Scene dalla città pazza – Terza parte

“Questo Greta lo apprezzerà!”

Così pensava Lello Rapallo, giornalista semplice, trombato dalla carica di condirettore del Fogliaccio Quotidiano che divideva un tempo col trionfante Ognissanti Frangiflutti.
Il tavolo del soggiorno di casa sua era ingombro di fogli, un caos di carte di diversa origine, che avevano tuttavia un unico filo conduttore, vertevano insomma su uno stesso argomento: i canguri.
Una normalissima curiosità a questo punto ci spingerebbe a chiederci da dove fosse spuntato nella testa più che ordinaria del giornalista, questa improvvisa e ossessiva curiosità verso quelle bestiole.
La risposta, a conoscerla, non avrebbe rivelato nulla di particolarmente eccentrico o metafisico: il suo era un interesse più che concreto, che nascondeva, anzi, un secondo fine.
La tragedia australiana, causata dai terribili incendi che stavano devastando interi territori di quel continente, sterminando milioni di esemplari dei suoi animali tipici, aveva fornito a Rapallo un’idea in apparenza nobile, in realtà malsana sotto molti profili.
Il giornalista, come alcuni già sapranno, si era innamorato perdutamente di Greta Thunberg, da lui conosciuta all’interno dei sogni iperrealistici programmati con la magica poltrona Onyric.

Scoperto e messo al bando per aver scroccato abusivamente le qualità magiche di quel meraviglioso pezzo di arredamento, Rapallo cercava da tempo qualcosa che, nonostante i suoi tentativi maldestri di farsi notare, lo facesse finalmente brillare agli occhi della ragazzina amata.
Di qui l’idea, l’invenzione della campagna “ADOTTA UN CANGURO”, che facendo leva sulla commiserazione e la giustificata ansia di tutti per le sorti dei marsupiali saltellanti, strappasse un rilevante numero di essi ad un ambiente combusto e ormai inospitale, portandoli al sicuro.
Alcune centinaia di canguri superstiti sarebbero quindi stati condotti nelle case degli italiani, nei loro giardini, privati o condominiali che fossero, amati e vezzeggiati, trovandovi un habitat favorevole alla loro permanenza e riproduzione.
Le bestiole “europee”, una volta cresciute di parecchie unità, ed essendo stati nel frattempo spenti i roghi nel loro luogo di origine, avrebbero poi potuto ripopolare l’Australia.

Lello Rapallo
Lello Rapallo

Il piano dunque era perfetto, pensava Rapallo: l’alto valore ecologico dell’iniziativa lo avrebbe certamente imposto all’attenzione generale, ma, cosa fondamentale, gli avrebbe attirato addosso l’adorazione benevolissima della giovane Greta.
Ancora per qualche tempo avrebbe dovuto accontentarsi di vederla parlare in consessi prestigiosi, cazziando a morte i potenti della terra, ma in futuro, una volta che la sua campagna pro canguri fosse arrivata alle orecchie della ragazza, non disperava di vedere in quegli occhietti stretti dall’indignazione, la luce dell’amore per lui.

Ovviamente in redazione non aveva detto una parola sul suo progetto, per non bruciarne l’enorme potenziale, ma, zitto zitto, aveva intanto dato il via alla sperimentazione.
Aveva rilevato gratis Darix e Fiona, una coppia di canguri non più giovanissimi, da uno zoo abusivo e malmesso, dislocato non distante da uno dei paesini della fascia collinare, e li aveva dati in affido alla famiglia zero dell’esperimento, quella di sua cognata Sofronia.
Decisivo per l’assegnazione era stato il fatto che sua cognata e suo marito Bartolo vivessero in campagna.
Possedevano infatti una casetta mezza sghemba, in legno, cemento e spago, piazzata  in un lembo di terra selvaggia, distante chilometri da ogni centro abitato della zona.
Rapallo da mille segnalazioni ricevute, aveva capito che i primi giorni di convivenza tra quei due umani e i marsupiali non erano stati affatto facili.

