Il sole, finalmente stabile dopo una stagione di piogge monsoniche, inondava le vie, le piazze ed i palazzi della cittadina, andando a picchiettare abbacinante contro le finestre della redazione del Fogliaccio quotidiano, assediate in permanenza dalla stessa fauna avicola che di solito volteggia intorno alle discariche.
L’anno arrivava stremato e tossicoloso al suo termine, invecchiato dal suo giocare con l’esistenza di tutti gli esseri terrestri.
Gli organismi viventi, tuttavia, non affrontavano in modo univoco quel periodo estremo di tempo.
La fine del vecchione, proprio come il resto delle cose, non era uguale per tutti.
Tra gli opossum, tanto per dire, in quei giorni, non si riscontrava infatti alcuna modifica nell’atteggiamento e nelle abitudini, e non mostravano quindi di essere in preda ad una particolare frenesia.
La medesima placidità, ma la si sarebbe potuta definire anche flemma, nel vivere gli ultimi giorni dell’anno, si registrava nei Tubulidentati, negli Artiodattili, negli Iracoidei, nei Perissodattili, nei Proboscidati e nei Sireni.
Il tapiro malese è un bestione che arriva a superare i tre quintali.
Ha una colorazione più tendente al nero rispetto ai suoi colleghi di altre zone, ed ha la groppa sormontata da una mantellina chiara
Questa è tanto caratteristica che lui viene chiamato anche “tapiro della gualdrappa”.
Chi credesse che questo animalone reagisca in modo parossistico all’avvicinarsi del termine dell’anno, incorrerebbe in un marchiano errore.
In effetti quel tipo di tapiro non dà segni di agitazione e non smette certo di introdurre in bocca, la sua razione di arbusti e piante acquatiche, servendosi della sua carnosa proboscide.
L’animale, dunque, a fine dicembre non muta contegno, anzi.
Recenti ricerche hanno dimostrato inequivocabilmente che il tapiro malese non ha la minima idea di cosa sia un anno e per quanto gli studiosi si siano dati da fare standogli addosso di continuo, nemmeno uno tra questi ungulati è stato mai sorpreso a sbirciare un orologio, magari sbuffando.
Figurarsi se loro, come pure i microbi, i batteri, i mosconi e i colibrì e tutti gli altri, possano preoccuparsi davvero della notte di San Silvestro e di come sfangarla!
Per gli esseri umani però, quel frammento di tempo diventa invece un casino gigantesco.
Di conseguenza, ben diversi nel comportamento dai tapiri della gualdrappa, come quasi tutta l’umanità, anche i redattori del Fogliaccio in quei giorni estremi sembravano in fibrillazione.
Tutti a chiedersi i programmi l’un l’altro, ossessivamente, tutti a telefonare, tutti a complottare, tutti ad esaltarsi o a scoraggiarsi, tutti pronti ad organizzarsi: tutti insomma erano in piena sindrome parossistica da Capodanno.
Ognuno però la viveva a suo modo.
Il Direttore, Ognissanti Frangiflutti, guardava fuori dalla sua finestra, e, confortato dalla luce di quella bella giornata, rifletteva sulle scelte fatte.
Aveva accettato di presiedere la Giuria del “Cicciscrive 2020”, un premio letterario riservato solo a bambini sovrappeso.
Una volta assorbito l’impatto con le prevedibili stucchevolezze narrative dei floridi minorenni, contava di unirsi agli altri membri della commissione per una cena danzante al “Tisbrano Conclasse”, il più vistoso dei locali cittadini.
E dato che tra i membri della giuria figurava anche il Segretario cittadino del Partito Vichingo, non si poteva sapere mai: con quel Capodanno poteva arrivare forse la sospirata e da lui negatissima candidatura a sindaco.
La sua mente, vezzeggiata da queste speranze, tornò a pascolare nel campo rigoglioso delle sue ambizioni.
Alla stessa ora in cui Frangiflutti sbrigliava così il suo arrivismo, i moltissimi giovani di Stoccolma che erano convenuti al Riksdag, guardavano sbalorditi l’unico essere umano il cui sudore dilagante riuscisse a lasciare due netti aloni ascellari nel pesantissimo cappottone di renna.
L’uomo, che per via dell’età non poteva certo essere uno studente, stava piazzato nella prima fila di una folla di mocciosi e strillava convinto “Skolstrejk fòr klimatet!” (Sciopero per il clima!).
Lello Rapallo, perchè sì, era lui quel tale, aveva infatti pensato di raggiungere nel fine anno la sua adorata Greta Tintin Eleonora Ernman Thunberg.
