Strippozzi a volontà per Tarallo. Parte Seconda

                                       

Riassunto della puntata precedente.
Tarallo, di malumore, viene spedito dal Direttore ad interim del Fogliaccio, Lello Rapallo, a Castel di Borobolonzo, nel reatino, per fare un resoconto della locale e popolarissima Sagra degli strippozzi. Lo accompagnano il Prof. Cervellenstein che guida la sua decappottabile, Dora, sua ultima conquista, e Consuelo, la ragazza prodigio di Lallo…

Tarallo non ebbe tempo di proseguire nelle sue riflessioni perchè si rese conto che erano intanto arrivati a Castel di Borbolonzo.

Castel di Borbolonzo – panorama –

Il Professor Cervellenstein, ancora in piena trance da Formula uno, aveva lanciato la sua decappottabile in uno spericolato giro per le strettissime vie del paese, sfiorando di un nulla le case e facendo volare via, come nei cartoni animati, un paio di cappelli a dei vecchietti che si erano avventurati per strada.
Guidato dalle luminarie a festa che decoravano il piccolo centro urbano, il Professore condusse infine il suo proiettile a quattro ruote fino alla piazza principale del paese dove l’auto sportiva si arrestò, sputando un ultimo ruggito, con una frenata secca che sollevò un denso sbuffo di polvere dall’irregolare manto stradale.

Un palco prendeva buona parte del lato meridionale della piazza: tutto era pronto in vista dell’esibizione serale dell’Orchestra di liscio “I Sicari”, annunciata da manifesti piazzati su ogni muro utilizzabile. Accanto ai volti degli orchestrali, che sembravano più minacciosi di quelli di un gruppo di ex inquilini di Sing Sing, grandi immagini reclamizzavano la Sagra, coloratissime di appetitosi piatti di strippozzi. la celebre pasta borbolonzese.

I tipici strippozzi borbolonzesi

Dora, scesa con un grazioso balzo dalla decappottabile, individuò immediatamente un negozietto, una merceria diroccata, per la precisione, che in vetrina esponeva biancheria intima del secolo precedente:
Ma che meraviglia I-NE-GUA-GLIA-BI-LE!! – scandì con un trillo musicale – quei reggiseni fucsia in cemento armato e merletti, li portava mia nonna e, bisogna ammetterlo, erano così sexy!

Perdonatemi ma debbo dare un’occhiata a questa deeliziooosa botteguccia!”.
La maliarda si tuffò senza esitazioni dentro il negozio mentre il resto del gruppo ancora si guardava intorno.
Cervellenstein sorrise con indulgenza e mentre Tarallo estraeva da una tasca interna del giaccone il piccolo registratore che usava  per annotare le sue impressioni e incidere le interviste, il Professore prese sottobraccio Consuelo per cominciare ad esplorare le viuzze del paese in festa, disperando che Dora potesse uscire dalla merceria prima di un’ora e senza averla completamente svuotata.
Inutile dire che al passaggio dell’incantevole ragazza, molti colli maschili si torsero, altrettante mandibole caddero lasciando aperte le corrispondenti bocche in un’espressione ottusa, e svariati sguardi femminili le si puntarono addosso, acuminati e ostili.
Tutti i lampioni del borghetto si accesero anzitempo.
Tarallo frattanto era andato difilato nella sacrestia della Chiesa di Sant’Ampelio, patrono di Castel di Borbolonzo, in onore del quale si svolgeva la Sagra degli strippozzi.

Chiesa di Sant’Ampelio

Parlò una mezzoretta con Don Aristide, il parroco, in cerca di suggestioni mistiche o antropologiche riguardanti la festa popolare e la venerazione per il Santo Patrono.
Il prete invece, un esemplare di grossa taglia con occhiali spessi ed una sudorazione contundente che poteva rivaleggiare con quella del Direttore Rapallo, più che riferire delle celebrazioni e della fede dei paesani, lo intrattenne con un noiosissimo e pedante pistolotto sull’insufficienza dell’otto per mille e degli altri contributi statali che arrivavano alla parrocchia.
Lallo, non senza fatica, riuscì a districarsi da quel fitto roveto di lamentele e si buttò deciso nel Bar Centrale, locale di ristoro che fungeva anche da circolo ricreativo per i borbonzolesi, senza distinzione di ceto. 

