Vaffa il Gurū, va…

Parte prima

Una premessa dell’autore, un’avvertenza al lettore.

Gyro Gearloose è convintamente laico, rispettoso del pluralismo culturale al punto da voler garantire pari dignità ad ogni culto religioso e ad ogni prassi o filosofia morale connesse al culto.
E’ equidistante da ogni credenza e sensibilità religiosa, sprovvisto di ogni fede, mai sfiorato dal soffio del divino, che non lo ha quindi mai attratto o illuminato, né a regime assoluto (monoteismo), né a regime condominiale (politeismo), né su scala familiare/locale (LariPenatiGenii loci), né su scala cosmica/globale (Pantheon EgizioIndùNorreno, Olimpico).

Al massimo, in rari momenti di ottimismo, ha nutrito una timida fiducia verso l’uomo, nella speranza che le sue sorti potessero esseri migliori e progressive, parrebbe però una fiducia mal riposta…

Pertanto, l’autore non farà ricorso alla notazione temporale a.C./d.C. per non fare riferimento specifico ad una figura religiosa a scapito di altre; oltretutto, pare che Gesù sia nato circa sette anni prima della data convenzionale. Onde evitare contraddizioni e/o preferenze accordate ad una particolare religione, si adotterà perciò la notazione AEV/EV, sigle che stanno ad indicare Avanti Era Volgare oppure Era Volgare[1]

Negli studi e nelle inchieste sulla conoscenza scientifica della popolazione, in quasi tutti i paesi del mondo, è ricorrente la domanda: «ricorda il nome di un matematico?»; ed è quasi scontata la risposta:

«Pitagora!».

Pitagora

Ma, nonostante sia ben noto ad ogni scolaro, fin dalla più tenera età scolare e su scala pressoché planetaria, quindi non un «Carneade»[2] qualsiasi, di cui non si è mai sentito il nome, riguardo la vita del nostro personaggio non si sa quasi nulla: «Pitagora, chi era costui?».

Eppure pochi personaggi storici hanno avuto una fama così vasta e sono considerati altrettanto fondamentali, con ricadute culturali, filosofiche e scientifiche, che ne richiedono lo studio in due autonomi programmi scolastici, sia nelle aule di filosofia che in quelle di matematica.

Questo è tanto vero che un celebre studioso disse di lui: «Non so di nessun altro uomo che abbia avuto altrettanta influenza nella sfera del pensiero. […] Ciò che appare come il platonismo, si trova già, analizzandolo, nell’essenza del pitagorismo. L’intera concezione di un mondo eterno rivelato all’intelletto, ma non ai sensi, deriva da lui. Se non fosse per lui, i Cristiani non avrebbero pensato a Cristo come al Verbo; se non fosse per lui i teologi non avrebbero cercato prove logiche di Dio e dell’immortalità. E io non avrei scritto questo magnifico pensiero» [3]

Cosa sappiamo realmente sulla sua vita ed il suo pensiero? 

Pitàgora (in greco Πυϑαγόρας, in latino Pythagŏras) fu un matematico e filosofo del secolo 6º AEV.

Figlio di Mnesarco (mercante ionico attivo nella città libanese di Tiro) e di Pythais, nacque a Samo tra il 580 e il 570 AEV, non molto distante dalla città costiera di Mileto, dove visse il famoso filosofo Talete, il primo di una ricca compagine di pensatori greci che forgiarono il mondo intellettuale per millenni a venire. Apollodoro colloca la sua acmè nel 532-531 AEV.

Anassimandro

Fu scolaro di Ferecide e di Anassimandro, il più noto degli allievi di Talete, con cui ebbe inizio la caratteristica tipicamente greca di dimostrare i risultati in matematica.

Sembra certo che in gioventù abbia intrapreso innumerevoli viaggi, alcuni quasi leggendari e rispondenti al topico letterario della formazione del genio, visitando i centri più importanti delle civiltà del mondo antico: l’Egitto e la Persia, dove pare abbia vissuto venti anni, a Babilonia, prima studiando e poi insegnando astrologia/astronomia e geometria/matematica.

Ritornato a Samo, trovò la sua isola natale sottomessa al dispotico giogo del tiranno Policrate, così ripartì per l’Egitto, portando avanti ulteriormente i suoi studi sotto la guida dei sapienti sacerdoti egizi.

Quello che è certo, e che avvenne intorno al 529 AEV, è il suo trasferimento dalla Grecia in Italia meridionale, a Crotone, dove si stabilì e fondò la celebre scuola filosofica, che è considerata fonte e origine della cosiddetta «filosofia italica».

