Mentre girava 77, un Lp dei Talking Heads, il cellulare continuava a richiamare la mia attenzione con ripetute notifiche ma gli occhi si chiudevano a causa della stanchezza e dell’orario “accidenti sono quasi le 2 di notte, devo andare a dormire se no domani chi ce la fa”. Il viaggio a Bevagna e la preannunciata lunga nottata di sabato avrebbero necessitato di molte ore di sonno, ma la voglia di leggere ancora le simpatiche reazioni alle mie stupidate aveva il sopravvento, “leggerò solo un altro paio di mes…sag..gi…” e scivolai inevitabilmente in un sonno profondo.
Il ponte che mi si parava di fronte e l’arco in pietra d’accesso che lo sovrastava sembravano usciti da un luogo narrato in un libro di Tolkien, esattamente come quell’anziana signora che camminava cercando qualcosa in terra. Il suo sguardo attento la estraniava dal mondo e il lungo vestito scuro le nascondeva le forme ai miei occhi. Distrattamente mi domandai cosa avesse perso in quella piazzetta al di là del portale e – pensai – se fosse stato un oggetto piccolo le grigie pietre che facevano da pavimento non le avrebbero offerto alcun aiuto, così come le poche persone che popolavano la taverna all’angolo o quell’uomo con il cavallo che tanta irrequietezza emanava tra le briglie tese dal padrone.
Mi osservava con i suoi occhi scuri forse cercando in me una salvezza o magari pensando di aggredirmi come un nemico. Decisi di avvicinarmi per capire cosa ci fosse dentro quel paese pieno di ieri ma camminando sul ponte percepii uno scrosciare d’acqua corrente misto a voci divertite, in basso un enorme lavabo per le massaie era attraversato costantemente dal fiume che costeggiava l’abitato e al suo interno tre giovani donne salutavano il sole che moriva lontano nella valle arrossata. Mi bloccai ad osservare incantato la scena bucolica, la freschezza che emanava era intensa e il richiamo forte annientava le mie certezze, dolci gocce sollevate si posavano sulle bianche vesti mentre nel loro volo sprizzavano bagliori d’arcobaleno sfidando i raggi solari a compiere l’ennesimo miracolo di luce, ma il viaggio dei miei pensieri fu interrotto da una voce esile seppure chiara – Ha per caso visto i miei suoni? Ho perduto i miei suoni… – l’anziana signora si era silenziosamente avvicinata e mi aveva rivolto la domanda tanto strana quanto insistente. – Scusi non capisco, cosa ha perduto? – risposi sorpreso
– I miei suoni. Non li ha visti? Eppure erano qui con me fino a poco fa… oppure fino a molto tempo fa, non credo sia importante – soggiunse alquanto decisa
– …ecco veramente sono arrivato ora e non vivo in queste zone. Sono venuto per… per.. – improvvisamente non ricordai perché fossi arrivato fin lì, ne come, sapevo solo che dovevo esserci e in quel momento.
– oh certo, lei è qui per compiere il viaggio – disse come se ne sapesse più di me – ma prima deve conoscerlo, non può entrare se non sa cosa l’attende – chiosò con una amabile risatina.
La situazione era surreale, cercai di osservare meglio la signora, aveva un piccolo fazzoletto intorno alla testa, le vesti gualcite raccontavano di giorni migliori, ma lo sguardo, oh sì! lo sguardo era certamente lo stesso di sempre, di quando sognava di volare sui cieli stellati, di nuotare tra rapide impetuose o di vibrare per amori impossibili, le distanze si annullano dentro due occhi. Feci per muovermi verso l’ingresso quando lei mi bloccò tenendomi per un braccio.