Qui ebbe più fortuna: Teodoro Malpignani, un ex dirigente dell’ufficio catastale, coperto di polvere come una pratica inevasa e che a tempo perso si proponeva come storico ufficiale di Castel di Borbolonzo, gli raccontò minutamente la storia del paese a partire dai primi screzi a clavate tra gli abitanti in epoca neolitica, per giungere, dopo due ore di chiacchiera, una sorte di lenta eruzione, a trattare le ultime tre edizioni della Sagra degli Strippozzi.

Teodoro Malpignani

Fu preciso in modo devastante, non omise nemmeno i nomi dei più recenti vincitori della riffa legata alla festa, gente a cui la dea bendata aveva concesso di portarsi a casa gratis, nell’ordine: 

Una Vespa 50 Phantom special De Luxe offerta dalla Ditta Zoppelli & Rotula; 

Un Minibar Drink 30 Plus in acciaio pettinato, dono della Eurovomit srl;

Un asciugacapelli Stronkapel Force 100, messo in palio da “Testa Calda” di Squarciotti Lina, Parrucche, Scherzi Pelosi e Toupet elastici col rimbalzo. 

l’asciugacapelli Stronkapel Force 100

Tarallo uscì dal Bar Centrale barcollando come se gli avesse scolato tutte le riserve di Pernod.
Ora conosceva fin troppo minutamente il programma della festa e aveva fretta di ritrovare i compagni di gita: erano tutti in serio pericolo.
Aveva saputo infatti che era tradizione del Comitato Organizzatore fare delle retate tra i passanti per trovare un numero sufficiente di addetti al rimescolamento degli strippozzi durante la cottura.
Si trattava insomma di poveri disgraziati che dovevano stazionare accanto agli enormi pentoloni posti in ogni via del paese, e che, incuranti dell’enorme calore che si sprigionava da essi, dovevano rimescolare costantemente gli strippozzi per tenerli di buonumore e tirarli poi fuori un po’ al dente.
Lo strippozzo era purtroppo un tipo di spaghetto piuttosto carognesco: fatto con farina, acqua, truciolato stagionato, mosto di uva fragola e spinaci d’epoca polverizzati, necessitava di cure esagerate in fase di cottura. 

I terribili calderoni da strippozzo

Lallo recuperò Cervellenstein e Consuelo più avanti, lungo il Corso cittadino.
Ancora stordito dalla logorrea di Malpignani, baciò la sua donna come se non la vedesse da anni e anni, come se fosse appena tornato in vita. Quanto a Cervellenstein, sostava davanti alla bottega di Angelino Peronace, il barbiere ufficiale del borgo, ascoltando con attenzione qualcosa che questi, un soggetto molto agitato, andava raccontandogli:

“M’ha capito Professò? Mi si rigirarono le budelle: io chille sandalazze todesch brutt, nun li supporte proprie, me fanno rimescolà lo sangue.
Così so cercate de sfilargliel e de tirargliele in testa!”.

Perfino Lallo, che non era uno specialista come il Professore, riconobbe subito in quel figaro di paese un fratello di patologia di Omar Tressette. altrettanto divorato dalla idiosincrasia per una nota marca germanica di sandalazzi.

Angelino Peronace, il barbiere ufficiale del borgo

“Mondo piccolo”, pensò Tarallo fuggevolmente, e tornò a stringersi a Consuelo. 

Mise poi al corrente gli amici del pericolo che correvano, quello cioé di essere reclutati a forza tra i rimescolatori di strippozzi, e tutti, debitamente impressionati, concordarono che sarebbe stato più utile restare nascosti, almeno per la successiva mezz’ora, perché la muta dei reclutatori sicuramente stava per mettersi in moto per razziare dei poveri innocenti. 

Dora però ancora non si vedeva, ma con tutto ciò i tre amici non potevano comunque permettersi di rimanere inerti.
La cercarono con discrezione, percorrendo senza farsi notare una viuzza buia, parallela al corso.
Entrati nella merceria trovarono la vecchia negoziante, ebbra di felicità, che teneva ben sollevata in mano una coppa di spumante. La fecero parlare:

“La signora s’ha cumprat ‘no sacc de reggisen e ‘na tonnellat de cammise da nott: è ascit cinque minut fa pe posà tutta chella robba nella macchina”.

