata secondo «forme e limiti», anch’essi definiti nella carta, prevedendo in tal modo istituti di garanzia a tutela dei singoli, delle minoranze e dei deboli, secondo il principio:
NESSUNO ESCLUSO.

Mi direte: “vabbè ma che c’entriamo noi con questo tuo sermone”?
Ed io vi darei pure ragione, se non fosse che siamo alla vigilia di una contesa elettorale importante e che, tra le restrizioni della pandemia e le distrazioni della feria d’agosto, rischiamo di dimenticare quali siano le priorità fondamentali.
Sarà fondamentale tener bene in mente che, tra pochi giorni, si giocherà una partita epocale, che condurrà il vincitore della contesa elettorale in Piazza del Popolo, dove è appunto domiciliata la casa comunale, al civico numero uno.
Per giocare al meglio tale partita è necessario NON DIMENTICARE.
Perché la MEMORIA COLLETTIVA è strategica e vitale in questa contesa, dove invece viene dato per scontato, da più parti, che il popolo ne sia privo e che l’intera popolazione di Latina sia addirittura affetta da AMNESIA TOTALE.

Secondo qualche scienziato della POLLITICA, noi Latinensi, tutti insieme, dimenticheremo tutto quel che è successo durante l’ultimo ventennio della nostra storia, le risse e le “zuffe da saloon”, che hanno contrassegnato l’impossibile convivenza tra bande, causando già la fine anticipata del secondo mandato di Finestra, in un crescendo che ha visto poi lo scioglimento anticipato delle ultime due consiliature, entrambe le volte con conseguente commissariamento prefettizio, a cominciare proprio dal mandato dell’ex sindaco Zaccheo.
Beh, io personalmente non penso sia possibile e, chi lo crede, commette un errore di presunzione: ma ci facciano il piacere, va là…
La verità è sotto gli occhi di tutti e se, solo per scegliere un candidato unitario, hanno aspettato così tanto, arrivando praticamente alla vigilia delle elezioni, costretti in extremis ad accontentarsi proprio di quello che loro medesimi avevano fatto cadere, il motivo è uno soltanto ed è semplice: hanno “appetiti” ed ambizioni conflittuali, divergenti e non si fidano gli uni degli altri.
Per usare una metafora, sembrano come parenti serpenti.
E noi elettori, come un popolo bue, dovremmo fidarci di costoro?

Zaccheo tenga a mente che NON concluse il suo mandato: sfiduciato dagli stessi che ora lo candidano dopo millanta mal di pancia; renda conto ai cittadini di Latina della sua malagestione e dei suoi fallimenti nel Project Finance: che lo hanno trascinato in contenzioso; smetta i panni di chi è stato assolto: chi “vuole uscire realmente pulito e assolto, può rinunciare alla prescrizione, difendendosi NEL processo e non DAL processo”.
Dietro un supponente schieramento di forze, s’intravvedono crepe inquietanti, sia nei pezzi di artiglieria da novanta che nelle truppe di retrovia, addette al reclutamento ed al vettovagliamento.
Durigon la smetta di spararle grosse, menando aria e boria da uomo di potere: è penoso chiedere al sindaco di Latina l’intitolazione di un parco comunale solo per raccattare qualche voto in più, provocando imbarazzo nella compagine governativa: piuttosto chieda conto al suo partito, la Lega, dove siano finiti quei milioni di euro dei contribuenti italiani.

Qualche usciere di Pubblica Amministrazione, la smetta di “uscire” dal proprio ufficio per perorare e questuare “favori” per i propri “clienti/elettori” presso gli uffici comunali: non è così che si dovrebbe esercitare un mandato elettorale e non è affatto questo lo spirito del servizio pubblico.
Quì, non si tratta più di scegliere qualche “mediatore”, che in nome nostro e per nostro conto sia adatto a “metterci la faccia”, quella sua, spesso una FACCIA DI BRONZO, agendo da professionista della politica o spacciandosi per tale.
La mia speranza è che i cittadini di Latina sappiano apprezzare l’importanza di un’amministrazione dialogante e trasparente, che saprà crescere con loro, dopo qualche difficoltà ed incertezza iniziale, accogliendo le loro istanze e le loro richieste senza discriminazioni o preferenze.
Come cittadino ed elettore di Latina, nutro un progetto concreto e realizzabile: vedere Damiano Coletta giocare il secondo tempo del suo mandato, lui che ha sempre indossato la maglia con i colori nerazzurri della sua squadra e della nostra città.

E coltivo un sogno, più ambizioso ma parimenti possibile, che l’azione sia più offensiva e meglio finalizzata: nel secondo tempo non basterà non subire reti ma bisognerà segnarne per vincere la partita, che non è solo di Damiano Coletta ma è di tutti noi cittadini di Latina.
Ed infine ma non ultimo, auguro a tutti noi di poter ripartire, felici e sicuri, in tutte le nostre attività, che siano di lavoro ancorché familiari e del tempo libero, lasciandoci finalmente alle spalle i tempi del COVID e della MALAPOLITICA.

Sotto l’eteronimo di Gyro Gearloose si cela un uomo rustico, a volte ruvido, fervido praticante di un libero pensiero, che sconfina in direzioni ostinatamente contrarie all’opinione comune.
Afflitto fin dalla nascita da una forma inguaribile di pensiero debole, simile all’agnosìa, prova a curarla con l’applicazione assidua di scienze dure.
E’ cultore di matematiche che, non capendo appieno, si limita ad amare da dilettante appassionato, sebbene poco ricambiato.
Si consola perlustrando sentieri poco battuti, per campagne e colline dove, tra le rovine del passato, resistono ancora bene l’ulivo e la vite.

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