Tarallo, Bertoni, Ava Gardner e il Congresso

Don Vitasnella, detto Cocco Bill, segretario particolare di Mons. Benigno Bertoni, Preposito Provinciale della Compagnia di Gesù, alacre come una formichina, stava per chiudere il bagaglio che avrebbe seguito il gesuita nel suo viaggio a Verona, dove era previsto che Bertoni facesse un intervento al Congresso Mondiale della Famiglia, il consesso che aveva rivalutato il Medioevo in senso progressista.
Gli appunti di quel discorso erano sparsi sul tavolo del salottino buono, il tema che il religioso avrebbe affrontato era “La famiglia sana nelle spire della crisi: suggerimenti ed incoraggiamenti”.

Cardine delle sue tesi era che un matrimonio cristiano non conosce crisi, solo soluzioni gradite al divino e al Fisco, e che nemmeno certi segni accentuati di imbarazzo familiare, come un intervenuto femminicidio, possono mettere in discussione il principio di amore coniugale certificato.
Anche dopo avvenimenti certamente esecrabili, come l’assassinio di una moglie, argomentava nel testo il sottile gesuita, il legame matrimoniale tra i contraenti non cessa per questo, ne proseguono anzi gli obblighi, trasferendosi semmai la sua costante e santa pratica quotidiana tra cimitero e carcere.
Cocco Bill tirò la cerniera che chiudeva il grosso trolley del Monsignore: pur perplesso dall’impostazione che Bertoni aveva dato al suo intervento e convinto che avrebbe suscitato qualche starnazzamento buonista, femminista o comunista, non ne aveva fatto cenno col suo superiore, tenendosi stretti i suoi dubbi.

La poltrona Onyric

Intanto l’alto prelato si crogiolava ancora nella sua poltrona magica Onyric: gli occhi chiusi non riuscivano ad occultare un’espressione di felicità larga e un po’ beota, accentuata dal sorriso che gli si apriva ampio sul volto.
Sognava ancora.
Il viso luminoso di Ava Gardner stava sospeso sul suo
, sorridente, e gli occhi verdi ed enormi della diva mandavano bagliori giallo paglierini.

“ L’hai già preso il diuretico, amore?”.

La voce roca e calda di Ava lo attraversò come vento del deserto e lui, per l’ennesima volta, rabbrividì.
Riuscì tuttavia a risponderle rauco, fissando quelle labbra generose, così vicine alle sue:

“ … Il Lasic va preso dopo colazione …”.

“Giusto, la colazione! Mentre tu Fagottino d’Oro, dormivi dopo … dopo che … insomma, DOPO, la tua Avuccia ha preparato qualcosa per te.
Alzati e siediti, tra poco ti sarà servito il breakfast alla Ava!”.

“Fagottino d’Oro” Bertoni (era pazzesca, pensò, la tendenza delle attrici di Hollywood a darti nomignoli assurdi), sempre sognando, si sedette nel luminoso ambiente che confinava con la cucina: ancora sorrideva di contentezza.
Ma il volto gli si contrasse in una smorfia obliqua vedendo ciò che la diva, avvolta in un delizioso accappatoio a fiori che ne accentuava la sontuosa bellezza, gli piazzava davanti.
Strane brodaglie ed inquietanti morfologie alimentari invadevano, ballonzolando spumose, tre piatti fondi, color dell’inchiostro.

“Ho imparato a cucinare queste pietanze meravigliose mentre giravo “Polpacci appassionati” a Saigon.
La cucina vietnamita è FA.VO.LO.SA, sai Fagottino mio? Assaggia: c’è il Bo Kho, con dita umane e verdure miste, il Goi Cuon, salsiccette di scimmia daltonica con scaglie di lamiera e il Bùn bò Huè, spaghetti di frumento marziano, cavallette croccanti e girelle di liquirizia….”

Il Bo Kho

Fu a quel punto che Monsignor Bertoni si svegliò di botto, quasi ruzzolando giù dalla poltrona.

Poggiato il telecomando sulla ampia seduta, raggiunse quasi di corsa il suo segretario particolare: tossiva come un tricheco, mentre il primigenio senso di beatitudine si era volto in un cupo malumore.
Trasudava insofferenza: con la Gardner aveva chiuso, meglio Marilyn, anche se pure lei lo chiamava con un nomignolo insopportabile: “ciccetto”.

