L’autunno segnava il passo e se pure qualche vigorosa cascata di pioggia e vento aveva temporaneamente inzuppato la città, mandandola come sempre in crisi, le temperature continuavano a mantenersi sinistramente miti e gli ingegni migliori ancora non erano stati del tutto liberati dall’oppressione un po’ cogliona dei tormentoni caraibici dell’estate.
Ci si lamentava per il caldo, ci si lamentava per il freddo, ci si lamentava per scaricare i nervi.
Sconfessato e privato d’autorità delle sue funzioni condirettive dalla Proprietà del Fogliaccio, che mal aveva digerito la sua svolta ambientalista, l’ex condottiero Lello Rapallo, triste e stralunato, occupava ora una delle più periferiche scrivanie della redazione.
La zona dove allignava al momento, era quella specie di palude riservata ai caduti in disgrazia, ai supposti sovversivi e agli scherzi di natura.
Non distante dalla sua, resa in qualche modo suggestiva dai vapori odorosi e dalle nebbie provenienti dalla toilette, umori che la stringevano d’assedio lasciandola solo intuire, emergeva in tutta la sua frugalità la scrivania di Lallo Tarallo.
Quello spazio angusto godeva però fama di essere una centrale eversiva e veniva evitata dalla maggioranza dei giornalisti.
Alcuni di loro vi si avvicinavano cautamente, ma solo per sbirciare la foto di Consuelo, che riusciva ad essere abbagliante perfino dalla sua semplicissima cornice di legno.
Lello Rapallo sapeva bene che, nonostante la curiosa assonanza dei loro nomi, quello di Lallo Tarallo era un caso redazionale e umano molto diverso dal suo: di quel giornalista si poteva dire infatti che fosse nato già in disgrazia, compromesso dinanzi alle alte sfere sin dal suo esordio come modesta firma del giornale.
Era un donchisciotte, materia aliena in un consesso di pagnottari.
In redazione si mormorava che la Proprietà, pur odiandolo, lo avesse dapprima assunto e non licenziasse ora, solo per via della sua parentela con uno zio piduista, un tipo temibile che compariva negli elenchi di Villa Vanda già da quando portava i calzoni corti e allevava ranocchi urticanti.
Preda di una irrinunciabile vocazione al giornalismo d’inchiesta, Tarallo cacciava il naso nei roveti politico amministrativi, era dunque reputato un sovversivo e naturalmente del tutto inviso ad Ognissanti Frangiflutti, il mellifluissimo serpente che aveva per un certo tempo diviso con lui la direzione del Fogliaccio.
Al solo pensare a quel viscido fetente, a Rapallo gli si rizzavano in testa i fantasmi dei capelli perduti da tempo immemorabile.
Frangiflutti nei confronti di Lallo aveva la stessa considerazione che Dracula riservava ai cespi d’aglio e da sempre lo teneva confinato nella zona palustre e inospitale della redazione.
Ora lui, Rapallo, già direttore, guarda che nemesi, si trovava a dividere lo stesso lembo di Cayenna con quel campione di eccentricità!
Più lontana, ma sul piano olfattivo purtroppo vicinissima a quella di Rapallo, si stagliava la scrivania di Marzio Taruffi, cronista provinciale, ingombra di appunti, di incarti e di rimasugli di snacks.
Il suo tavolo, un malconcio arredo da lavoro che forniva la prova di un fatto prodigioso, ovvero che anche il legno possa arrugginire, sprigionava una aggressiva aura miasmatica, un lezzo quasi materico, ed era per questo reputato l’isola prediletta dai senzanaso.
Chi infatti, per capriccio di natura o in virtù di un qualche incidente, che so, magari a causa di un fendente di sciabola ricevuto da un pacifista di destra, fosse stato privo dell’appendice nasale, non avrebbe avuto alcun problema ad intrattenere normali rapporti di vicinanza col cronista Taruffi.