Era dunque arrivato in Svezia il giorno prima ed ora, mentre la ragazza arringava incazzatissima i suoi coetanei, l’ex condirettore del Fogliaccio, tanto vicino a lei da essere a tiro del suo amato fiato, stava a sentirla incantato.
Tutti comunque avevano organizzato qualcosa in vista del Capodanno, o meditavano di farlo.
In un altro angolo d’Europa, precisamente a Vienna, Abdhulafiah e Afid, girellavano tra le meraviglie dell’Albertina per gioire alla vista dei tesori grafici della sua collezione.
Con il solo illuminato suggerimento di Abdhulafiah, consulente finanziario ambulante, ad Artemio Patrasso, il ricco produttore di formaggi intelligenti a scadenza autorimandata, i due amici avevano messo su il malloppo per quel soggiorno.
Pochi sapevano infatti che le Gastrolux Privilegiate sarebbero salite alle stelle, e tra questi iniziati ai misteri borsistici l’amico di Tarallo era sempre, per motivi misteriosi, il più informato di tutti.
Da tempo programmato, quindi, quel fine anno nell’Austria Felix, a cui tenevano moltissimo, sarebbe culminato con la loro trionfante presenza nella Sala dorata del Musikverein per il famosissimo Concerto di Capodanno.
L’abilità artigianale di Afid aveva permesso ai due, in possesso dei migliori biglietti falsi mai stampati, di assistere a quell’evento per il quale si prenota anche con dieci anni di anticipo.
Ma torniamo ora all’atmosfera della redazione in quegli ultimi giorni dicembrini.
Come si è già detto, negli animi febbrilmente eccitati dei giornalisti albergava la più angosciante incertezza.
Tra quel manipolo nervoso di redattori in cerca d’autore, forse il solo Tarallo aveva già certezza di come avrebbe trascorso l’ultimo dell’anno.
Il Professor Cervellenstein infatti, si era sbarazzato con eleganza della bella Carmen, ricevendo dall’antropologa, che in quel congedo non aveva invece ravvisato soverchia raffinatezza, un biglietto pieno di livore e rabbia, scritto in lingua pukapukan.
Nuovamente imbrigliato dal fascino di Donna Romualda, il Professore aveva prenotato per intero il ristorante “La Sora panzona”, per festeggiare il Capodanno con lei e con gli amici più cari, amici che in più di un caso coincidevano anche con la figura di suoi pazienti, bellamente in barba alla deontologia professionale.
Tarallo quindi, in compagnia della sua rilucente e amatissima Consuelo, avrebbe trascorso la fatidica notte nella raffinatissima atmosfera del locale mascherato, nella serena fruizione di tanto amore ed amicizia.
Seriamente preoccupato per le condizioni psicologiche post tolettatura del collega Marzio Taruffi, Lallo aveva comunque proposto a quest’ultimo di unirsi alla brigata Cervellenstein.
Se avesse accettato, l’ex sporchissimo cronista non avrebbe trascorso quella notte da solo, e avrebbe potuto fruire inoltre di una prima controllatina alle meningi da parte dell’illustre psicologo, e di un primo, relativo parere.
Invece, stupendo non poco Tarallo, Taruffi, pur grato, aveva declinato l’invito.
In testa aveva un programma alternativo ed emozionante: proporre alla Signorina Rosanna Papaleo, la ben nota passeggiatrice, di trascorrere insieme la notte di San Silvestro, magari nel locale più costoso della città.
Poteva permetterselo, perché lui, che non aveva mai avuto troppi grilli per la testa, disponeva quindi di un certo gruzzolo.
Stavolta era sicuro: all’attraente professionista, della quale si era innamorato mentre tentava di fare l’inchiesta sul Commando AntiSmart, sarebbe apparso assai cambiato.
Dopo la storica ripulita, le sarebbe sembrato ben diverso dal possente grumo di sporcizia che era stato fino a pochi giorni prima, del tutto mutato rispetto all’essere che l’aveva terrorizzata, facendola scappare a tacchi levati.
Intimamente però, privo dell’antica corazza puteolenta, era ancora lungi dall’aver acquistato l’autostima necessaria ad affrontare una nuova vita, così era afflitto dalla solita insicurezza.
Aveva pensato di avvicinare la Signorina Papaleo mentre era al lavoro, nella notte tra il 29 e il 30 dicembre, per rivolgerle l’invito.
La sera del giorno stabilito il povero Taruffi era percorso da brividi di paura: la Papaleo avrebbe accettato?