Darix e Fiona

Il marito di sua cognata era un essere di rara rudezza che dava l’impressione di essere un lavoro non finito, ma appena sbozzato dalla natura.
Incredibilmente lamentava il fatto che i due canguri fossero poco selvaggi!
Vissuti in quello zoo sbragatissimo, a contatto con esseri umani non molto raccomandabili, secondo lui avevano preso abitudini censurabili, anzi, dei veri e propri vizi.
Darix, tanto per dire, fumava in continuazione dei Willem II, sigari australiani terribilmente forti e puzzolenti.

Darix

Gli ricordavano casa sua e ne teneva in serbo una scorta pazzesca, nascosta nel marsupio di Fiona.
Nonostante ciò, non disdegnava di raccogliere mozziconi di ogni tipo, un po’ ovunque gli capitasse di trovarne.
A sua volta la femmina, oltre ad essere complice di Darix nel nascondere la riserva dei Willem II, aveva la poco graziosa usanza di strofinare i piedoni sporchi sulle lenzuola appena stese.

Sofronia chiamava Rapallo ogni mezz’ora per protestare, anche a causa delle liti tra i due marsupiali, liti rumorosissime che scoppiavano immancabilmente dalle due di notte in poi.
Darix e Fiona erano in effetti due temperamenti eccitabili, e in quei frangenti se ne dicevano di tutti i colori coi loro veloci versi: tch tch tch, ma spesso passavano direttamente alle vie di fatto, dandosele di santa ragione.
Darix: “Tch tch tch!!”
Fiona: “No, tch tch tch a te!!”
E giù botte.

“E’ vero Lello che ci paghi un piccolo riconoscimento per ospitare quei due, e che sappiamo dell’importanza dell’esperimento, ma qui non si dorme più!”.
Così si sfogava la cognata.
Rapallo cercava di placare Sofronia blandendola con espressioni di gratitudine, poi, se quella continuava a parlare parlare parlare, senza nemmeno prender fiato, lui, spazientito, gli opponeva a brutto muso il fatto che anche i due canguri protestavano spessissimo perché suo marito Bartolo mandava cattivo odore, puzzava troppo di selvatico.
E via così.
I colleghi del Fogliaccio si erano convinti che Lello avesse un’amante perché, quando le chiamate della cognata gli arrivavano mentre era al lavoro, la voce gli si spegneva in un sussurro, biascicosa, impercettibile.
Una volta al numero fisso della redazione era arrivata una telefonata indecifrabile.
“Pronto, qui il Fogliaccio, mi dica.. Eh? Come dice? Eh?…Che?  Scusi ma non comprendo, può farmi lo spelling? Cosa?…Booh!”
Aveva risposto Tarallo, ma non ci aveva capito niente: sentiva solo dei versi curiosissimi e concitati, roba come tch, tch, tch, e l’unica cosa che Lallo aveva capito era che all’altro capo del telefono c’era qualcuno incazzato forte, anche se non si poteva intuirne il motivo.

In quella redazione telefonavano cani e porci, ma mai il nostro eroe avrebbe immaginato che dei canguri avrebbero fatto una chiamata, e comunque, anche dopo l’evento, non lo avrebbe mai capito.
Aveva solo scrollato la testa dubbioso e chiuso la comunicazione, riprendendo a scrivere il pezzo commissionatogli da Frangiflutti.
Avrebbe dovuto ricordare l’ennesimo anniversario della scomparsa di Pietro Gambadilegno in terra straniera.

Il compianto Pietro Gambadilegno

Pur perplesso sull’opportunità di celebrare un micidiale manolesta come il vecchio Pietro, Tarallo riferì diligentemente le varie fasi della cerimonia che era stata organizzata con cura, menzionando anche il sorprendente pellegrinaggio di tanti politici amici e di parecchi colleghi nel paese straniero che ospitava il tumulo dello scomparso.
“La banda Bassotti, Macchia Nera, i fratelli Dalton, Zagar, Diabolik e i nipoti di John Dillinger, hanno voluto portare nel luogo del suo esilio la commossa testimonianza di una memoria che, al contrario di molti beni pubblici a suo tempo capitati a tiro del caro Pietro, è rimasta intatta ed incorrotta”…

