“Lei è il suo psicologo, ne convengo Professore, ma ormai per lui rappresenta qualcosa di diverso da un semplice professionista: lei non è una figura distaccata e algida che si limita a prestargli i suoi servizi, lei per Lallo è un punto di riferimento etico personale, oserei dire, quasi un amico…”
“Già, giusto quello che non avrei mai dovuto diventare! Per uno psicologo è una bestialità deontologica avere con un paziente rapporti che non siano solo professionali, ma non occorre che io dica a lei Abdhul, quanto coinvolgente, trascinante e tracimante possa essere Tarallo, con tutti i casini che ha in testa, quelli che combina e quelli che sta per combinare.
Uno si fa coinvolgere dalle sue ostinazioni, dalle sue lotte folli, donchisciottesche, dalle sue idiosincrasie a tappeto, dalle sue repentine timidezze e dai suoi insondabili pudori: non dovrebbe essere così, ripeto, e Dio solo sa quanto io mi penta di esserci cascato, ma piano, piano, senza nemmeno accorgersene, si finisce nel sacco.
Ma non in un sacco trappola da lui predisposto, no, figuriamoci se sarebbe in grado di farlo, piuttosto si cade nel sacco dove lui è già caduto, vittima del suo stesso temperamento e di una realtà che lo riconosce come estraneo e alla quale lui, in effetti, tale si sente”.
Abdhulafiah e Cervellenstein occupavano un tavolo vicino alla vetrina che dava sull’esterno, in un caffè del centro, un locale con qualche pretesa di eleganza che naufragava però, come il Titanic, involgarita dall’incombere di un maxischermo costantemente sintonizzato su una stazione commerciale, roba da dj, che trasmetteva senza sosta musica scema.
La giornata era grigia, accigliata, ed una pioggerellina, sottilissima e senza peso, rimaneva sospesa in aria come se fosse erogata da un immenso spruzzatore, inumidendo i passanti.
Facce livide sfilavano accanto alla vetrina e i due amici potevano individuarne la ferocia repressa, le frustrazioni che ne corrodevano il fegato, e perfino l’ultima loro disastrosa digestione.
Del resto è sempre così prima di Natale: la gente sembra voler sbrigarsi con la cattiveria, affrettarsi a consumarne il più possibile, a portarsi avanti col lavoro facendo tutte le cose perfide che può, prima che la Grande Convenzione, ammantando il mondo di zucchero ad alta tensione elettrica, li obblighi ad un’atroce bontà.
Sbalordito, Abdhul vide un distinto signore, un ottantenne a giudicare dall’aspetto diroccato, mettere il suo bastone davanti allo skateboard di un ragazzino che avrà avuto otto anni, facendolo ruzzolare rovinosamente.
Mentre l’autore del gesto ribaldo si allontanava zoppicando, il bravo amico di Tarallo notò l’espressione compiaciuta e maligna che gli aveva deformato il volto.
“Sì, lo so bene Professore, – riprese Abdhulafiah, distogliendo l’attenzione da quella scena disgustosa – ma non mi è venuta nessun’altra idea: anche se Tarallo è già mezzo drogato dal dolore, è giusto che sappia tutta la verità sul caso Consuelo.
Ci sono pessime notizie per lui, purtroppo, ancora peggiori rispetto a quello che si era saputo”.
“Accidenti, peggio di così? Non mi venga a dire, Abdhul, che la ragazza ha già in mente di sposarsi col chimico!” esclamò Cervellenstein.
“Peggio Professore, molto peggio.
Stia a sentire: una fonte certa, un radiologo massone a cui passo notizie di possibili rimpasti nei consigli di amministrazione di aziende che fabbricano termosifoni intelligenti, mi ha dato un’informazione bomba.
Disgraziatamente è una bomba davvero perché per il nostro povero amico possiede un potenziale negativo deflagrante!”.
“Senta Abdhul, la finisca con questi misteri e non mi tenga sulle spine: di che si tratta?”
“Il fidanzato di Consuelo non è un chimico, fa altro nella vita…”
“E lei me la chiama una pessima notizia!” E Cervellenstein, esultante, quasi perse il suo celebre aplomb. “Non è un chimico?? Ma è magnifico! Che ci può essere di peggio che un chimico? Me lo dica lei: chi? Un allevatore di yak delle montagne bellunesi? Il contabile di una ditta giapponese di sushi? Un trapezista incontinente?”
“Magari” disse tetro Abdhulafiah. Non scherzava e un brivido gelato percorse allora la schiena dello psicologo, ammutolito.
“Pare che in realtà il fidanzato di Consuelo, che a proposito si chiama Andrea Ferrozzi, sia un ingegnere civile…”
Nonostante fosse già seduto, Cervellenstein si sentì come sballottare da una mano invisibile e istintivamente cercò a tastoni una sedia. Rabbuiato, emise un fischio a mezza bocca:
“Addirittura! Un ingegnere! Ma è una tragedia: Tarallo detesta gli ingegneri!
Lei lo ha letto quel suo folle raccontino sul Natale? Ha visto come parlava degli ingegneri?
