“Se uno mi da un’occhiata in più di quello che serve o mi guarda appena appena storto, io a quello lo liquido Professore: oggi per fortuna lo posso fare, e se debbo difendermi, lo faccio al meglio che posso! Garantito.”.
Un leggero sbuffo di scoraggiamento gli sfuggì di bocca, poi gli occhi scuri ed espressivi del Professor Cervellenstein si volsero veloci verso l’alto, in cerca di pace, eterei come quelli di un veggente bene attento ai segnali divini.
Del resto l’illustre psicologo, già che siamo in tema, da tempo aveva l’intenzione di dedicarsi prima o poi allo studio di questo tipo di soggetti, di chi cioè sostiene di avere delle visioni di provenienza sacra, ma ancora non ci era riuscito: fino a quel momento i suoi impegni di terapeuta, di docente universitario e di solerte attentatore alle virtù di mature e piacenti signore, gli avevano impedito di dar seguito a quell’intrigante progetto di ricerca.
E mentre Fortunato Camici, dai colleghi di lavoro detto Narghilé, seguitava a parlare con una piccola smorfia di disagio stampata in faccia a causa della leggendaria scomodità del lettino destinato ai pazienti, Cervellenstein si era distratto per qualche istante, perso in fumose considerazioni su fede e visioni celesti.
Stava chiedendosi se, con lo scorrere del tempo ed in presenza del tumultuoso mutamento economico e sociale che aveva eliminato dal panorama occidentale alcune storiche categorie del lavoro a favore di nuove tecniche e dei nuovi mestieri, le preferenze della Divinità, quando si trattava di comunicare con i fedeli, andassero tuttora a persone impiegate in un settore ormai marginale quale quello della pastorizia.
Il Professore da sempre era un po’ stupito dalla tradizionale predilezione mariana per giovani operatori di quel ramo, si sarebbe detta una vera e propria discriminante: i non pastorelli potevano scordarsi di ricevere confidenze da quella Santa Provenienza.
Così era stato per secoli, non senza conseguenze sui fenomeni di costume: quella nobile, ma povera attività, che per via della sua durezza metteva gli addetti al personale caprino ed ovino alla mercé di climi ed orari ostili e di disagevoli transumanze, in ragione di questa bizzarra predilezione divina aveva conosciuto infatti un piccolo boom ed una nuova considerazione.
Fare il pastorello era ritenuto un possibile sistema per essere notato dalle Sante Entità e riceverne magari qualche buona soffiata.
“Quando mai vedrai la Madonna, bestia che sei, – dicevano le mamme ai figli zucconi – tu che ti ostini a fare ingegneria aerospaziale!!??”.
Non diversamente sospiravano, mai del tutto rassegnate, le mamme di tornitori, di caldaisti, di istruttori di scuola guida o di chirurghi plastici, frustrate dal rifiuto della loro prole ad occuparsi di folte greggi di capre chiacchierine.
Solo le madri dei pastorelli, solo loro che alle tre di mattina, anche a dicembre, buttavano i figli fuori di casa, al gelo, dandogli una pagnotta col formaggio perché badassero alle pecore, erano le uniche che potessero ragionevolmente sperare che la loro prole venisse contattata dalle altissime sfere.
Ci fu un periodo, anzi, nel quale le madri di pastorelli non nascondevano neppure una certa gaglioffa soddisfazione nell’accorgersi degli sguardi di invidia che gli venivano scoccati dalle mamme di Premi Nobel, livorose perché quel riconoscimento, pur prestigioso, non garantiva affatto ai loro maturi puponi alcuna rivelazione di segreti sul futuro dell’umanità, proveniente da essenze aureolate.
Ma, nonostante il rapido mutamento socioeconomico, rifletteva Cervellenstein rapito dai suoi pensieri, nessuna nuova categoria del lavoro aveva tolto alla pastorizia giovanile il ruolo di beniamina della Sacra Famiglia.
Fino a quel momento non si registravano infatti segnalazioni di visioni mistiche, con allegate rivelazioni fosche sul destino del mondo, da parte di tecnici informatici, di personal shoppers, dei cosiddetti influencers o di produttori di birra artigianale.