– dove va? non può… prima le devo raccontare la storia di chi conoscerà – insistette stringendo più decisamente l’avambraccio e a quel punto nulla poteva più impedirle di parlare…
– Deve sapere che un luogo non è definito solo dalla sua forma, certo ci sono le costruzioni, la natura… le cose, ma dentro c’è anche la sua storia, le persone che l’hanno vissuto e lo vivono ancora, infine soprattutto c’è chi lo riempie con le proprie emozioni osservandolo, io non posso raccontarle la sua visione ma posso darle gli strumenti per costruirsela e ciò che la sua anima rilascerà in questo posto impregnerà le pietre, i palazzi, le figure, gli sguardi, le altre anime… Il suo sarà un cammino fatto di incontri, che forse le cambieranno l’essere ma, cosa importantissima, incontri in cui sarà lei a testimoniare ciò che è! –
Il mio viso doveva avere la tipica espressione di chi si sveglia la mattina e in bagno di fronte allo specchio non capisce chi sia quello lì, con la faccia da ebete, che lo guarda fuori dalla finestra che ha davanti, al che lei si sentì in dovere di precisare meglio il concetto, come una maestra premurosa al bimbo che non capisce le divisioni.
– Sa, è fondamentale sapersi testimoniare o credeva veramente che tutto quello che lei fa, pensa o semplicemente prova non incide nella storia degli altri? Ogni alito dei sensi nasce da una causa e produce un effetto o ritiene che questo possa essere applicato solo al martello e al dito… Assolutamente no! Che diamine è così chiaro! – e qui i miei occhi devono essersi sgranati di più – Anzi il sempiterno etereo che ci circonda ogni secondo viene riempito da un pensiero o un’emozione nuova e la corrente dello spirito lo trasporta, lo espande e lo mescola con tutti gli altri, poi chi ha dei ricettori più sensibili capta queste variazioni e si sente diversamente ispirato nelle sue azioni, anche quelle quotidiane… quindi lei non può considerare le sensazioni che prova come di sua proprietà, fanno parte del tutto e tutti ne godono, nel bene e nel male, chiaro no?
Ma torniamo ad ora… o a prima, non credo sia importante.
Dunque, dunque vediamo da dove cominciare… AH ECCO!
Inizialmente incontrerà Jomorhawk, il falco dal viso alto, che osserva tutto da sopra i cieli protoceltici, il suo occhio è fino e profondo, sa che nulla può sfuggirgli e che la precisione è la sua forza, la sua sopravvivenza, esplora territori già noti ma non ha paura di guardare oltre anche se i propri luoghi abitudinari, seppur tra luci e ombre, non li abbandonerà mai, sono la certezza di avere un domani, forse uguale all’oggi ma di sicuro non come il Forse che è così diverso, tanto da poter distruggere il mondo.
Poi c’è Frizpicz, l’essere dalle antenne vibranti YAUUUUUH – urlando improvvisamente – percepisce tutto e ciò che colpisce le sue estremità viene rilanciato con una velocità doppia rispetto a quella di impatto, sia cose belle ed emozionanti che cose brutte e ciniche; ha un simpatico modo di comunicare, fa un verso che sembra una erre arrotata su se stessa quasi volesse accarezzare le altrui orecchie, ma i concetti, quelli sì, arrivano dritti al bersaglio, a volte sono indirizzati alla testa, a volte al cuore, a volte più in basso ma preferirei non specificare… sa non è bello parlare di certe cose – ammiccò con un sorrisetto complice – eppure si può sempre contare su di lui, non ci lascia mai soli, anzi probabilmente le lascerà un marchio e non dimenticherà mai il momento dell’incontro.
Scorrendo gli sguardi o arrampicandosi su una scala potrà trovarsi circondato, ma non si blocchi e non abbia paura, sono gli occhi di chi la cerca non quelli di chi la disprezza, potrà trovarsi di fronte Tinni, il campanellino che suona e trilla in continuazione, non sempre i suoi scampanellii sono comprensibili anzi spesso lei li confonde e li mescola, ma che tenerezza in tutto questo, vero? Non si potrebbe fare mai a meno del suo abbraccio, è come una coperta che arrotolandosi confusamente trova la posizione giusta, ci coccola e ci scalda esattamente come volevamo, non trova che la confusione sia un bellissimo modo di sentirsi parte di qualcosa di più grande? L’ordine a volte crea distanze incolmabili e Tinni le riempie con i suoi trilli desiderosi di essere ascoltati!
non capisce? Vanno ascoltati! Non possiamo non ascoltarli e hanno bisogno di essere ascoltati, le donano la vita e la speranza
– un attimo si fermò per poi riprendere più decisa che mai –
Ma non divaghiamo! Abbiamo ancora molta strada da fare!
