Se “Medardo – Sala da caffè e biliardo”, locale rustico e diversamente pulito, prediletto dal sagrestano Donaldo Ducco, rappresentava da sempre l’alternativa periferica e bohemienne alla quieta vita strappolese, il “Bar Centrale-Forza Wombati”, fungeva invece da punto di riferimento insostituibile per la socialità mainstream del paese.
Era l’epicentro del tempo libero per la maggioranza degli abitanti, sede ufficiosa ed ufficiale di ogni incontro, cardine di ogni convegno importante e calderone di qualsiasi discorso di qualche rilievo che venisse pronunciato in paese, da quello di tono politico al puro spargimento di pettegolezzi.
Oltre a tutte queste fondamentali incombenze il bar oltretutto ricopriva il ruolo di sede ufficiale del Club “ALE’ WOMBATI”, che riuniva tutti i tifosi della “Strappolese Associazione Calcio”.
Il fatto che sia il bar che il piccolo club calcistico, che disputava un campionato minore tra i minori, avessero come simbolo il wombato, un grazioso marsupiale australiano, si doveva ad una storia che Tarallo apprese il mattino del suo secondo giorno di permanenza a Strappoli di Sotto.
Fu il cortesissimo Dott. Franto Tonazzo, farmacista del paese, a raccontargliela.
Venne fuori una vicenda che per via della sua singolarità Lallo si appuntò, per poterla poi raccontare ai lettori: l’avrebbe piazzata per far colore tra le pieghe dell’inchiesta sul mistero dei martiri insofferenti, magari intervistandone il protagonista.
La storia del bar, in breve era la seguente.
Il proprietario e gestore, Annibale Passalà, fratello di Berenice, proprietaria della “Pensione La Rossa”, lo aveva impiantato decenni prima, al suo ritorno dall’Australia, continente nel quale per moltissimo tempo aveva svolto un illecitissimo commercio internazionale di marsupiali, spedendo bestiole in giro per il mondo e facendole arrivare in ogni nazione dalla quale provenissero richieste.
Questa attività, non proprio meritoria, con la quale si era arrabattato per anni, cavandone appena di che sopravvivere in quelle zone semiselvagge, ad un tratto, quando lui era sulla trentina, per via di uno degli assurdi colpi di follia del mercato che spesso spiazzano gli operatori, lo aveva reso improvvisamente molto benestante.
Tutto iniziò quando Tommy Scarola, un bambino italoamericano di Elk Mountain, una piccola città di montagna nel Wyoming, sfogliando un suo libricino sugli animali, si innamorò perdutamente dell’immagine di un wombato.
Lo volle, ne volle uno.
Tommy era un ragazzino dalla natura assai determinata che su Fiona e Philo, i suoi genitori, esercitava un potere simile a quello che ai vecchi tempi il Cardinale Richelieu faceva pesare sulla Corte Reale di Francia.
Così, il piccolo mise in campo tutte le sue arti seduttive infantili per convincere i genitori a procurarsi la bestiola de suoi sogni.
Il bambino sapeva perfettamente che i suoi due sottoposti, essendo molto ricchi, erano perfettemente in grado di permettersi più di qualche sfizio: era gente che aveva fatto soldi a oceani producendo e commercializzando un modello, divenuto popolarissimo, di Bibbia da polso.
Tommy, dunque, non pensò nemmeno per un momento che quel desiderio non si potesse realizzare, diede anzi per ovvio il contrario, anche perché lui DOVEVA ASSOLUTAMENTE AVERE UN WOMBATO.
Figlio unico e monarca assoluto, vinse facilmente la resistenza dei genitori, dissoltasi ancor prima che essi potessero organizzarla.
Si cominciò seduta stante la ricerca.
Avventurosamente, consulenza dopo consulenza, gli Scarola cercarono il modo di procurarsi la strana merce pretesa dal figlio, ma l’impresa non era delle più semplici.
Vennero consultati senza esito vari informatori, fu poi contattata l’Ambasciata Australiana negli U.S.A., alla quale, su carta intestata dell’Associazione Bistecche Verdi del Wyoming, venne inoltrata una lettera di commissione commerciale con la quale si richiedeva di acquistare un esemplare di wombato.