Accidenti che botta! Non ci voleva, data la situazione”.
“E non è tutto! – riprese Abdhulafiah, terreo in volto – C’è molto, molto di più.
Con me quel massone, che lo conosce bene, ha vuotato completamente il sacco: disgraziatamente l’Ingegner Ferrozzi è anche un appassionato di scacchi, un tremendo fissato che conosce a memoria le mosse di tutte le partite storiche, gli scontri tra maestri degli ultimi cinquant’anni.
Si dice che ne parli di continuo, che citi l’anno, il mese e i punti salienti di ciascuno di quegli incontri, agendo sull’umore di chi gli sta intorno come una cascata di diserbante in una giungla tropicale…”.
Cervellenstein sgranò gli occhi, portando i bulbi alla dimensione di una palla da tennis: “Cazzo, pure questo ha!!” L’imprecazione gli sfuggì suo malgrado.
“È tremendo: ma che le è preso a Consuelo, aveva voglia di impolverarsi istantaneamente senza dover star ferma un secolo aspettando che lo facesse la natura?
A questo punto dovrò consultare anche un medico del Pronto Soccorso prima di dare notizie di questo genere a Lallo! Mi pare più pruden…”
“Non è finita Professore…”.
“Ehhh!!?? Come sarebbe non è finita!”
“No, in effetti non è tutto. Quel dannato Ferrozzi è anche radioamatore, si fa chiamare Logaritmo Astuto e, non bastasse anche quest’altro passatempo lugubre, assembla pure modellini degli aerei dell’ultima guerra: sembra che li dipinga personalmente e che ci piazzi le decalcomanie con cura millimetrica.
Si dice che ci metta una precisione e una puntigliosità tale da aver già spinto più di un suo familiare, snervato, a svariati tentativi di suicidio, alcuni dei quali spettacolari”.
“Ma tutta sta roba insieme non è verosimile! – sbottò Cervellenstein esasperato – Uno così abbatterebbe a mitragliate di noia anche un tarantolato all’ultimo stadio.
Maledizione! Qui, per dire a Tarallo tutte ‘ste cose non bastiamo io e il medico: qui ci vorrebbe un plotone intero di rianimatori e una camera operatoria pronta!”
Abdhulafiah tossicchiò con aria imbarazzata, schiarendosi più volte la voce con una specie di gargarismo strozzato: “Ehm… bisognerebbe farlo in fretta, Professore, perché vede… la prossima settimana Consuelo ha intenzione di dare una piccola festa, intanto per i saluti prima di Natale, ma poi anche per presentare quel mefitico fidanzato agli amici.
Vuole tutti presenti e non accetterebbe rifiuti o scuse diplomatiche da nessuno di noi, men che meno da Lallo che le è particolarmente caro”.
“Sì, figurati se non le fosse stato caro!
Ci sarebbe da chiedersi piuttosto se ce la farà lei ad arrivare ancora in piedi alla settimana prossima bazzicando intimamente un cataplasma di quella caratura… – commentò Cervellenstein con aria assorta – Io sarei pessimista sul punto: già mi dicono che non illumina più le cose, e non vorrei che intanto fosse lei stessa a spegnersi del tutto.
D’accordo, se non c’è altra scelta lo dirò io a Tarallo, cercando anche di prepararlo in vista di quella pestilenziale festa. Mi dia un paio di giorni Abdhul e avrà mie notizie ”.
“Le sono grato Professore, arrivederci allora.” disse Abdhulafiah salutando lo psicologo.
“Si figuri: Tarallo, sventuratamente, è diventato un amico anche per me. Ci risentiamo presto”.
Cervellenstein, elegantissimo nel suo cappotto di cammello yemenita, dopo aver fatto pochi passi in quella specie di acquario che era la città nel fradiciume galleggiante di quella giornata, si trovò già mezzo bagnato. Imprecando accelerò il passo per raggiungere in fretta il suo studio, ma in quel momento incrociò un tale vestito da Babbo Natale che stava prendendo a ceffoni una vecchia col bastone davanti alla vetrina, pluripallata da decori natalizi rossi e dorati, di una Clinica Dentale Low Price.
Cervellenstein, orrificato, scosse la testa e si avviò deciso verso il Santa Klaus picchiatore, per fermare subito il pestaggio.
Si gettò dunque addosso a Babbo Natale.
Aveva appena bloccato il braccio imbottito del barbuto soggetto, imponendogli di fermarsi, quando gli arrivò secca in testa una bastonata della vecchia che gli strillò cattivissima:
“Di che si impiccia? Questo è il mio uomo: si faccia gli affari suoi, vecchio stronzo!”
Perplesso e dolorante (sentiva un grosso bubbone montargli in testa come un soufflé in forno), Cervellenstein si fermò, con la bocca spalancata dallo stupore e si toccò il capo con una mano.
Mentre, esterrefatto e ormai privo di forze osservava il ghigno rabbioso della anziana ex vittima, che ancora lo guardava con astio, dalla vetrina della clinica dentale economica
gli arrivarono le lievi note di “Santo Natal”, fasciandolo di una stolida dolcezza.