Filiberto Sbardella – la terra è di chi la coltiva – 2

Capitolo 2

Filiberto Sbardella

(…) Come dicevamo, nel 1943 l’attività artistica di Filiberto Sbardella vede una brusca interruzione. Il fratello Mario lo richiama a Roma per aderire alla lotta partigiana e Filiberto, giunto nella Capitale, prende contatti con il gruppo di Ezio Malatesta, Salvatore Riso, Raffaele De Luca, Orfeo Mucci, Aladino Govoni. Frequentatore dei socialisti diretti da Basso, Filiberto lascia il MUP e si unisce al Movimento Comunista d’Italia, detto anche Bandiera Rossa– dal titolo dell’omonimo giornale a diffusione clandestina – erede della formazione politica denominata Scintilla, che ha lo scopo di contrastare le azioni repressive nazifasciste nella Capitale. 

Bandiera Rossa è la più grande forza partigiana nella Roma occupata, ed ha militanti nelle varie borgate romane e nei paesi limitrofi (Filiberto Sbardella infatti è già  inserito nel cosiddetto “Fondo radiati” assieme a diversi altri antifascisti che operano nei territori laziali di Latina e provincia).
La riunione fondativa avviene nella seconda metà dell’agosto 1943, e successivamente viene formato un comitato esecutivo composto da 16 membri, tra cui lo stesso Sbardella.

Il movimento, costituito da bande interne e bande esterne, prevede anche un comitato per la stampa e propaganda, un comitato per il finanziamento e i servizi tecnici, e varie bande speciali di una organizzazione giovanile (detta COBA, in cui milita la stessa Gloria Chilanti).
Molte sono le azioni armate e di sabotaggio contro i nazifascisti, e   dopo la conseguente ondata di arresti, a fine gennaio, Poce e Sbardella fondano un nuovo gruppo armato denominato Armata Rossa.
Il 24 marzo 1944, in risposta all’attentato di via Rasella, i nazifascisti trucidano un gran numero di partigiani nel noto eccidio delle Fosse Ardeatine, dove perdono la vita anche molti esponenti di Bandiera Rossa. Filiberto Sbardella in quella occasione prova a scrivere una lettera a Eugen Dollmann chiedendo di interrompere la fucilazione, ma quel tentativo non ha gli effetti sperati.
Il 4 giugno 1944 Roma viene liberata, ma le azioni di scontro durano ancora. Il movimento si scioglierà di lì a poco, e i componenti del movimento transiteranno nei vari partiti politici di sinistra dell’epoca: Filiberto ottiene dopo qualche tempo la tessera del PC, ma molti altri validi partigiani sono ignorati.

Tessera del Partito Comunista Italiano del 1945

Di quei mesi, di quelle azioni e rappresaglie, oggi ci restano le tante testimonianze dei diretti interessati, raccontate nei libri e nei documenti rinvenuti: Carla Capponi – combattente nelle fila dei GAP, Gruppi d’Azione Patriottica – racconta di come un giorno nello studio dello scultore Franchina a Roma, in via Margutta, incontra uno dei capi di Bandiera Rossa, che dopo averla fatta accomodare su un piccolo ballatoio dal quale si accedeva da una scala di legno, poggiando un revolver sul tavolo le disse noi le spie le facciamo fuori”: quell’uomo era Filiberto Sbardella, del quale Carla diviene intima amica e compagna di partito fino alla sua morte.

Carla Capponi all’epoca della Resistenza

Ma  validi partigiani sono anche i due fratelli di Filiberto, Bruna e Mario: a casa di Bruna, in via della Goletta 19  – racconta Matteo Matteotti – e poi a casa del suo futuro marito in via Gonfalonieri, spesso si riuniscono i comandanti di Bandiera Rossa per pianificare le azioni sovversive. Mario invece, catturato nel gennaio del 1944, e detenuto nel carcere di Regina Coeli, viene poi deportato nel campo di concentramento di Dachau, nonostante l’interesse personale di Pio XII per la sua liberazione: vi giunge nell’aprile del 1944 e ci resta per più di un anno, fino alla liberazione, avvenuta per mano degli alleati. 

