Siamo così giunti all’ultima puntata del romanzo giallo, scritto da Renzo Rossi, ambientato nella pianura pontina e più precisamente intorno a Borgo Sabotino.
La storia dei nostri giorni nel racconto si intreccia con quella dei temibili “Diavoli Neri”, un reparto americano/canadese, realmente esistito e attivo in zona prima e dopo lo sbarco di Anzio e capace di raggiungere obiettivi che nessun altro era in grado di ottenere.
BUONA LETTURA!
Accompagnai Beppe al Borgo e lo lasciai sotto casa sua. Oramai tutta Sabotino si era svegliata ed aveva preso coscienza di quello che era successo a Ringhio.
Il Borgo era impaurito ed allo stesso tempo eccitato per essersi venuto a trovare, così rapidamente al centro dell’attenzione dopo i due efferati omicidi.
“Io forse sono un passo avanti a tutti” pensai, quando girando intorno alla rotonda, al centro del Borgo, imboccai la strada che porta a Nettuno.
Sapevo che Ermes e Massimo vivevano insieme in un podere dell’Opera Nazionale Combattenti, subito dopo l’incrocio per Borgo Santa Maria. In verità, come venni a sapere dopo, ci abitava solo l’Ermes e neanche nella costruzione principale, visto che, a causa dei guai del figlio, il podere era stato messo in vendita.
Ermes alloggiava in una piccola costruzione di mattoni rossi, adibita una volta a ripostiglio per gli attrezzi e per il trattore.
Quando arrivai notai subito il cartello vendesi agganciato al cancello aperto e la macchina del Rana, una Smart rosso Ferrari, era parcheggiata davanti al podere.
Non feci in tempo ad issare il cavalletto dello scooter che una macchina, frenando seccamente sulla ghiaia dello spiazzo mi fece sobbalzare di colpo. Ne scese velocemente Massimo.
Capimmo subito, incrociando gli sguardi, di essere arrivati alle stesse conclusioni.
Era stravolto. Aveva gli occhi arrossati da una notte passata insonne. Le uccisioni del cravattaro e del Ringhio dovevano averlo sconvolto non poco.
Senza dire una parola girò dietro la casa e cominciò a correre verso l’abitazione del padre. Si fermò di colpo quando vide il Rana. Nel rincorrerlo quasi lo travolsi.
Il Rana aveva il petto squarciato. Era seduto per terra, con la schiena appoggiata sul muro della casetta, il capo chino in avanti, le gambe divaricate. A devastarlo era stato sicuramente una rosa di pallettoni sparati a bruciapelo da un fucile da caccia. La mente mi andò subito a quei segnali stradali sforacchiati come groviera. Ogni borgo che si rispetti ne ha uno all’entrata dell’abitato.
Massimo mi guardò di nuovo e senza dire una parola corse verso il podere, alla ricerca del padre.
Io mi guardai intorno e solo in quel momento mi accorsi del muro di granturco che circondava da tutti i lati lo spazio retrostante alle due abitazioni. Alto, rigoglioso, maturo. E proprio davanti a me vidi un varco, un tunnel in quel mare verde.
Vi entrai, abbassando un po’ la testa e scostando con le mani le grosse foglie taglienti.
Dopo circa una trentina di metri mi trovai all’improvviso in un piccolo spiazzo. Uno spazio circolare si aprì di fronte a me ed al centro vidi il corpo di Ermes.
Era sdraiato ed aveva le braccia conserte. Dalla sua bocca fuoriusciva una bava biancastra. Un pesticida, pensai.
“Ciao vendicatore, ciao Diavolo Nero”.
DIARIO di GUERRA
28 marzo 1944. Testa di ponte. Anzio, Italia.
Giornata luminosa, vento fresco. Gli Unni hanno aumentato il fuoco di artiglieria. Alcuni uomini del primo reggimento sono stati colpiti ed uno è stato ucciso quando un 88 ha attraversato una finestra esplodendo nella stanza dove si trovavano. L’uomo seduto sotto la finestra è rimasto intatto. Il tenente colonnello Akehurst e il tenente colonnello Gilday si sono visti nel corso della mattinata per parlare di questioni canadesi in generale e dei rinforzi in particolare. Si auspica vivamente che la Force possa essere ritirata al più presto dalla prima linea della Testa di Ponte per potersi riorganizzazione e per formare i rinforzi. La Force è stata in prima linea per quasi due mesi ed un buon numero di uomini è sempre molto nervoso per la mancanza di sonno e per il pattugliamento continuo. Stanno rapidamente uscendo di condizione, specialmente gli elementi che stanno avanti, in trincea per tutto il giorno. La 34sima Divisione ha completato la sostituzione della Terza ed ha preso il comando delle loro sezioni alle 09,00. La Terza Divisione sta ora riposando nei boschi che abbiamo appena lasciato.
31 marzo 1944. Testa di ponte. Anzio, Italia.
Nuvoloso, vento, un pò di pioggia. Il corpo di uno dei nostri sottufficiali, scomparso dal 29 febbraio, è stato recuperato questa mattina. Gli Unni gli hanno preso tutti gli effetti personali, anche gli stivali.
Siamo stati informati che altri 15 ufficiali e 250 soldati rinforzeranno la nostra area. Il tenente colonnello Akehurst è andato a Napoli per provvedere al loro arrivo, dopo che saranno stati dotati di indumenti e armi. Il mese si chiude con la testa di ponte in uno stato di relativa inattività.
Il mese di aprile, oltre a portare le zanzare e il pericolo della malaria, dovrebbe portare tempo migliore e speriamo che la Testa di ponte possa essere considerevolmente ampliata o che la Force possa essere sostituita per poter tornare nelle retrovie per un periodo di riposo e di riorganizzazione.
*****
Poi, un giorno, gli abitanti di Borgo Sabotino reclamarono Gusville.
Si andava a Roma. L’eccitazione del momento aveva già fatto dimenticare quello che era successo nelle ultime settimane.
“Si lascia Gusville!” urlò Tommy salendo sulla jeep.
Il sergente Tommy Kinch incominciò a salutare tutti. Le ragazze, specie quelle carine, i vecchi, i bambini.
Vide sulla strada quel ragazzetto, con quello strano nome da dio greco, che per un tozzo di pane ed un po’ di cioccolata gli puliva gli scarponi.
“Ferma!” disse all’autista della jeep. Il sergente rovistò nel suo zaino e scese al volo, corse verso il bambino e gli fece vedere la cassetta. Non gli voleva dare da mangiare, non gli voleva dare dei vestiti, né gomme da masticare o sigarette da barattare.
Quella era un’investitura, come si faceva con i cavalieri nel medioevo.
Aprì la cassetta e mostrò al bambino la Luger che aveva sottratto all’Unno ucciso, lo stiletto, preso ad un compagno morto, e la carta.
Richiuse la cassetta e la porse nelle mani del bambino.
Salì sulla jeep e vinse la guerra.
Ermes sorrise.
In quel momento era il bambino più felice del mondo.
Fine
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