In risposta a questa maldestra interrogazione, Philo e Fiona ebbero l’onore rarissimo di ricevere un colossale e sonorissimo pernacchio da Sua Eccellenza l’Ambasciatore, in persona.
Trascorso ancora qualche tempo, proprio quando Tommy, spazientito, aveva iniziato già da due mesi lo sciopero dello shampoo per mettergli pressione addosso, Philo e Fiona vennero finalmente a sapere di Passalà e dei suoi commerci strani.
Non gli parve vero e non persero tempo: in quattro e quattr’otto, gli ordinarono il marsupiale.
Contemporaneamente convocarono uno scalpellino per risolvere il problema dei capelli del figlio, che, da sempre foltissimi, per via dello sciopero dello shampoo si erano nel frattempo ispessiti fino a formare un blocco quasi marmoreo.
Intanto Passalà, professionale come sempre, trovò e imballò il wombato, spedendolo negli U.S.A.
Il modello che Tommy ricevette era così tenero e convincente che il bambino non riuscì più a separarsene, esibendolo con orgoglio ai suoi coetanei.
Il risultato fu che ben presto tutti gli amichetti di Tommy perseguitarono i genitori per avere ciascuno il proprio wombato.
Ora andrebbe ricordato che la cittadina americana di cui stiamo parlando, era celebre nel Wyoming per una sua particolarità speciale.
Non si era mai capito a quale fattore si dovesse, se alla qualità dell’aria, a quella dell’acqua, o magari a strane condizioni del locale campo magnetico, ma sta di fatto che le coppie di Elk Mountain producevano un solo figlio.
Uno solo.
Non c’era verso di averne di più, alla faccia delle complesse acrobazie erotiche che i cittadini avevano sperimentato negli anni, una più circense dell’altra, su consiglio del Dottor Hamish Profiterol, il ginecologo del paese.
“Il paradiso dei figli unici”: così venne soprannominato quel posto, che era il paese in cui, tra tutti quelli del mondo, il potere di marmocchi, senza la concorrenza sentimentale di alcun fratello, poteva esercitarsi meglio.
Capitò quindi che gli amichetti di Tommy vedessero “Lollo”, il wombato, e che, come il giovane Scarola, ritenessero indispensabile possederne uno.
I piccoli monarchi decisero ed ordinarono, i genitori sudditi obbedirono.
Tutto fu più facile anche perché ormai la via per procurarsi le bestiole era già nota.
Raggiunto nel suo eremo australiano, Annibale Passalà, stralunato, si vide travolgere da decine di richieste di wombati e da subito si diede dannatamente da fare per soddisfarle.
Per mesi gli aerei che facevano la spola tra Australia e Stati Uniti trasportarono più marsupiali che passeggeri umani: le stive di quei velivoli risuonavano dei versi perplessi degli animalotti destinati ad una sola cittadina del Wyoming.
Come conseguenza di questa febbre marsupiala, tutta la popolazione di Elk Mountain si wombatizzò in un baleno, ed il profilo stesso della città ne venne modificato.
Ovunque in città fu tutto un comparire di testoline pelose dall’aria interrogativa, un balbettio di suoni pigolosi, un rumore costante di zolle frugate…
A disposizione delle simpatiche bestiole vennero infatti messi i curatissimi giardini che ingentilivano le linde abitazioni a schiera, affacciate sulle principali strade cittadine.
State qui e siate felici, pensarono all’unisono i genitori di Elk Mountain, piazzando i loro bravi wombati nei bei fazzoletti di verde antistanti la loro casa.
Quale posto migliore per i marsupiali, per divertirsi lecitamente e scambiare tenere effusioni con i loro bimbi unici?
L’affettuoso innesto australiano prometteva una nuova armonia ad Elk Mountain.
Non andò così.
Si erano, come sempre, fatti i conti senza considerare l’ordine naturale delle cose.
Il wombato è una rispettabile creaturina, ma possiede una forte ed inesorabile vocazione professionale: è una sorte di minatorino, il cui impulso, preminente ed incoercibile, è quello di scavar gallerie.