Nulla di nulla …
“Io mi accorgo benissimo se uno mi guarda storto o strano, quando lo incrocio per strada, o se mi fa i raggi X cercando di capire cosa tengo in casa!”.
L’impennata nel volume della voce del suo paziente, uno di quelli che lo psicologo curava gratis da anni, strappò il Professore alle sue fantasie sulla comunicazione mistica, riportandolo in fretta nella dimensione, fin troppo umana, del disagio psichico.
Scosse appena la testa, perplesso: di cosa poteva mai preoccuparsi quel povero disgraziato, cosa mai poteva avere in casa Narghilé, di così appetibile per dei malintenzionati?
La pensione che l’uomo riceveva come ex addestratore di criceti da guardia presso la Scuola Nazionale di Polizia Animale, sezione roditori, era poca cosa, certamente insufficiente a mantenere sua moglie Elvina, centoventi chili di stazza battenti bandiera panamense, e i suoi tredici figli, quattordici dei quali, compreso appunto uno nato morto nel 1971, aiutavano la famiglia dedicandosi ad una gigantesca attività di spaccio di cocaina e di caciotta aromatizzata alle “erbe”.
“Ma cosa vuole capire lei di quel che passa per la testa di uno che la incrocia per strada! – ribatté sospirando Cervellenstein all’uomo che friggeva sul lettino – il più delle volte non riusciamo noi psicologi a capire un accidente di gente che pure vediamo ogni settimana e delle loro intenzioni, figurarsi cosa potete comprendere voialtri, di persone che non avete mai visto prima!
E poi, mi tolga una curiosità: cos’ha lei di così prezioso da farle temere irruzioni in casa sua di ipotetici ladri o banditi?”.
Narghilè guardò stupito l’illustre terapeuta, come se lo avesse beccato, nudo come un verme spogliato, a cantare “Pallide mani che a Shalimar ho amato” nella Sala degli Arazzi del Quirinale.
Ad occhi sgranati rispose: “Come, non glielo avevo detto? Eppure mi pareva … Prima della nuova legge sulla Legittima Offesa, in effetti io non avevo nulla da proteggere in casa, anche il nostro televisore è vecchissimo e manda solo concerti di Povia.
Appena però ho sentito che il provvedimento era stato approvato, con enorme sacrificio ho acquistato a rate un lanciamissili inglese.
Si tratta di uno degli Shorts Missile Systems Javeline, che è una evoluzione del vecchio Blowpipe e spara missili a corto raggio a guida radio, della Shorts, e lo fa con ottime prestazioni!
L’ho comprato per poter reagire ai malintenzionati, ora che è finalmente lecito farlo, anche perché siamo invasi da un mucchio di migranti scansafatiche, ladri e terroristi.
L’ho preso, come le dicevo, per difendermi, ma adesso essendo esso diventato anche l’unica mia proprietà di valore, debbo difendere quello ad ogni costo!”.
La mandibola inferiore di Cervellenstein, azionata da uno stupore dal quale un uomo di mondo e di scienza come lui raramente veniva colpito, crollò, lasciandolo per diversi secondi a bocca aperta, in un’espressione di assoluto sbigottimento.
Era un incarico superiore alle sue forze far partecipe Narghilé di secoli di civiltà filosofico giuridica, spiegandogliela in pochi minuti; così, alquanto sconsolato, il Professore congedò l’animoso pensionato che, ancora sul pianerottolo, continuava a spedire bellicose minacce a tutto il terzo mondo.
Cervellenstein, rientrato nel suo studio, si adagiò sulla sua poltroncina, reclinando la testa per contare nuovamente le sottili crepe nell’intonaco del soffitto, operazione che di solito riusciva a rilassarlo un po’, quando il telefono dello studio trillò.
La voce concitata di Lallo Tarallo lo investì con il consueto flusso di entusiasmo:
“Succedono cose micidiali Professore, mi piacerebbe sentire il suo parere in merito! Dopo il varo della Legge sulla Legittima Offesa, c’è gente, si son viste anche massaie ottuagenarie, che ha chiesto alle commesse del supermercato dove avessero sistemato il reparto bazooka, ed altri esaltati che sistemavano del filo spinato nel cortile sotto casa, in attesa di piazzarvi una mitragliatrice.