Si può dire che questo periodo sia lo spartiacque tra la prima e la seconda metà della vita di Filiberto Sbardella. Uno spartiacque sporco del sangue dei tanti amici partigiani caduti, e che sicuramente segna in maniera profonda il suo animo: negli anni successivi egli abbandona quasi definitivamente la pittura, forse troppo legata ad un’epoca lontana, quella fascista, che ovviamente non gli corrisponde – lo vediamo infatti in poche altre mostre, dedicate tra l’altro ai suoi amici caduti, come quella intitolata 24 marzo 1953– intraprendendo in maniera quasi totalizzante l’attività di architetto, e progettando opere private e pubbliche in una Italia da ricostruire, così come all’estero. 

Ma Filiberto non abbandona la fede politica, lo vediamo operare in uno dei comitati provinciali dell’ANPI, scrivere su periodici come Movimento Nuovo Voce Partigiana,  frequentare gli amici di partito come Cesare Gatti e Giorgio Conforto (l’agente del Kgb), e lo stesso Sandro Pertini, conosciuto anni prima durante la lotta partigiana, che tra il ’78 e il ’79 lo riceve numerose volte in udienza al Quirinale.

Sandro Pertini

Questi sono anni difficili, il terrorismo stragista e il delitto Moro infettano e spaventano gli animi degli Italiani, e non a caso il nome di Filiberto Sbardella compare prima nelle liste del SIFAR – nel dossier che raccoglie una schedatura di tutti i politici, militari, e uomini di cultura più influenti in quel periodo – e poi nella lista dei “politici sovversividi sinistra che il Piano Solo” (tentativo di colpo di Stato ideato dal Comandante Giovanni De Lorenzo nel 1964, poi sventato) prevedeva di arrestare e confinare in una località segreta della Sardegna.  
Nel 2018 infine lo vediamo citato all’interno dei documenti da poco desecretati riguardanti il “Caso Moro”e utilizzati nella nota inchiesta di Gero Grassi.

Gero Grassi

Questi due anni di ricerca e ricostruzione della figura e della storia di Filiberto Sbardella, per certi versi emblematica e misteriosa, ci suggeriscono come quest’uomo abbia di fatto vissuto a pieno la sua epoca, attraversandola in ogni sua circostanza e avvenimento, restando però sempre fedele a se stesso e alle sue idee.
Si materializza così l’immagine di un personaggio  che non ha mai accettato compromessi, che non si è mai venduto al miglior offerente, e che ha fatto della integrità, del sacrificio, del lavoro,  i suoi valori morali.
Aspetto questo che si evince, per esempio, dai racconti di chi lo ha conosciuto e frequentato, e nelle parole che sua moglie Carla De Benedetti scrive in una rara e nostalgica lettera a lui dedicata e pubblicata il 25 aprile 2008 sul suo blog Venti da sinistra, ricordandolo come l’ultimo comandante rimasto in vita della più nota formazione partigiana romana.

(continua…) 

Filiberto Sbardella – Autoritratto 1929 –

Pasquale Biagio Cicirelli è nato in provincia di Matera nel 1976, Sociologo ed Educatore, è appassionato di fotografia e teatro.
Ha pubblicato: Il Profilo dei minori in affidamento, indagine sulla realtà meridionale (2014), e Adolescenti nella società delle dipendenze (2016).
Ha curato la pubblicazione delle sillogi del poeta Gianluigi Miani, La Scalata (2014), e Fede o Sete (2016), nonché degli omonimi eventi teatrali e culturali.
Nel 2016 ha realizzato, in collaborazione con l’artista Giuseppe Rellini, il cortometraggio Claudia, e nel 2019 il docufilm Filiberto Sbardella – la terra è di chi la coltiva, legato all’omonimo progetto letterario.