“Guardi Eccellenza, mi scusi ma ha telefonato il Senatore Pillon: mi chiedeva se per caso in qualche museo vaticano si conservino ancora delle mordacchie per donne troppo loquaci, lui aveva in mente di farne delle decorazioni didattiche per la sala del buffet.
Dice che è importante e che ha già informato la stampa di ogni aspetto della manifestazione, compresi quelli più frivoli.
Gli ho detto che nel caso lei lo avrebbe richiamato”.

La mordacchia

“Pillon non si rende conto di quello che dice, è pazzesco  pensare a quali polemiche si esponga: non può annunciare la presenza delle mordacchie se non è sicuro di poterle recuperare! Di mordacchia si parla se di mordacchia si dispone!
Per quel che ne so la decina di esemplari rimasti sono tuttora in uso: la Curia li affitta a facoltosi mariti stanchi di mogli troppo ciarliere e non può ritirarli arbitrariamente, sia pure in caso di necessità!
Pensi piuttosto a qualche cos’altro che possa rappresentare la vera famiglia italiana, magari una grande sagoma con le tre famiglie tradizionali del Ministro Rozzini. Si ingegni, insomma, ecco!”.

Famiglia tradizionale italiana

Fu allora che il suono lamentoso del campanello interruppe la conversazione. “Deve essere Lallo Tarallo, Eccellenza – disse Don Cocco Bill – avevate rimandato l’intervista ad oggi”.

“Accidentaccio, me ne ero dimenticato!

Non ho molto tempo, ma fatelo entrare”. Si era preparato un discorsetto per offrire a Tarallo un posto di lavoro ben remunerato.
Aveva pensato ad una sua rubrica fissa, quella di gastronomia conventuale,  in “Soffri in Silenzio”, la rivista dell’ ACCT, l’Associazione Cristiana Cornificate Taciturne.
In quella sede il giornalista avrebbe riscosso il doppio rispetto alla remunerazione che prendeva come redattore al Fogliaccio e si sperava che per quella testa stropicciata, questa sarebbe stata l’esca irresistibile che avrebbe liberato il Direttore Frangiflutti dalla sua deplorevole e barricadera presenza.

Quando vide entrare Lallo, Bertoni mise mano a Schermar, lo schermo protettivo degli occhi: memore dell’accecamento di qualche giorno prima, nel caso infatti che ricomparisse anche Consuelo, si era portato appresso quel marchingegno realizzato dalla Nasa e venduto a sua madre pochi giorni or sono.
Invece Tarallo entrò solo, così il monsignore, rassicurato, posò lo schermo da qualche parte.
Si accinse a rivolgere al giornalista il suo sorriso più sperimentato, falso quanto un Jovanotti intonato, e stava per parlare quando Lallo lo anticipò, sparandogli dritta in faccia una domanda a bruciapelo: “ Monsignore, risponde al vero che lei ha aderito al Congresso Mondiale della Famiglia che tante lecite perplessità ha destato per la sua impostazione retrograda e fanatica?”

Padre Benigno Bertoni

Il gesuita arcuò la boccuccia in una espressione di santità offesa e prese a rispondere: “Vede, benedetto figliuolo …” Non riuscì a finire la bugia che aveva in mente di dire: in ritardo e un po’ affannata, Consuelo raggiunse Tarallo, già pronta a scattare foto, ma intanto la sua comparsa aveva già provocato un turbine di conseguenze.
Oltre alle luci del palazzo, che si accesero tutte contemporaneamente, manco a dirlo, dal condizionatore della camera da letto di Bertoni si sprigionarono solenni ed incongrue le note del “Va pensiero” verdiano, cantato con voci da criceto dal Piccolo Coro dell’Antoniano.
E non fu tutto: nel ritratto cinquecentesco del Cardinale Otello Gualtiero Tirinnanzi, un tondo ben dipinto di scuola malese che riproduceva la persona del porporato, la brutta faccia itterica e sommamente antipatica, anzi, quasi ostile, del Cardinale, guardando la ragazza dal muro dov’era appeso, si aprì in un sorriso lascivo, strabuzzando gli occhi.
Partì anche un fischio di approvazione.