La scuola pitagorica di Crotone

Una comunità ascetica, con intenti di rigenerazione morale e politica che per un certo tempo acquisì un notevole prestigio, si consolidò nella società esercitandovi una notevole influenza, finché gli abitanti di Crotone non insorsero contro di lui, per cause ignote, costringendolo ad abbondonare la città e rifugiarsi a Metaponto, dove morì intorno al 500 AEV.

Secondo alcuni, ciò fu dovuto al fatto che l’ammissione e le prove d’iniziazione erano molto selettive e potevano durare anni. Pare così che alcuni uomini, delusi per essere stati scartati, diedero fuoco alla casa dove si trovava il maestro con alcuni discepoli, costringendoli alla fuga dalla abitazione in fiamme e dando inizio alla conseguente diaspora della comunità.

Sulla morte di Pitagora circolano molte leggende, tanto che non è facile orientarvicisi; una delle fonti narra che i nemici lo inseguirono fino ad una campo di fave, ortaggi proibiti nei suoi precetti, tanto che preferì morire piuttosto che attraversarlo.

La sua, quindi, più che una scuola, pare che fosse una setta, governata da una serie di prescrizioni rigorose.

Non una confraternita ma un raggruppamento di famiglie, da alcuni considerato un prototipo, il modello ideale di società, che Platone descriverà nella Repubblica, in cui la proprietà era della comunità ed i membri dovevano praticare il decoro e la moderazione.[4]

Platone

I capi più importanti praticavano il celibato ed erano ammesse pure le donne, ed in condizione di parità, una vera rarità per l’epoca (e non solo).

A riprova di ciò, dopo la morte di Pitagora, a capo di una comunità ormai in estinzione ed i cui membri furono in parte esiliati, in parte uccisi dagli abitanti di Crotone, secondo alcune fonti, gli succedette Teano.

Teano è considerata la più famosa cosmologa, filosofa e matematica della scuola pitagorica; un’eccellente guaritrice che proprio in campo medico elaborò concetti interessanti ( ad esempio, la teoria del corpo umano come microcosmo, copia del macrocosmo, costituito dall’intero universo) che, nei secoli successivi, saranno ripresi dalla fisiologia, da Ildegarda di BingenParacelsoTommaso Campanella.

Teano venne a volte identificata come la giovane moglie, altre volte come la figlia di Pitagora, l’incertezza derivando dal fatto che la segretezza era una regola essenziale della scuola pitagorica.
Donne e uomini studiavano insieme e insieme facevano ricerche e scoperte. Per questo motivo, benché le vengano attribuiti diversi scritti di matematica, astronomia, filosofia e medicina, non è stato possibile stabilire con certezza se essa ne fosse stata effettivamente l’autrice. 

Tuttavia, sette sue lettere pervenuteci sono considerate autentiche e con un contenuto epistolare assai interessante, in quanto offre consigli alle donne sul comportamento da tenere nei confronti dei figli, sui rapporti di coppia, sull’ideale della giusta misura fra eccessi e difetti.

La tradizione narra anche che Pitagora ebbe dalla moglie tre figlie (MyiaDamoArignote, tutte filosofe) e due figli (TelaugesMnesarchus): e forse fu Damo,[5]con i suoi figli, a guidare la scuola, dopo la morte del padre. Altri affermano invece che Damo si risposò con Aristeo, che divenne lo scolarca dopo Pitagora[6]

Pitagorici celebrano il sorgere del sole
Dipinto di Fëdor Bronnikov, 1869

Teano e le sue figlie si adoperarono inoltre a diffondere il sistema filosofico e religioso pitagorico attraverso la Grecia e l’Egitto.

Secondo un’altra credenza, Pitagora affidò a Damo la custodia dei suoi manoscritti (hypomnematà) dopo la sua morte:

«[…] la incaricò di non divulgarli a nessuno che fosse al di fuori della sua casa. E lei, sebbene avrebbe potuto vendere i suoi discorsi per molto denaro, non li abbandonò, poiché giudicò la povertà e l’obbedienza ai comandi di suo padre più preziosi dell’oro. Si dice che anche Damo, quando morì diede lo stesso incarico alla sorella Bistala». [7]

Questa sorella di Damo, Bistala, non rientrerebbe però nel computo delle figlie tradizionalmente attribuite a Piatagora: famiglia allargata? Boh…

Riguardo al contenuto di quei testi, Giamblico scrive che «Pitagora compose il suo trattato sugli dei e ricevette l’assistenza di Orfeo, perciò quei trattati teologici sono sottotitolati, come i sapienti e fidati pitagorici affermano, da Telauges; presi dai commentari lasciati da Pitagora stesso a sua figlia, Damo, sorella di Telauges […]».