2 commenti su “Filiberto Sbardella – la terra è di chi la coltiva – 2

  1. Storicamente ci sono stati diversi tentativi di tornare ad un regime, in Italia, che è stata la nostra pagina più triste e dolorosa dal punto di vista civile. Chi voleva e chi vuole raggiungere il potere in modo spiccio e quindi arrogante se non violento ripropone ogni volta la divisione in due o più schieramenti. Siamo o possiamo diventare facilmente strumento di questo tipo di schieramenti anche attraverso il lavoro, la professione, la cultura e l’arte. Schieramenti che usano modalità sempre più subdole cui cadono anche tanti di noi in buona fede. La storia che si ripete negli ultimi 100 anni o che tentano di ripetersi anche per la nostra scarsa conoscenza o superficialità o per incapacità storica ad elaborare gli avvenimenti. Ne è la prova che tante figure che hanno fatto la storia e soprattutto l’Italia, dopo 74 anni dalla fine della guerra siano ancora sconosciute. Figure come quelle di Filiberto Sbardella che, probabilmente, non raccontavano con facilità un passato tragico e doloroso che, invece, se fossero note, allontanerebbero per sempre certe tentazioni. Invece, ancora una volta, il male urla e viene subito rilanciato, il bene è spesso silenzioso, operoso e, purtroppo, sconosciuto. Figure coerenti, fedeli ai propri ideali e valori da difendere a rischio della propria vita potrebbero apparire troppo lontane da una mentalità sociale che fa emergere e valorizzare invece il denaro, il potere, il successo fine a se stessi, quindi senza ideali o valori. Artisti che avrebbero potuto coltivare il proprio successo con facilità e che invece cambiano integralmente anche ambito di espressione per non valorizzare o rischiare di valorizzare un sistema, una politica avversata in modo totale. Ma c’è anche un interrogativo finale: certe liste con le persone libere e contrarie a metodi totalitari esistono ancora? E in caso positivo a chi sono in mano e perché?

    1. Ciao Giorgio, intanto ti ringrazio per aver lasciato questo tuo commento a questo articolo. Spero ti sia piaciuto, e che ti abbia incuriosito. Condivido quanto dici, purtroppo la realtà politica attuale in Italia, ma forse anche nel resto dell’Europa (e mi fermo qui) non lascia ben sperare. Questa estate abbiamo assistito davvero ad ogni sorta di avvenimento che a mio parere danno il senso di quanto questo nostro Paese abbia davvero bisogno di ritrovare se stesso. Forse, partendo proprio dalla storia, dalle nostre radici, dal nostro passato, forse troppo facilmente dimenticato. La nostra Repubblica, la nostra Costituzione, sono il frutto di grandi sacrifici, di grandi rinunce e sofferenze. sono l’eredità lasciataci dai grandi della nostra Storia. E spero davvero che in futuro riusciremo ad essere in grado di dar loro la giusta riconoscenza.
      Filiberto Sbardella, la sua storia dimenticata, il suo pensiero, i suoi scritti, mi hanno davvero colpito, e per questo ho voluto condividerli con tutti voi. Era un uomo dai forti valori morali, che è stato sempre fedele a se stesso e sempre coerente, non si è mai venduto, abbassato, umiliato, pagando tutto ciò a caro prezzo, probabilmente. Ho ammirato il coraggio delle sue idee, e la passione che ha usato in ogni suo operato, artistico o politico che fosse. Un uomo d’altri tempi, che meritava, e merita, il giusto riconoscimento.
      Alla domanda che esponi alla fine del tuo commento, ahimè non so risponderti. Certo, credo però che molto dipenda da ogni singola persona, da ognuno di noi, e dalle responsabilità di ogni singolo uomo, cittadino: non possiamo stare sempre a guardare, e criticare, credo che proprio in questo periodo storico, la nostra nazione abbia quanto mai bisogno delle azioni e del pensiero di ogni singolo individuo che la compone. Non credo nei salvatori della patria, ma nella coesione e responsabilità di un grande e antico popolo come è il nostro. Può sembrare retorico e populista questo mio pensiero, ma sono convinto che ognuno di noi abbia la responsabilità, da cittadino, di occuparsi della cosa pubblica, a cominciare dalle piccole cose quotidiane. Dobbiamo riscoprire il senso civico.
      Grazie ancora per il tuo commento. P

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