Dicevamo degli sguardi… se si girerà lassù potrà vedere quello di Rokelion, occhi duri da leone della roccia pronto a devastare con il suo coraggio l’altrui ottusità eppure se oserà avvicinarsi scoprirà la semplicità di chi ancora fatica a non dover per forza dimostrare la propria normalità, perché cosa credeva? Che la diversità dovesse essere riconosciuta? Non c’è nulla di diverso nei cuori delle persone e provare a guardare l’altro con occhi nuovi non è il dovere di chi è osservato ma la libertà di chi vede, però cercare di comunicare questo, per lui, è doloroso più dell’insulto. Ci sta urlando di non dimenticare di esultare verso il giorno che arriva, sarà sempre più ricco di quello che tramonta anche se non coprirà le proprie amarezze e tristezze.
Oppure potrebbe incontrare lo sguardo di Joymelly, la gioia malinconica, quella che guarda dentro ma che non sa rivelarsi, la gioia che può avere un sorriso formale pronto da essere donato dietro le proprie fatiche, eppure che non riesce a riempire il volto, perché a volte la diffidenza potrebbe celarsi anche dentro un abito stirato bene e pieno di lucine. Ma una volta che riusciamo a spogliarla – perché dovremo essere noi a farlo concedendole in cambio le debolezze che viviamo – alla fine mostrerà la lucentezza della sua vera essenza. Sapeva che ci sono esseri che sono un po’ prigionieri dei loro formalismi e che vanno spogliati? Non bisogna chiedere loro di farlo, ma essere noi a compiere il gesto difficile… oh certo, dirà lei, è facile spogliare gli altri! Non credo proprio! Abbiamo la forza per sopportare la nudità altrui? Se non ci si libera dei nostri pregiudizi non è possibile, è molto più semplice che siano gli altri a spogliarsi da soli che farlo noi dovendo concedere un po’ di ciò che abbiamo.
Ehi! Andiamo a guardare le facce del sole! usciamo all’aperto! non che finora fossimo stati al chiuso, ma è bella l’idea di uscire fuori no? Da una sensazione di freschezza, di aria frizzante! E poi non si può mai sapere cosa si trova aprendo una porta, la luce improvvisa ci invade ed è necessario abituare gli occhi per capire che lei ha incontrato Messakr, figura mitologica dai contorni da decifrare, è necessario doverlo scoprire un dubbio oppure una certezza alla volta, potrebbe essere lui una delle risposte alle domande che le avevano messo in crisi il cammino fin qui, le proporrà una serena spiritualità e una profonda concretezza, quella che nasce da chi ha provato a vivere scoprendo ogni giorno che è stata la vita a cercarlo, perché tutto ciò che accade è sia pista di atterraggio che trampolino di lancio, però prima di arrivare a saltare è necessario salire le scalette, sperare che la tavola ci possa sorreggere e vedere se siamo sufficientemente incoscienti da tuffarci. Lui ha saputo calarsi in un mondo virtuale cui diffidava ma dal quale ora difficilmente si staccherà. Lei vorrà tuffarsi? –
Proprio il sole continuava a rotolarsi nel candido prato così come le parole fluivano dall’anziana signora, che conoscevo da sempre o da un minuto, non avrei saputo dirlo, ma ormai nulla poteva allontanarmi da lei e dal suo racconto. Dopo qualche secondo di pausa forse in attesa di una risposta che non avrei mai potuto darle continuò come leggendomi nei pensieri…
– Non si preoccupi di rispondermi ora, ha una vita davanti per farlo, ma non penserà che abbiamo finito!
Adesso possiamo dedicarci alla successiva essenza che la colpirà, essenza di pienezza, di conoscenza, il Genoghos, ognuno esprime le proprie passioni con le voci che conosce e non sempre le parole sono uguali, lui potrebbe sembrarle un elenco di note o di nuvole, invece sono solo i pezzi della propria anima che si staccano dal puzzle e vengono a mostrarsi, ebbene sì! a volte dentro si è come un puzzle con tutti i pezzi troppo precisamente incastrati tra loro come se tutto fosse rovinato da tale perfezione, eppure non ci rendiamo conto che in ognuna di quelle parti c’è il tutto e guardarle singolarmente è guardarle tutte, il Genoghos mostra la grandezza nella minuziosa conoscenza e il suo spirito è l’insieme di tutte le proprie piccole, continue, passionali voci. Non si preoccupi se ne rimarrà coinvolto, è normale, è la ragnatela del sapere! Sì sì è proprio la ragnatela del sapere.