Come che sia, dopo la sua morte, Pitagora assurse a figura mistica, cui furono attribuiti miracoli e poteri taumaturgici, fino a farne uno dei personaggi più interessanti e sconcertanti della storia.

Pitagora

In alcune «Vite di Pitagora», composte nel periodo del tardo neoplatonismo e del neopitagorismo, il filosofo viene presentato come figlio del dio Apollo e cugino di terzo grado di Sansone, giungendo a considerarlo di tutto e di più: profeta, guaritore, mago. 

Pitagora non lasciò nulla di scritto, le opere «Tre libri» e «Versi aurei» vanno ascritte ad autori pitagorici sconosciuti, che li scrissero in epoca cristiana o di poco antecedente.

Si tenga presente che, alla scarsità delle fonti, c’è da aggiungere pure la scarsità del materiale scritto, dal momento che la pergamena era allora lungi da venire e, presso i Greci, la trasmissione del sapere viaggiava oralmente, contrariamente a quanto avveniva in Egitto con i papiri o in Mesopotamia con le tavolette d’argilla.

I «Versi aurei» sono una lista di precetti che regolavano la vita dei pitagorici, i primi quattro coincidono in modo sorprendente con i primi quattro comandamenti, altri coincidono quasi alla lettera con i comandamenti cristiani, di cui furono sicuramente un’ispirazione.

Quei precetti a volte possono apparire strani ma il loro scopo era molteplice: dare regole alla comunità, scrivere aforismi per favorire l’austerità e stimolare lo studio. Tra i molti, che li seguirono o che suggerirono di seguirli, sono da annoverare pure CiceroneOrazioSeneca.

I cinque principi fondamentali dei pitagorici hanno avuto un’influenza enorme sul pensiero umano:

  1. Il cosmo esiste per un piano superiore, la realtà ultima è spirituale (idee di numeroforma);
  2. Le identità spirituali sono le anime, che albergano nei corpi per un tempo limitato, passando poi di corpo in corpo, in un ciclo eterno di reincarnazione (metempsicosi), da cui il loro vegeterianismo;
  3. Il cosmo è il teatro  di armonia ed ordine, come è dimostrato dalla unione di 10 coppie di opposti (pari/dispari, maschile/femminile,  bene/male, umido/secco, destra/sinistra, quiete/moto, freddo/caldo, luce/oscurità, retto/curvo, limitato/illimitato);
  4. L’amicizia e la modestia sono le relazioni umane fondamentali, uomini e donne devono vivere una vita ascetica, allevando figli in armonia e in comunione;
  5. numeri sono le idee più pure dell’intero cosmo, il loro studio è un cammino verso la perfezione.

La dottrina considerava al centro del cosmo il fuoco e attorno a esso, in orbite concentriche, i vari pianeti fino alla sfera estrema, racchiudente il tutto e formata anch’essa di materia ignea.

Tra la Terra e il fuoco centrale era collocata l’antiterra (ἀντίχϑων), che girava solidalmente alla Terra intorno al fuoco in 24 ore. In tal modo l’antiterra impediva che i raggi del fuoco raggiungessero direttamente la Terra e risultava invisibile dall’emisfero abitato, perché questo, nella sua rotazione, era sempre rivolto verso l’esterno della sfera. I raggi del fuoco centrale pervenivano all’emisfero abitato solo perché riflessi dal sole (che ruotava in un’orbita più ampia). Quando la terra si trovava dalla parte del sole si aveva il giorno, in caso contrario la notte.

La reincarnazione (metempsicosi) era la credenza nella trasmigrazione delle anime da un corpo a un altro (anche di diversa specie) dopo la dissoluzione. Si tratta di una delle dottrine di Pitagora più spesso richiamate dalla letteratura cristiana; ora per accentuarne le affinità con l’insegnamento cristiano (corpo come carcere, l’anima immortale rinchiusa in esso nell’attesa della liberazione verso una beatitudine di vita incorporea, in un mondo più alto), ora per drammatizzarne le differenze (negazione dell’individualità dell’anima umana, sua uguaglianza con quella degli animali bruti, vegetali e miniere). [8]

Non è difficile scorgere, dietro questa intima fusione di ragionamento e religione, la dottrina intellettuale che caratterizzerà il pensiero occidentale, da Platone fino a Sant’Agostino e Tommaso d’Aquino, sfociando poi in Cartesio, Spinoza e Leibniz.