Questa pulsione naturale certo non venne meno nel Wyoming, né tanto meno mancò l’impegno dei wombati nell’assecodarla: in poche settimane, i prati, le piante, i cespugli e gli alberi che erano stati l’orgoglio dei residenti, vennero inghiottiti dalle voragini prodotte dai dentini dei marsupiali.
I bei giardini presero l’aspetto di terrose e disordinate trincee.
I marsupiali, che lavoravano sodo in galleria, si erano resi irrintracciabili e irraggiungibili dal loro affetto, così centinaia di bambini del Wyoming presero a frignare a tredicimila decibel, cercando ciascuno inutilmente il loro adorato wombato interrato.
Si gettavano al suolo rovistandone alti mucchi, erano perennemente infelici e sporchissimi.
A quel punto, data l’orribile crisi dell’infanzia locale, il Comitato Cittadino di Elk Mountain, davvero pretestuosamente, prese a maggioranza la decisione di farla pagare a chi aveva venduto quella merce.
Il trafficante di wombati finì dunque nella lista nera e Forrester Bidowsky, un uomo senza scrupoli, un sicario con più omicidi alle spalle che peli sugli avambracci, fu assunto affinchè Annibale Passalà non potesse mai più ricevere l’attestato di sana e robusta costituzione.
Bidowsky, noto nell’ambiente dei sicari prezzolati col soprannome di “Testa di cane”, era un tipo professionalmente rigorosissimo, si può dire addirittura che sul lavoro sfiorasse la pedanteria.
Per prima cosa quel tipo spedì una lettera corruttiva a Nell Kate Roseberry Flanagan, una delle fidanzate di Passalà, convincendola a spedirgli, dietro pagamento, un calzino del trafficante di marsupiali.
Avvisato dell’arrivo della spedizione da un portalettere balbuziente andò a ritirarlo all’ufficio postale di Elk Mountain con grave ritardo, scoprendo poi in loco che quel pacco troppo odoroso aveva nel frattempo rivoltato i nasi di tutti i dipendenti dell’ufficio.
A vederli tutti insieme ora sembravano i molti capi di un allevamento suinicolo.
Bidowsky, nervi di ghiaccio, del tutto indifferente al micidiale rischio olfattivo, tirò fuori il calzino dal pacco, annusandolo profondamente.
Staccatosene dopo qualche minuto, roteò gli occhi in una smorfia orrenda, poi rivolse il profilo grifagno verso una direzione precisa, fiutandola a lungo: ora la caccia poteva iniziare.
Frattanto in Australia, lo strappolese Annibale Passalà, avvertito del pericolo da qualcuno, non si seppe mai chi fosse stato, forse un wombato stesso, prese il suo bel gruzzolo e fuggì, abbandonando sul posto un deposito ancora zeppo di canguri avanzati e deludendo così una decina di fidanzate invelenite.
Bidowsky informò i suoi datori di lavoro americani della sparizione di Passalà ed inviò comunque una robusta nota spese.
Il trafficante di marsupiali ricomparve di botto al suo paese, Strappoli di Sotto, vi aprì il suo bar e riorganizzò la squadra calcistica dilettantesca, facendo del wombato la mascotte di entrambi.
Terminato il sorprendente racconto, il farmacista, Dottor Tonazzo, tirò su un lungo sorso di Pernod, sorridendo a Lallo e a Consuelo.
Il bar, tappezzato da schermi che rimandavano l’allegra e pallesca sagoma del coronavirus, era comunque affollato: in molti, soprattutto tra gli abitanti dei paesi vicini, erano convinti che un incontro tra il famoso virus e uno strappolese sarebbe risultato letale solo per il Covid-19.
Tarallo e la sua splendida musa, ringraziato il piacevole narratore, vollero godersi appieno il momento dolce della colazione a due, felici di aver evitato per la seconda mattina di seguito, le malsane golosità della Pensione La Rossa.