Chi al contrario, fosse stato ancora in possesso di una proboscide umana, più o meno funzionante, con froge, membrane, pelini e tutto l’armamentario occorrente per fiutare il mondo, si sarebbe ritrovato fortemente penalizzato dall’impatto con l’aromatico responsabile della cronaca provinciale.
Al di la delle sue abominevoli abitudini igieniche, a suo modo Taruffi era anche un brav’uomo, solo un po’ limitato.
Ad eccezione di ogni minutissima faccenda che avveniva nel territorio della loro cittadina di provincia, cose sulle quali era accanitamente informato, quel cronista ignorava del tutto ciò che si muoveva nel grande mondo.
Poteva nominare a memoria i membri del Comitato Organizzatore della Sagra della Salsiccia di Opossum, che si teneva in novembre a Roccapatacca, o quelli di tutti i responsabili della Pro Loco di Abbuffacalzetta, ma una foto di Capitan Papete, l’ex ministro Mattia Rozzini, o di Parrucchino Matto Donald, gli avrebbe detto poco o nulla.
Due giorni prima, e quel ricordo ancora faceva rabbrividire Rapallo, Taruffi gli si era avvicinato, circondato come sempre da un affettuoso sciame di moschini e di altri insetti dall’insolita morfologia.
Mentre tutti i ciclamini che ingentilivano la sua scrivania appassivano uno dopo l’altro, torcendosi penosamente, il puteolente collega, alludendo alla foto di Greta Thunberg incazzata nera, che lui teneva devotamente incorniciata, gli aveva detto, facendogli l’occhiolino ammiccante: “Carina! Chi è, la tua ragazza?”.
Ecco dov’era finito!
Lello scacciò un paio di moschini appartenenti alla flotta aerea di Taruffi che ancora gli ronzavano attorno e, triste come un credente mentre legge un’intervista a Ruini, cercò di concentrarsi sul lavoro.
Roba non facile.
Il boccone che doveva ingoiare era stato particolarmente indigesto: lo avevano declassato e trasferito alla cronaca rosa, un mondo insensato e scivoloso che gli era completamente estraneo.
Frangiflutti, quella melmaccia tossica, tenendo a freno a stento un gongolare tutt’altro che pallido e assorto, durante la riunione globale del mattino, quella che si teneva con tutta la redazione, di fronte alla ciurma ghignante dei giornalisti, gli aveva commissionato un articolo su un tema epocale, uno di quelli che poteva appassionare Rapallo quanto un ciddì di Tony Burro, il letale neomelodico integralista di Frattamaggiore.
L’argomento da trattare diffusamente avrebbe dovuto infatti essere il seguente: Ricky Martin ed il suo compagno avevano avuto il loro quarto figlio; si dovevano fornire tutti i particolari possibili dell’evento e stendere un resoconto suggestivo della felicità della coppia.
Rapallo deglutì: si sentiva vuoto dentro, perso come un renziano alla Festa dell’Unità.
Diede un’occhiata a Greta, come per attingere al suo straordinario coraggio, ma incidentalmente pensò che in fondo la ragazza dei suoi sogni doveva vedersela solo con Trump, Putin e Xi Jinping, mica con Frangiflutti e Ricky Martin!
Sospirando, chinò la testa.
Di sfuggita, pur se a grande distanza dal suo luogo di dolore, vide Tarallo che, sorridente e con un gran fascio di fogli in mano, andava a bussare alla porta della Direzione del giornale.
All’interno di quella stanza Ognissanti Frangiflutti, ancora una volta sorpreso mentre, fantasticando sul suo futuro, stava provandoselo, nascose in fretta l’elmo bicornuto del Partito Vichingo e solo dopo averlo ben riposto, strillò: ”Avanti!” con la sua vocetta un po’ afona.
Gli comparve dinanzi Lallo Tarallo, eccitatissimo, che senza far preamboli, partì a parlare come un torrente in piena: “Una bomba Direttore, aveva ragione lei: il mondo del burraco nasconde storie losche e sensazionali! Ho scoperto cose incredibili: gente che si gioca tutto, fortune che passano di mano in una sera, tradimenti, adulteri, manovre subdole e altro ancora.