Quindi, in conclusione, ciò che caratterizzò l’insegnamento pitagorico è la considerazione del numero come essenza di tutte le cose («tutto è numero»), in quanto ogni aspetto del reale veniva ricondotto a una reciproca relazione o armonia di quantità numerabili (modello per eccellenza era ritenuta la concordanza dei suoni, la synphonia, realizzata nella musica attraverso intervalli matematici).

Secondo AristossenoPitagora «elevò l’aritmetica al di sopra dei bisogni dei mercanti», a lui ed alla sua scuola si deve la distinzione tra logistica e aritmetica, cioè tra le regole pratiche di calcolo sui numeri (interi) e la scienza dei numeri.

Tralasciando il celeberrimo teorema omonimo – secondo molti, il più famoso della storia – e senza entrare ora nei dettagli tecnici di altre scoperte matematiche – vere o presunte – di cui si dirà qualcosa in più nella prossima puntata, quel che segue è un semplice elenco di alcuni risultati originali:

  • numeri suddivisi in classipari, dispariparimpari (1-monade);
  • la definizione dei numeri amicabili e dei numeri perfetti;
  • la rappresentazione geometrica dei numeri interi mediante gruppi di punti disposti in modo da formare figure geometriche regolari, ciò che permise ai pitagorici di conseguire risultati importanti relativi ai quadrati perfetti, alla somma dei termini di una progressione aritmetica, etc.;
  • il teorema secondo cui la somma degli angoli interni di un triangolo è uguale a due angoli retti;
  • la risoluzione geometrica delle equazioni di 2º grado
  • i primi elementi della teoria delle proporzioni e della similitudine
  • la scoperta degli incommensurabili
  • la costruzione dei «corpi cosmici», cioè dei 5 poliedri regolari, o almeno di alcuni tra di essi.

Questa prima parte, per così dire d’introduzione alla vita del personaggio storico, termina con una considerazione proprio sul periodo storico, il secolo 6º AEV che, oltre alla nascita di Pitagora (Πυϑαγόρας) , vanta anche quelle dei contemporanei Budda (Buddha), Confucio (Kǒng Fūzǐ), Lao-tze (Lǎozǐ), e scusate se vi par poco.

Vaffa il Gurū, va… e uno (Εἷς)


[1]La denominazione «Era Volgare» venne usata per la prima volta da Johannes Keplero, nel 1615, volendo indicare il concetto di «era secondo l’uso comune della popolazione». Gli acronimi EV (Era Volgare) ed AEV (Ante Era Volgare) sono spesso usati, soprattutto dagli scienziati, nelle indicazioni degli anni, al posto delle tradizionali (per l’Occidente) sigle “a.C.” e “d.C.”, al fine di renderle indipendenti da riferimenti religiosi, e quindi “politicamente corrette”.
In Inglese le sigle corrispondenti sono CE (Common Era) e BCE (Before Common Era). Non c’è rischio di confusione con la Banca Centrale Europea, perché in inglese la sigla relativa è ECB.

[2]Carneade, fu un filosofo greco vissuto attorno al 200 AEV, nato a Cirene e morto ad Atene. A causa di Manzoni, è oggi assurto a simbolo del perfetto sconosciuto. 

[3]Bertrand Russell (Storia della filosofia occidentale, Vol. I).

[4]Claudi Alsina, El Club de la Hipotenusa (Editorial Ariel, Barcelona 2008)

[5]Diogene Laerzio, VIII, 42-3

[6]Giamblico, Vita di Pitagora, 146

[7]Ps-Liside,’’Epistole’’, 7

[8]Treccani, Enciclopedia online (http://www.treccani.it/enciclopedia/pitagora/).

Continua…

Sotto l’eteronimo di Gyro Gearloose si cela un uomo rustico, a volte ruvido, fervido praticante di un libero pensiero, che sconfina in direzioni ostinatamente contrarie all’opinione comune.
Afflitto fin dalla nascita da una forma inguaribile di pensiero debole, simile all’agnosìa, prova a curarla con l’applicazione assidua di scienze dure.
E’ cultore di matematiche che, non capendo appieno, si limita ad amare da dilettante appassionato, sebbene poco ricambiato.
Si consola perlustrando sentieri poco battuti, per campagne e colline dove, tra le rovine del passato, resistono ancora bene l’ulivo e la vite.

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