Bertoni, abbacinato, aveva nel frattempo guadagnato per la seconda volta il pavimento, svenendo: troppo attrezzato a veder brutture, vacillava dinanzi alla bellezza. Tarallo, seccato si alzò dalla sedia e disse: “Addio all’intervista! Che si fa? E’ la seconda volta che questo sviene: non li fanno più robusti come una volta ‘sti gesuiti! Proviamo a sentire Cervellenstein in merito ad un’eventuale terapia di appoggio alle interviste da praticargli”.
Compose assorto il numero del Professore.
Lo Psicologo rispose parlando a voce bassissima: “Tarallo non mi dica nulla, non posso stare a cianciare con lei del sesso delle pere: in questo momento ho sotto un caso disperato, quello di Riziero Cherosene.

Cena vegana con matematici: la vittima: Riziero Cherosene

Da tutti ritenuto un bestione assolutamente privo di psiche, si è ficcato per scommessa in una situazione estrema: ha partecipato ad una cena vegana in compagnia di un gruppo di matematici di entrambi i sessi, più qualche ingegnere di rincalzo.
Si è sopravvalutato e la sua presunzione lo ha perduto: non si può pensare di riuscire a venir fuori indenni da una serata con valori di noiosità da Guinness dei primati.
I matematici, che hanno riflessi così lenti che ci hanno messo un giorno a scovare la differenza tra un uomo addormentato ed uno molto concentrato, me l’hanno portato in ritardo: dormiva già da mezza giornata.
Ora sono passati tre giorni da quella cena tossica e la narcolessia di Cherosene non accenna a mollare la presa.
Sto tentando di tutto, anche mettergli davanti le figurine Panini di quando era ragazzo, ma ti prego ora Tarallo, di lasciarmi lavorare, la giornata è ancora lunga”.

Il professor Cervellenstein
Il professor Cervellenstein

Chiuse la comunicazione.
Nel frattempo, come qualche giorno prima, Don Vitasnella si era precipitato a soccorrere il suo superiore, così, ancora una volta, Lallo e Consuelo abbandonarono Monsignor Benigno Bertoni, privo di sensi, alle cure del solerte Cocco Bill.

Lallo Tarallo, giovane sin dalla nascita, è giornalista maltollerato in un quotidiano di provincia.
Vorrebbe occuparsi di inchieste d’assalto, di scandali finanziari, politici o ambientali, ma viene puntualmente frustrato in queste nobili pulsioni dal mellifluo e compromesso Direttore del giornale, Ognissanti Frangiflutti, che non lo licenzia solo perché il cronista ha, o fa credere di avere, uno zio piduista.
Attorno a Tarallo si è creato nel tempo un circolo assai eterogeneo di esseri grosso modo umani, che vanno dal maleodorante collega Taruffi, con la bella sorella Trudy, al miliardario intollerantissimo Omar Tressette; dall’illustre psicologo Prof. Cervellenstein, analista un po’ di tutti, all’immigrato Abdhulafiah, che fa il consulente finanziario in un parcheggio; dall’eclettico falsario Afid alla Signora Cleofe, segretaria, anziana e sexy, del Professore.
Tarallo è stato inoltre lo scopritore di eventi, tra il sensazionale e lo scandaloso, legati ad una poltrona, la Onyric, in grado di trasportare i sogni nella realtà, facendo luce sulla storia, purtroppo non raccontabile, di prelati lussuriosi e di santi che in un paesino di collina, si staccavano dai quadri in cui erano ritratti, finendo col far danni nel nostro mondo. Da quella faccenda gli è rimasta una sincera amicizia col sagrestano del luogo, Donaldo Ducco, custode della poltrona, di cui fa ampio abuso, intrecciando relazioni amorose con celebri protagoniste della storia e dello spettacolo.
Il giornalista, infine,è legato da fortissimo amore a Consuelo, fotografa professionista, una donna la cui prodigiosa bellezza riesce ad influire sulla materia circostante, modificandola.

Lallo Tarallo è un personaggio nato dalla fantasia di Piermario De Dominicis, per certi aspetti rappresenta un suo alter ego con cui si è divertito a raccontarci le più assurde disavventure in un mondo popolato da personaggi immaginari, caricaturali e stravaganti

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