Pencolava tra la vacillante sicurezza del poter mostrare finalmente un aspetto pulito e levigatissimo, e le voci disfattiste propalate dal tarlo dell’inquietudine e dalla scarsa autostima.
Per darsi coraggio entrò nel centralissimo Bar Babietole: da sempre astemio, si sarebbe fatto un goccetto, destando così il leone dormiente in lui.
L’avvio della sua impresa non fu troppo incoraggiante.
Al bancone c’era Ermes, il popolarissimo barman che, abituato al Taruffi irsuto e sudicissimo, non lo riconobbe affatto.
Il cronista, che di solito chiedeva un tamarindo, stavolta sentiva di dover ordinare qualcosa di forte e stette un attimo a pensarci su.
Vedendo poggiato sul bancone quello che sembrava uno shaker color rame, gli venne in mente il daiquiri: sì, si disse, quello sarebbe stato il beverone adatto alla situazione.
Indicando ad Ermes l’oggetto, chiese: “E’ uno shaker quello?”
Il barista cambiò faccia, ribattendo:
“NO, QUELLO E’ MIO ZIO ADELMO, fondatore di questo esercizio!
Ha voluto essere cremato ed ora, dalla sua bella urna color rame continua a presenziare a tutte le attività del suo amato bar. Le è chiaro ora?”
Questa, scandita con un tono impermalito e carico di disprezzo, fu la sorprendente risposta del barista.
Taruffi, era dissestato dalla gaffe: quel coso sembrava proprio uno shaker!
Ordinò tre daiquiri per rabbonire Ermes ed attese che si facesse notte parlando da solo, quasi delirando.
Quando, svariate ore dopo, si avviò verso il viale che era la sede di lavoro della Signorina Papaleo, il nostro cronista non appariva nella sua miglior forma: barcollava un po’ e l’alcol ingerito aveva arrecato seri danni alla sua fabulazione
Rosanna Papaleo, spumeggiante ed appariscente, aveva appena congedato un cliente, un ragioniere di origini croate.
Quando si vide accostare, così, a notte fonda, da un ometto roseo e glabro in un modo anormale, dall’andatura strana, che parlava una lingua sconosciuta, fu ancora più terrorizzata della volta precedente: lo credette un alieno e dopo aver dato un forte grido, prese una gran fuga, una fuga ancora più veloce di quella di qualche giorno prima.
La si vide sparire dietro il primo angolo, con una scarpa sì ed una no.
Taruffi restò solo, a bocca spalancata, mentre le luci del display elettronico di un negozio sul viale, gli stampavano sul volto disfatto la scritta “Buon Anno!” alla rovescia.
Lallo Tarallo, giovane sin dalla nascita, è giornalista maltollerato in un quotidiano di provincia.
Vorrebbe occuparsi di inchieste d’assalto, di scandali finanziari, politici o ambientali, ma viene puntualmente frustrato in queste nobili pulsioni dal mellifluo e compromesso Direttore del giornale, Ognissanti Frangiflutti, che non lo licenzia solo perché il cronista ha, o fa credere di avere, uno zio piduista.
Attorno a Tarallo si è creato nel tempo un circolo assai eterogeneo di esseri grosso modo umani, che vanno dal maleodorante collega Taruffi, con la bella sorella Trudy, al miliardario intollerantissimo Omar Tressette; dall’illustre psicologo Prof. Cervellenstein, analista un po’ di tutti, all’immigrato Abdhulafiah, che fa il consulente finanziario in un parcheggio; dall’eclettico falsario Afid alla Signora Cleofe, segretaria, anziana e sexy, del Professore.
Tarallo è stato inoltre lo scopritore di eventi, tra il sensazionale e lo scandaloso, legati ad una poltrona, la Onyric, in grado di trasportare i sogni nella realtà, facendo luce sulla storia, purtroppo non raccontabile, di prelati lussuriosi e di santi che in un paesino di collina, si staccavano dai quadri in cui erano ritratti, finendo col far danni nel nostro mondo. Da quella faccenda gli è rimasta una sincera amicizia col sagrestano del luogo, Donaldo Ducco, custode della poltrona, di cui fa ampio abuso, intrecciando relazioni amorose con celebri protagoniste della storia e dello spettacolo.
Il giornalista, infine,è legato da fortissimo amore a Consuelo, fotografa professionista, una donna la cui prodigiosa bellezza riesce ad influire sulla materia circostante, modificandola.
Lallo Tarallo è un personaggio nato dalla fantasia di Piermario De Dominicis, per certi aspetti rappresenta un suo alter ego con cui si è divertito a raccontarci le più assurde disavventure in un mondo popolato da personaggi immaginari, caricaturali e stravaganti