Cervellenstein  e gli altri due si avvicinarono cautamente  alla decappottabile parcheggiata in piazza: l’interno era sommerso di biancheria intima dai colori che sarebbero stati ben percepiti anche da Tiresia, ma di Dora non c’era neanche l’ombra.

Dora

Subito dopo furono costretti a nascondersi dietro l’automobile: avevano visto avvicinarsi un gruppetto di gente losca.
Indossavano ingombranti cappelloni bianchi e nelle mani stringevano armi da cuoco, mestoloni e forchettoni.
Stavano trascinando di malgarbo un tizio dall’aria spaventata a cui avevano infilato addosso un grembiule dalla tetra allegria, con stampata su la ricetta degli strippozzi. 

Costui, evidentemente una vittima della retata, veniva avviato ai lavori forzati, ai terribili pentoloni di cottura della pasta.
Avevano avuto appena il tempo di ritirare su la testa, che Tarallo, Consuelo e il Professore sentirono una musica sgangherata farsi strada prepotentemente.
Qualche minuto dopo sfilò la processione.
La statua di Sant’Ampelio, nella classica iconografia in cui, barbutissimo e con la tiara vescovile in testa, tiene nella destra una clava fiorita di nasturzi e nella sinistra un elettore di sinistra, era preceduta dalla banda musicale del paese e dal gruppo delle majorettes.

La banda, stonatissima, era composta esclusivamente da elementi di età estreme: i fiati erano suonati, con gli esiti immaginabili, da ottuagenari con l’enfisema, mentre le percussioni, iperattive e rumorosissime, erano affidate a bambini di età compresa tra i sei e i dodici anni.
  Con enorme sorpresa, il nostro gruppo di amici, tra le altre majorettes pacchianamente vestite, vide sfilare Dora. La bella signora gli passò davanti scoccando loro un’occhiata disperata.
Evidentemente la donna, per sfuggire ai reclutatori ed evitare così gli infernali calderoni degli strippozzi, aveva trovato una via di scampo arruolandosi nel corpo delle majorettes…

(continua)  

Luminarie a festa a Castel di Borbolonzo

Lallo Tarallo, giovane sin dalla nascita, è giornalista maltollerato in un quotidiano di provincia.
Vorrebbe occuparsi di inchieste d’assalto, di scandali finanziari, politici o ambientali, ma viene puntualmente frustrato in queste nobili pulsioni dal mellifluo e compromesso Direttore del giornale, Ognissanti Frangiflutti, che non lo licenzia solo perché il cronista ha, o fa credere di avere, uno zio piduista.
Attorno a Tarallo si è creato nel tempo un circolo assai eterogeneo di esseri grosso modo umani, che vanno dal maleodorante collega Taruffi, con la bella sorella Trudy, al miliardario intollerantissimo Omar Tressette; dall’illustre psicologo Prof. Cervellenstein, analista un po’ di tutti, all’immigrato Abdhulafiah, che fa il consulente finanziario in un parcheggio; dall’eclettico falsario Afid alla Signora Cleofe, segretaria, anziana e sexy, del Professore.
Tarallo è stato inoltre lo scopritore di eventi, tra il sensazionale e lo scandaloso, legati ad una poltrona, la Onyric, in grado di trasportare i sogni nella realtà, facendo luce sulla storia, purtroppo non raccontabile, di prelati lussuriosi e di santi che in un paesino di collina, si staccavano dai quadri in cui erano ritratti, finendo col far danni nel nostro mondo. Da quella faccenda gli è rimasta una sincera amicizia col sagrestano del luogo, Donaldo Ducco, custode della poltrona, di cui fa ampio abuso, intrecciando relazioni amorose con celebri protagoniste della storia e dello spettacolo.
Il giornalista, infine,è legato da fortissimo amore a Consuelo, fotografa professionista, una donna la cui prodigiosa bellezza riesce ad influire sulla materia circostante, modificandola.

Lallo Tarallo è un personaggio nato dalla fantasia di Piermario De Dominicis, per certi aspetti rappresenta un suo alter ego con cui si è divertito a raccontarci le più assurde disavventure in un mondo popolato da personaggi immaginari, caricaturali e stravaganti

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