Spazzolato che ebbero, un congruo numero di brioches, decisero di fare un salto a Santa Abbondanziana per contattare la loro gola profonda, Ducco, per strappargli altre eventuali notizie.
La chiesa era totalmente deserta, tutto sembrava sopito come può esserlo nel pieno di una notte quieta. Un vago odore di incenso stazionava a filo d’aria.
Lallo e Consuelo attraversarono tutta la navata sinistra fino ad arrivare all’altare: le cappelle dinanzi alle quali erano sfilati apparivano in ordine, le mille immagini dei santi parevano ferme e assorte, così come lo erano state per secoli.
Arrivati dinanzi alla sacrestia ed incoraggiati dal silenzio assoluto che vi regnava, entrarono e diedero un’occhiata intorno.
Gli armadi, scuri ed austeri, in cui erano riposti i paramenti e gli arredi sacri erano ben chiusi, ma alzando lo sguardo verso le pareti della grande stanza, Tarallo e Consuelo ancora una volta sbandarono dalla sorpresa.
Nel grande dipinto che raffigurava i santi martiri Proto e Giacinto, al fianco di uno solo di essi campeggiava ora la figura colorata ed esageratamente sorridente, dell’attrice americana Doris Day!!!
L’altro santo, espulso dalla tela per l’arrivo della “fidanzata d’America”, stava ritto ai piedi del quadro con un’espressione di smarrimento stampata in faccia.
Il martire dequadrizzato si sentiva fuori posto e non faceva nulla per nasconderlo.
Consuelo si tappò la bocca con la mano, come a trattenere un grido, Tarallo fece in tempo a fare una foto prima che Ducco si materializzasse.
Il sagrestano, sgranando occhi e becco, mostrò vistosamente di essersi accorto del nuovo, inspiegabile evento, poi incrociò lo sguardo di Proto, o forse era Giacinto, che stazionava ai piedi del quadro.
Il raggio di ostilità che vi lesse, lo annichilì.
Il mistero seguitava a riproporsi.
Ne avrebbe parlato con Don Oronzo: occorreva assolutamente contattare Sua Eminenza.
Lallo Tarallo, giovane sin dalla nascita, è giornalista maltollerato in un quotidiano di provincia.
Vorrebbe occuparsi di inchieste d’assalto, di scandali finanziari, politici o ambientali, ma viene puntualmente frustrato in queste nobili pulsioni dal mellifluo e compromesso Direttore del giornale, Ognissanti Frangiflutti, che non lo licenzia solo perché il cronista ha, o fa credere di avere, uno zio piduista.
Attorno a Tarallo si è creato nel tempo un circolo assai eterogeneo di esseri grosso modo umani, che vanno dal maleodorante collega Taruffi, con la bella sorella Trudy, al miliardario intollerantissimo Omar Tressette; dall’illustre psicologo Prof. Cervellenstein, analista un po’ di tutti, all’immigrato Abdhulafiah, che fa il consulente finanziario in un parcheggio; dall’eclettico falsario Afid alla Signora Cleofe, segretaria, anziana e sexy, del Professore.
Tarallo è stato inoltre lo scopritore di eventi, tra il sensazionale e lo scandaloso, legati ad una poltrona, la Onyric, in grado di trasportare i sogni nella realtà, facendo luce sulla storia, purtroppo non raccontabile, di prelati lussuriosi e di santi che in un paesino di collina, si staccavano dai quadri in cui erano ritratti, finendo col far danni nel nostro mondo. Da quella faccenda gli è rimasta una sincera amicizia col sagrestano del luogo, Donaldo Ducco, custode della poltrona, di cui fa ampio abuso, intrecciando relazioni amorose con celebri protagoniste della storia e dello spettacolo.
Il giornalista, infine,è legato da fortissimo amore a Consuelo, fotografa professionista, una donna la cui prodigiosa bellezza riesce ad influire sulla materia circostante, modificandola.
Lallo Tarallo è un personaggio nato dalla fantasia di Piermario De Dominicis, per certi aspetti rappresenta un suo alter ego con cui si è divertito a raccontarci le più assurde disavventure in un mondo popolato da personaggi immaginari, caricaturali e stravaganti