E che nomi Direttore!
Tutto il gotha cittadino è infognato nel tunnel del burraco: ex amministratori, funzionari di enti ministeriali, professionisti, imprenditori, tangentisti, signore della buona società e non solo.
E’ venuto fuori che anche alti papaveri dell’imprenditoria nazionale sono coinvolti nei turbolenti giri burrachiani.
Si figuri che, con l’aiuto di un mio amico che è… diciamo… un consulente finanziario free lance, ho scoperto che un influente signore ha perduto al tavolo del burraco una villa principesca che possedeva sull’Argentario e non avendo più liquidità sufficiente quella sera, si è giocato pure, perdendola, la sua terza moglie, Ariel Lattughin, l’amatissima figlia astigmatica dell’ex Sottosegretario all’Allarme Sociale del vecchio governo, noto esponente del Partito Vichingo!…”.
Mentre Tarallo parlava senza quasi prender fiato, Frangiflutti sentiva il suo, di fiato, venir meno e le gambe farglisi fredde e molli come lombriconi depressi.
Sentì il bisogno di sedersi, ma appurò di essere già seduto da tempo.
“E vuol sapere chi è quel tale, Direttore? – riprese Tarallo con entusiasmo – Nientemeno che l’Ingegner Fosco De Tritis, figura legatissima al Ras delle discariche e personaggio di spicco in altre società importanti.
Pensi che coincidenza Direttore: lei mi aveva consigliato di lasciar perdere l’inchiesta sui rifiuti assegnandomi quella sul burraco, e dal burraco sono venuti fuori i rifiuti!
Ah Ah Ah!! Non è sorprendente?”:
Ognissanti Frangiflutti si era fatto cadaverico come un naziskin in una biblioteca, e raccogliendo un ultimo filo di voce, mormorò: “Lasci i suoi fogli sulla mia scrivania Tarallo, li leggerò con attenzione e… poi… vedremo.
Vada, vada Tarallo, vada, vada”.
Lallo Tarallo, giovane sin dalla nascita, è giornalista maltollerato in un quotidiano di provincia.
Vorrebbe occuparsi di inchieste d’assalto, di scandali finanziari, politici o ambientali, ma viene puntualmente frustrato in queste nobili pulsioni dal mellifluo e compromesso Direttore del giornale, Ognissanti Frangiflutti, che non lo licenzia solo perché il cronista ha, o fa credere di avere, uno zio piduista.
Attorno a Tarallo si è creato nel tempo un circolo assai eterogeneo di esseri grosso modo umani, che vanno dal maleodorante collega Taruffi, con la bella sorella Trudy, al miliardario intollerantissimo Omar Tressette; dall’illustre psicologo Prof. Cervellenstein, analista un po’ di tutti, all’immigrato Abdhulafiah, che fa il consulente finanziario in un parcheggio; dall’eclettico falsario Afid alla Signora Cleofe, segretaria, anziana e sexy, del Professore.
Tarallo è stato inoltre lo scopritore di eventi, tra il sensazionale e lo scandaloso, legati ad una poltrona, la Onyric, in grado di trasportare i sogni nella realtà, facendo luce sulla storia, purtroppo non raccontabile, di prelati lussuriosi e di santi che in un paesino di collina, si staccavano dai quadri in cui erano ritratti, finendo col far danni nel nostro mondo. Da quella faccenda gli è rimasta una sincera amicizia col sagrestano del luogo, Donaldo Ducco, custode della poltrona, di cui fa ampio abuso, intrecciando relazioni amorose con celebri protagoniste della storia e dello spettacolo.
Il giornalista, infine,è legato da fortissimo amore a Consuelo, fotografa professionista, una donna la cui prodigiosa bellezza riesce ad influire sulla materia circostante, modificandola.
Lallo Tarallo è un personaggio nato dalla fantasia di Piermario De Dominicis, per certi aspetti rappresenta un suo alter ego con cui si è divertito a raccontarci le più assurde disavventure in un mondo popolato da personaggi immaginari, caricaturali e stravaganti