Della confusione tra giornalismo partecipativo e il gabibbo

di Teresa Faticoni

Strisce pedonali, piccioni schiacciati da auto, erba cresciuta un centimetro di troppo, fino ad arrivare ai cadaveri; tutto sacrificato all’altare del voyerismo più becero.

Ecco servito su un piatto d’argento il perfetto misunderstanding tra giornalismo partecipativo e il Gabibbo.

Nei primi anni 2000 si è cominciato a diffondere il concetto di citizen journalism, che prevedeva il coinvolgimento diretto del lettore nel reperire e diffondere la notizia. Senza filtri e senza professionalità. Nuda e cruda così come è una notizia è sempre giusta? Diciamo, digeribile?
Sono domande necessarie oggi, che con uno smartphone in mano tutti sono pronti a riprendere di tutto, a scapito delle emozioni di viversi davvero il momento. Diciamocelo chiaramente, quante volte si ha la fortuna di trovarsi nel posto giusto al momento giusto con un cellulare in mano? Pochissime, il resto sono azioni del Gabibbo, quel pupazzone rosso mitomane e incazzoso che va in giro a cercare notizie scemotte.

Nei giornali prima c’erano le lettere dei lettori, un angolino destinato agli sfoghi più vari. E quando la notizia davvero meritava allora il giornalista di turno la usava come fonte per un servizio.
Ora invece chiunque ha la pretesa di raccontare il mondo senza il filtro di una lettura dello stesso.
A questo servono i giornalisti, che hanno studiato per farlo: raccontare il mondo e dipanarne la complessità. E da un punto di vista, scelto, che è il proprio, che è stato affinato con lo studio e l’esperienza, che rispetta le regole che gli stessi giornalisti si sono dati.

La Libertà di informazione, così come riconosciuta all’art 21 della nostra Costituzione, garantisce ai giornalisti di fare il loro mestiere, e ai cittadini di essere informati sulle cose che avvengono. Ma non a tutti i costi.

Il testo unico dei doveri del giornalista, che raccoglie tutte le varie carte e disposizioni che negli anni si era data la categoria, parla chiarissimo: le foto vanno usate secondo i principi di “essenzialità, pertinenza e non eccedenza”.
Pubblicare la foto di un cadavere in cui si veda il viso, per esempio, sarebbe vietato. Eppure se ne vedono. Se ne vedono anche sui blog online che pretendono di fare informazione, e quando lo contesti al direttore ti risponde che ha accumulato migliaia di visualizzazioni.
Direi che passata la sbornia da potere che conferisce il fatto di possedere un cellulare e usarlo per fotografare il filo d’erba, bisognerebbe tornare a un modo corretto di fare giornalismo partecipativo (per approfondire clicca qui).
Perché i filtri sono importanti, e non solo per dimagrire nelle foto profilo.

Teresa Faticoni: Giornalista pubblicista dal 2008, nella vita mi sono sempre occupata di comunicazione. Ho cominciato a scrivere nelle riviste e nei quotidiani locali. Sono stata per anni redattrice del quotidiano Il Territorio e della televisione Tele Etere, e ho collaborato per un decennio con il settimanale Il Caffè. Sono direttrice della rivista online Pomezianews. Oggi lavoro al Comune di Latina. Sono impiegata nell’ufficio internet e mi occupo di partecipazione. Sono mamma di due gemelline, sposata con Marco e vivo da sempre a Latina. Sono di sinistra, avanti.

Pensieri per la Città – Un’Agorà per Latina è la nuova rubrica-contenitore della nostra rivista blog, LatinaCittà Aperta.
Abbiamo, infatti, voluto affiancare al nostro settimanale, che come sapete tratta di argomenti che potremmo un po’ pomposamente definire di “cultura generale”, uno spazio, un’agorà di riflessione e di approfondimento intergenerazionale su temi della città che ci ospita, Latina, non limitandoci ad essa.
Ci si propone di istituire qualcosa di vivo, un luogo di confronto e di approfondimento, gestito da giovani, donne e uomini, forze fresche e consolidate intelligenze, persuase che la partecipazione e il confronto siano i cardini della buona politica.

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