E due giorni fa c’è stato il caso di quell’avvocato che dal giardino della sua villa ha sparato a Oskar, un ventriloquio di passaggio, freddandolo, perché convinto dalla sua espressione: A) che quello stesse rimuginando di procurarsi una bottiglietta spray di etere; B) che intendesse farsi prestare da un amico ladro svariati arnesi da scasso; C) che volesse contattare suo cognato Ermete, uomo rovinato dai debiti di gioco, perché gli facesse da palo; D) che riuscisse ad entrare nella sua bella casa addormentando con l’etere Guagliò, il suo collerico mastino napoletano; E) che Oskar diventasse nigeriano appena messo piede all’interno dell’abitazione; F) già che c’era, che stuprasse tutte le femmine di casa, inclusa Dolly, la pappagalla che sa ridere; G) che rifilasse a lui un forte colpo in testa; H) che rubasse infine ogni cosa presente in casa, lasciandola nuda, come se fosse un immobile in vendita.
Ha capito Professore? L’avvocato dice che le intenzioni del ventriloquio erano evidentissime, secondo lui le aveva stampate in faccia, ed ha invocato a suo favore la legge appena approvata. Frangiflutti vuole un pezzo su questa storia, mellifluamente, con una certa discrezione, orientato a sostegno della legge sulla Legittima Offesa e dell’avvocato plurideduttivo.
Ma lei sa che io ho forti dubbi sia sul provvedimento che sulla dinamica di quel fatto di cronaca, così come lo racconta l’avvocato, così ho pensato di intervistarla sul tema della intuizione dell’intenzione malandrina, fattispecie fondante per l’applicazione della legge: Lei avrebbe cinque minuti di tempo?
… Professore? … Professore? …
Ma Cervellenstein era scivolato in una immensa stanchezza e da un’altrettanto grande pietà per i suoi connazionali.
Visioni mistiche o il liberarsi di violenza gratuita col timbro di legge: sempre di greggi si trattava, di milioni di pecore credulone…
Ghermito da un sonno oscurato dalla preoccupazione, aveva lasciato scivolare in terra il telefono e i sogni che vennero furono popolati di santi, Madonne, pastorelle e pastorelli.
Lallo Tarallo, giovane sin dalla nascita, è giornalista maltollerato in un quotidiano di provincia.
Vorrebbe occuparsi di inchieste d’assalto, di scandali finanziari, politici o ambientali, ma viene puntualmente frustrato in queste nobili pulsioni dal mellifluo e compromesso Direttore del giornale, Ognissanti Frangiflutti, che non lo licenzia solo perché il cronista ha, o fa credere di avere, uno zio piduista.
Attorno a Tarallo si è creato nel tempo un circolo assai eterogeneo di esseri grosso modo umani, che vanno dal maleodorante collega Taruffi, con la bella sorella Trudy, al miliardario intollerantissimo Omar Tressette; dall’illustre psicologo Prof. Cervellenstein, analista un po’ di tutti, all’immigrato Abdhulafiah, che fa il consulente finanziario in un parcheggio; dall’eclettico falsario Afid alla Signora Cleofe, segretaria, anziana e sexy, del Professore.
Tarallo è stato inoltre lo scopritore di eventi, tra il sensazionale e lo scandaloso, legati ad una poltrona, la Onyric, in grado di trasportare i sogni nella realtà, facendo luce sulla storia, purtroppo non raccontabile, di prelati lussuriosi e di santi che in un paesino di collina, si staccavano dai quadri in cui erano ritratti, finendo col far danni nel nostro mondo. Da quella faccenda gli è rimasta una sincera amicizia col sagrestano del luogo, Donaldo Ducco, custode della poltrona, di cui fa ampio abuso, intrecciando relazioni amorose con celebri protagoniste della storia e dello spettacolo.
Il giornalista, infine,è legato da fortissimo amore a Consuelo, fotografa professionista, una donna la cui prodigiosa bellezza riesce ad influire sulla materia circostante, modificandola.
Lallo Tarallo è un personaggio nato dalla fantasia di Piermario De Dominicis, per certi aspetti rappresenta un suo alter ego con cui si è divertito a raccontarci le più assurde disavventure in un mondo popolato da personaggi immaginari, caricaturali e stravaganti