Così, in un modo che sarebbe stato giudicato ambiguo dal suo direttore, terminava il pezzo a firma di Lallo Tarallo:
“Il solito comunista!” – commentò infatti Frangiflutti censurandolo al volo – lo completerò io!”.
Tornando così a sedere sulla sua minuscola scrivania, confinante coi servizi igienici, Tarallo sbuffò, irritato.
Poi si concentrò sulla foto di Consuelo, rasserenandosi.
Un odorino acidulo e sgradevole gli arrivò alle narici.
Per un momento, data la vicinanza, pensò che qualcuno avesse lasciato aperta la porta del bagno, che risultò invece regolarmente chiusa, poi si accorse che era arrivato in redazione il cronista provinciale Marzio Taruffi.
Quel redattore che nel recente passato, lavandosi e radendosi dopo alcune ere geologiche, aveva perso il titolo di uomo più puzzolente del mondo, ma in seguito ad una recente delusione d’amore aveva deciso di ritrovare la sua vera essenza.
Tornato alla vecchia trascuratezza su di lui cominciavano ad accumularsi i primi, vistosi segni di un lavoro che stava venendo su benone.
Non sembrava più un roseo alieno, infatti: gli era ricresciuta una barbetta che non potendo ancora definirsi fluente, era tuttavia vivacemente ispida; gli occhi presentavano una densa rugiadella di cisposità e l’odore corporeo pareva già all’altezza di quello di una solfatara di medie dimensioni.

Marzio Taruffi sulla via della normalità

Tarallo lo guardò con affetto: compativa di cuore Taruffi, uno che era riuscito nella difficilissima impresa di essere snobbato da una passeggiatrice.
Quasi si sentiva in colpa per aver tentato di limitarne gli slanci autolordanti, invitandolo a ripulirsi, snaturandolo.
Vide il cronista sedersi pesantemente, con gli occhi vuoti di un deluso dal mondo.
La giacca sformata che il cronista indossava, aveva iniziato a riscattarsi dall’oltraggio subito dalla lavanderia e già le fiorivano addosso le prime macchioline di unto, ricordo di sughi esuberanti.
Tarallo vide un primo moschino dal volo timido, levarglisi dal taschino …

Continua…

Lallo Tarallo, giovane sin dalla nascita, è giornalista maltollerato in un quotidiano di provincia.
Vorrebbe occuparsi di inchieste d’assalto, di scandali finanziari, politici o ambientali, ma viene puntualmente frustrato in queste nobili pulsioni dal mellifluo e compromesso Direttore del giornale, Ognissanti Frangiflutti, che non lo licenzia solo perché il cronista ha, o fa credere di avere, uno zio piduista.
Attorno a Tarallo si è creato nel tempo un circolo assai eterogeneo di esseri grosso modo umani, che vanno dal maleodorante collega Taruffi, con la bella sorella Trudy, al miliardario intollerantissimo Omar Tressette; dall’illustre psicologo Prof. Cervellenstein, analista un po’ di tutti, all’immigrato Abdhulafiah, che fa il consulente finanziario in un parcheggio; dall’eclettico falsario Afid alla Signora Cleofe, segretaria, anziana e sexy, del Professore.
Tarallo è stato inoltre lo scopritore di eventi, tra il sensazionale e lo scandaloso, legati ad una poltrona, la Onyric, in grado di trasportare i sogni nella realtà, facendo luce sulla storia, purtroppo non raccontabile, di prelati lussuriosi e di santi che in un paesino di collina, si staccavano dai quadri in cui erano ritratti, finendo col far danni nel nostro mondo. Da quella faccenda gli è rimasta una sincera amicizia col sagrestano del luogo, Donaldo Ducco, custode della poltrona, di cui fa ampio abuso, intrecciando relazioni amorose con celebri protagoniste della storia e dello spettacolo.
Il giornalista, infine,è legato da fortissimo amore a Consuelo, fotografa professionista, una donna la cui prodigiosa bellezza riesce ad influire sulla materia circostante, modificandola.

Lallo Tarallo è un personaggio nato dalla fantasia di Piermario De Dominicis, per certi aspetti rappresenta un suo alter ego con cui si è divertito a raccontarci le più assurde disavventure in un mondo popolato da personaggi immaginari, caricaturali e stravaganti

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