Disturbare il Bardo per piccole beghe di provincia può apparire eccessivo, ma da tempo il titolo della sua brillante commedia è entrato nei modi di dire per efficacia sintetica.
La disputa sul candidato sindaco del fronte anti-sovranista pontino è giunta a un epilogo tanto contrastato quanto inevitabile, nonostante gli ultimatum dello scorso anno. Tra bluff e contro-bluff, il PD ha rinnegato quanto sostenuto a spada tratta fino a qualche giorno prima. La linea del Piave delle primarie è sfociata nella ritirata di Caporetto, in un singolare rovesciamento storico.
Quando si bluffa sarebbe prudente non accendere i riflettori sulla propria puntata, per evitare poi la figuraccia quando si sarà costretti al passo indietro. Ed è già cara grazia se il passo indietro sarà ancora possibile. Chiedere a Renzi per approfondimenti sul tema.
Qualcuno ha capito come si è giunti a tale soluzione?
La minoranza del partito vuole accreditarsi il successo dell’operazione, come se le sue argomentazioni avessero compattato tutto il partito, che in genere non brilla per unità; la maggioranza mette su la sua migliore faccia di bronzo e fa finta di niente, come se i mesi e anche gli anni passati fossero stati inghiottiti in un buco temporale. Ma si sa, la memoria è qualità tenuta in nessun conto, quando si tratta di politica.
Oggi il sindaco uscente è il miglior candidato possibile. Quello stesso sindaco che per cinque anni è stato indicato come incapace, inadeguato, arrogante, arroccato sulle sue certezze; una veemenza nel portare avanti l’opposizione consiliare che si fa fatica a ricordare nei riguardi dei sindaci di destra.
Potrebbe venire il dubbio che questa soluzione sia il frutto di un approfondimento comune sul programma, ma non è così: le due organizzazioni continuano a lavorare alle proprie iniziative per arrivare al proprio programma partecipato; quando sarà il momento, si dovrà giocoforza elaborare una sintesi, ma intanto il PD ha preso l’alleanza con LBC a scatola chiusa. Forse, alla fin fine, il programma dei civici non era così sballato, come per tanto tempo si è voluto far credere.
A questo proposito c’è da registrare anche un piccolo incidente comunicativo di LBC: presentando i primi risultati dei tavoli virtuali di “Latina in corsa”, i civici si sono fatti prendere dall’entusiasmo sostenendo
“siamo riusciti a progettare in maniera partecipata una visione contemporanea di città, di qualità e innovativa”.
Che sarebbe pure una bella frase, per un movimento che partecipa per la prima volta alle elezioni o anche per una forza di opposizione.
Fatta propria da chi ha amministrato negli ultimi anni fa sorgere il dubbio che fino ad ora questa visione non ci fosse, mostrando il fianco a posizioni critiche che non avrebbero bisogno di questi aiuti. Devono essere caduti nell’iperbole logica della pubblicità del detersivo che lava “bianco che più bianco non si può… oggi ancora più bianco”.
Non avendo chiarito i motivi della giravolta epocale, il PD autorizza i malpensanti a ipotizzare un ragionamento da furbetti del partitino: appoggiamo Coletta tanto, comunque vada, per noi finisce bene. Se si vince, vinciamo per merito nostro e piantiamo la bandierina sulla seconda città del Lazio; se si perde, ha perso il Sindaco che ha imposto la sua candidatura. Ragionamenti di notevole levatura politica, naturalmente.
Altra ipotesi non proprio benevola riguarda la difficoltà di trovare un candidato con concrete possibilità di raggiungere il ballottaggio, correndo contro il Sindaco uscente: presentarsi da soli avrebbe comportato un rischio elevato di vedere per l’ennesima volta confermata la propria vocazione alla sconfitta in terra pontina, con tutte le conseguenze del caso anche per il futuro.
Ora che queste singolari nozze si sono celebrate, sarà interessante vedere come procederà la costruzione del “campo largo”, se ci sarà ancora la possibilità di attrarre altre forze sulla base di un approccio trasversale o ci si ridurrà ad un frontismo potenzialmente sterile, il cui unico cemento sembrerebbe l’anti sovranismo.
Il vulnus di rapporti improntati sulla sfiducia reciproca rimane, ma se il medesimo partito è riuscito ad allearsi con chi additava le sue genti come “pidioti” o mangia bambini di Bibbiano, allora in politica è possibile digerire di tutto. Meno chiare sembrano le motivazioni da parte civica, che il rischio di perdere consensi non appare remoto. In ogni caso, saranno le urne ad esprimere l’unico inappellabile verdetto.
Vedremo poi come la destra reagirà a questa alleanza, se riuscirà a trovare un volto presentabile, che non sia compromesso con le camarille passate e al contempo possa essere ritenuto garante degli interessi, spesso storicamente contrapposti, dei partiti della coalizione.
Non sembra un obiettivo facile da raggiungere e infatti ancora non si trova la quadra. Magari in attesa di decisioni da Roma, che non sono certo garanzia di qualità: l’ultima volta che i maggiorenti dei partiti hanno tirato fuori un nome, Di Giorgi, sappiamo come poi è andata a finire.
Amedeo Contifatti – dietro questo nom de plume si cela un arido ragioniere con un’insana fede per i fatti e loro interazioni; un vetero-illuminista fuori tempo e fuori luogo.
Mi hanno sempre poco appassionato le trattative di coalizione o di partito o elettorali sulla scelta del o dei candidati. Chi, come come, ha partecipato alle trattative del ’93, con gli errori, per me e la maggioranza di noi, molto evidenti di alcuni esponenti (alcuni dei quali poi diventati consiglieri regionali, oppure parlamentari)) che hanno anteposto l’interesse di parte a quello del centro sinistra o dell’area progressista e soprattutto del comune e dell’intera provincia. Durante uno speciale su Sky, nel 2005, al giornalista che definiva fascista e di destra la nostra provincia ho risposto che non conosceva l’assetto politico fino al ’93 e che, se il centro sinistra non avesse commesso errori in quell’elezione, la storia sarebbe stata ben diversa. Alcuni di quegli esponenti non hanno imparato nulla e nel 2016 hanno ripetuto lo stesso errore. Mi avevano contattato per candidarmi con loro, ho posto condizioni che, come sapevo, non avrebbero mai accettato. Avevo previsto il loro insuccesso. Il punto però è che gli esponenti pontini non riescono a farsi valere a Roma perchè alla maggior parte dei nostri eletti in regione e parlamento non interessa nulla del territorio. Difficile fare previsioni per le prossime elezioni considerato che molti fattori esterni potrebbero determinare sorprese