AH ECCO! – fece d’un tratto – Poco fa abbiamo parlato di luce e, come sa, non c’è luce senza ombra
AH ECCO! Lei ora penserà male vero?
– io non avevo detto una parola… forse un cenno, solo un banale cenno… –
non deve preoccuparsi, non c’è male nell’ombra, c’è solo il riempimento di un vuoto e la nostra Rakusam è la pienezza dei vuoti, quando la si conosce sembra tutto un’assenza, ma fin da piccoli ci si nasconde per farci trovare, la bellezza di tali esseri è la ricerca e la sorpresa! La sorpresa di dover ricominciare la ricerca! Rakusam nasconde uno sguardo? Si va a caccia, lo si trova ma manca il resto, dove è finito il resto accidenti! Poi improvvisamente un pezzo di cuore esce fuori
– e dopo una pausa che forse la vecchina usò per ricordare qualcosa –
di cuore? Sì ho detto di cuore!
e allora pensi “Cavolo eccolo il cuore, ma non è tutto intero! e il resto?” B-i-s-o-g-n-a c-e-r-c-a-r-l-o!
Ma insomma parlo arabo?
Rakusam va scoperta un po’ alla volta, dalla sua faccia comprendo che lei non sa da cosa partire? Che domande, dalla voce! Ha una voce splendida e sarà come il filo di Arianna, grazie a questo si inoltrerà nell’infinita casa di Asterione scoprendone le meraviglie e uscendone forse solo grazie ad un fatato richiamo – completò guardandosi intorno
– È stanco? La faccio riposare un poco, le racconterò di Xanbocks, di colui che aveva un sogno, sognava di accoglierla qui, sognava di crearle un luogo di note e fusioni, sognava di lacerare un silenzio, sognava di stringere in un abbraccio tutti i suoni del tempo. C’è riuscito? Nel mondo di Tirseria certamente, nell’era di Abacuc forse no, ma solo per la chiusura del tempio dell’apertura. Nel gruppo di Ralio ha colpito alla grandissima, sembrava volasse sulle città e si infilasse nei cunicoli dell’io, proprio un grande spettacolo!
Ma lei ha mangiato? No perché la cena non è ancora pronta, eppure se attende Xanbocks provvederà a trovarle almeno una strada per poter mangiare qualcosa…
anche dopo oppure prima, non credo sia importante.
La cosa certa è che cogliere un sogno nel prato del nulla è difficile ma Xanbocks c’è riuscito e per questo è proprio bello!
Sa cos’è bello anche? L’occhio! Guardi l’occhio è proprio bellissimo! E’ l’unico pezzo di noi che ha dei cerchi concentrici, “Io sono il centro! Vedi? Sono il centro!” Sembra dire, “Io sono il cunicolo attraverso cui mi scoprirai” ma se una cosa la si guarda troppo da vicino poi si finisce per non vedere il mondo e il mondo è grande! E tutto questo che le ho detto è racchiuso nella piccola Anyakuko, sarà schiva, timida, come se si sentisse sempre nel posto sbagliato, eppure anche lei ha anima da vendere. Paure? Tante! Delusioni? Troppe! Ma non ha dimenticato la dolcezza nel concedersi a qualche scherzo, a qualche momento in compagnia… che lei perderà! –
– Che vuol dire che perderò? – chiesi alquanto sorpreso
– Eh sì! lo perderà, sarà il suo dispiacere ma del resto con tante presenze dovrà pure avere un’assenza! L’assenza esiste ed è tutto quello che avremmo potuto fare e non abbiamo fatto, soprattutto per non dimenticare di farlo in seguito! Quindi Anyakuko le lascerà l’impegno di conoscerla meglio e il rimpianto di non averlo fatto qui ora, o dopo, non credo sia importante!
