Erasmo dal Kurdistan per interposto Adelmo
“Ma certo che sono ancora vivo! Mi verrebbe da chiederti se ti sei bevuto il cervello, ma non vorrei darti un riconoscimento che non meriti ipotizzando la presenza di materia grigia nella scatola che ti separa le orecchie”.
Il cuore mi batte all’impazzata. Sono mesi che provo a mettermi in contatto con Erasmo e finalmente ecco questo uozzap. Per chi non lo conosce potrebbero sembrare insulti, ma è solo il suo modo di manifestare affetto.
“Amico mio, ma dove sei finito? Disperavo quasi di ritrovarti.”
“Sono nel Kurdistan iracheno, a tentare di dare una mano. A voi non risulta, e adesso meno di prima, ma qui la situazione è disastrosa. Finché il mio popolo faceva barriera contro l’avanzata dello Stato Islamico, tutti amici. Pagato il nostro tributo di sangue e fermati i nuovi barbari, arrivederci e manco grazie. Gli americani, esperti in cinismo internazionale, hanno lasciato campo libero al Sultano che prima si è occupato i territori di confine e poi ha iniziato la pulizia etnica, popolando le nostre terre coi profughi siriani. Come la fermi questa invasione? Mica puoi sparare ai disperati. E di qua è niente, rispetto ai cugini in territorio siriano.”
“Guarda che anche da noi in Europa stiamo messi molto male, la situazione peggiore dal dopoguerra a oggi. Laggiù il virus non è arrivato?”
“Se pure arrivasse non se ne accorgerebbe nessuno. Qui l’età media è sotto i quarant’anni. Tra fame e bombe la morte sta di casa e di vecchi non se ne vede più. Ogni venerdì porta il suo attentato suicida vicino a una moschea. Se le vittime sono meno di dieci la notizia non esce neanche in cronaca locale. Musulmani fedeli alla Sunna che se la prendono coi seguaci di Alì, in genere. Oggi sono a Erbil per rifornimenti e ho trovato un bar aperto.
Il tempo di sedermi e il telefonino deve aver agganciato una rete wifi.
Un tripudio di notifiche e squillini. La gente mi guardava come se avessi un serpente a sonagli in tasca. E l’ultimo trillo era il tuo messaggio con richiesta di autocerficazione di permanenza in vita.”
Lo trovo bene, più agguerrito e attivo di quando stava da noi. In questo scenario, come faccio a renderlo partecipe delle mie preoccupazioni e a chiedergli come pensa che ne potremo uscire?
“Capisco. Rispetto a lì continuiamo ad essere privilegiati. Ma la situazione rischia di diventare esplosiva proprio per mancanza di familiarità con la sofferenza diffusa. L’epidemia passerà, ma lascerà uno strascico di recessione profonda che già sta gettando sul lastrico una larga fetta di popolazione. E vedrai che, prima o poi, qualcuno soffierà sul fuoco del malcontento.”
“Caro Adelmo, bisognerebbe giocare d’anticipo. Sostenere da subito le situazioni più fragili. E per subito intendo oggi, domani, al massimo entro una settimana. Ma vedrai che il nostro male peggiore, la burocrazia, riuscirà a ritardare l’effettiva erogazione degli aiuti. Perché, nel momento in cui sei pronto a darli a Tizio, ci sarà qualcuno che chiederà perché non a Caio; e visto che sarà impossibile accontentare tutti, tra bisognosi veri e simulati, chiunque firmi un ordine di pagamento o disponga l’erogazione di un aiuto sarà soggetto a ricorsi, denunce, gogne mediatiche e via disco-orrendo.”
“È proprio così. Da giorni si parla di miliardi messi a disposizione, ma non conosco nessuno che, ad oggi, abbia visto un euro.
I primi saranno i cassaintegrati, ma solo perché i soldi verranno anticipati dalle banche e non sono discrezionali. E i disoccupati, i sottoccupati, i precari, i lavoratori in nero? Qui basta un Masaniello per incendiare le piazze. Certo, se l’Europa si comportasse da Unione…”
“Ora vedrai che le sirene anti-europee riprenderanno forza. E avranno gioco facile ad attecchire, in tempo di grandi difficoltà economiche. Proviamo ad immaginare cosa sarebbe questa crisi se l’Italia navigasse da sola in mare aperto.”
“La BCE sta comprando debito italiano per 20 miliardi a prezzi calmierati. Quali sarebbero i tassi di interesse sul debito in lire? Ma purtroppo la razionalità è morta, insieme alla vergogna, e gli sciacalli si riproducono più in fretta del virus. Caro Erasmo, tu quando torni?”
“Ma allora fai apposta! Io stavo anche tentando di tornare, ma è tutto chiuso. Qui, quando sentono che sono italiano, mi guardano pure male. Vagli a spiegare che ero già arrivato quando sono uscite le prime notizie su Wuhan. A occhio e con le scarse informazioni di cui dispongo, direi che ci vorrà almeno metà maggio.”
“Lo so, sembrerà egoista e pure fuori luogo, rispetto a quello che stai vivendo ora. Eppure non vedo l’ora di rivederti al solito bar, con la “rosa” in mano, farci insieme il nostro caffè e discutere dei problemi del giorno, senza raggiungere alcuna conclusione come al solito. Mi manchi, amico mio.
Ti aspetto qui, carico degli abbracci e baci che non ci siamo scambiati per tutto questo tempo.”
“Lo ammetto, anche a me manca la nostra quotidianità. Qui è dura, sembra di tentare di svuotare il mare con un secchiello. Eppure sentivo di doverlo fare. Quando torno faremo festa, compatibilmente. Ma gli abbracci e i baci…”
“Ti saluto, vecchio orso. Ti stimo molto per la tua scelta, quasi quanto un infermiere volontario allo Spallanzani.”
Erasmo dal Kurdistan è persona mutevole, con una spiccata tendenza alla tuttologia.
Vorrebbe affrontare la vita con leggerezza e ironia, ma raramente riesce a mantener fede a un impegno così arduo.
Scioccamente convinto di avere qualche dote letteraria (molto) nascosta, si prodiga nel vano tentativo di esternarla, con evidente scarsa fortuna.
Maniaco dell’editing e dell’interpunzione, segue un insano culto del punto e virgola (per tacere delle parentesi e delle amate virgole).
Tenta di tenere a bada una innata tendenza didascalica e quasi pedagogica pigiando sul pedale della satira di costume, ottenendo di comico solo il suo pio tentativo.
Il più delle volte si limita ad imbastire dimenticabili pipponi infarciti di luoghi comuni.