Mancano ancora due essenze d’incontro, il placido Slepoany e la turbinosa Storphak, il primo si presenterà come un’alba un po’ sonnacchiosa, con la foschia che non fa comprendere l’attimo del sorgere del sole, ma quando la maschera scomparirà un fuoco divamperà e lampi di cuore la azzanneranno, comprenderà la sua felicità nel cambiare il mondo sul proprio corpo, gli attimi condivisi avranno diversi colori e le emozioni vi smonteranno in mille pezzi e vi rimetteranno in sesto, poi sarà di nuovo alba ma con occhi brillanti pronti di nuovo ad esplodere!
Storphak invece è un tornado di tardo autunno!
Accidenti! Ho capito che l’estate è finita! che bisogno c’è che ci porti il turbine e il fulmine? Beh! A vederlo così sembra brutto, ma cos’è poi se non l’ultimo richiamo di una stagione felice che poi si è immalinconita? Il tornado sembra forte, spazza via tutto, distrugge al suo passaggio eppure se lo guardi bene pian piano si scioglie in milioni di lacrime furenti fino a scomparire, per cui lei, caro mio, dovrà stare attento! Storphak è fatta di mille e mille piccoli cristalli tintinnanti, se la si scuote avrà un suono armonioso e felice, ma se si esagera la distruggerà in innumerevoli schegge che nessuno potrà mai ricomporre e non ci sarebbe dolore più grande…
E questo è quanto! – concluse soddisfatta
– Come questo è quanto! Che vuol dire? – chiesi alquanto stralunato
– Che questo è ciò che deve conoscere! Certo manca colui che ancora deve conoscere, ma visto che non lo conosce, ora non potrà conoscerlo, o magari dopo potrà conoscerlo, o prima, non credo sia importante. Adesso però è tardi deve andare, vada, vada… –
– Ma! E lei signora? Che farà? – chiesi quasi implorante
– Io? Io non la abbandonerò mai, prenderò la sua mano quando non riuscirà più a camminare, cadrò con lei e ci rialzeremo insieme, sarò la prima a gioire di una sua gioia, mi farò sentire nei suoi momenti di bisogno e in quelli spensierati e se poi dovesse dimenticarmi non si preoccupi, continuerò a scorrere per lei pronta ad aiutarla ad ogni cambiamento, se lo vorrà…
La frase mi colpì e cercando di comprenderne i contorni un fastidioso pulsare mi devastava la testa, non riuscivo a concentrarmi per capire e mentre mi sforzavo nel farlo addirittura mi sembrava che i contorni dell’anziana signora si sfocassero sempre di più… il pulsare si faceva insopportabile, sembrava un rumore che mi portava via, insopportabile… La sveglia suonava all’impazzata cercando qualcuno che la calmasse, il lunedì incombeva… il lunedì? Ma io dovevo andare a Bevagna nel fine settimana, incontrare i miei amici, ascoltare la mia musica, non ci sono andato! Che testa! Che pirl… Ahia! Una spilla da balia, con attaccato uno stemma avente un simbolo strano, sporgeva da sotto il lenzuolo pungendo i miei strambi e fantastici ricordi…
Rael Mad Man Moon
Cercare di presentarsi…
Cercare un nome e farsi guidare dal delirio provocato dalla malattia per i Genesis nata a mezzogiorno in un piovoso sabato di metà ottobre 1981, quando ancora non sapevo che quell’ascolto mi avrebbe cambiato la vita.
Cercare di modificarsi continuamente, mettendosi in discussione, anche se non sempre tutto quello che si sceglie ci fa essere migliori del giorno precedente.
Cercare di non vivere una vita mignon, non aver pensieri mignon, conoscenze mignon, sentimenti mignon… io odio i mignon.
Cercare di imparare ad amare anche se il bisogno di amarsi è sempre troppo forte…
Cercare la soluzione e non la compassione, il lamento è la scatola dove infiocchettare il problema.
Cercare di conservare la tenerezza, anche quando il vento te la vuole spazzare via, a volte battersi per difendere una carezza vale di più.
Cercare di salire sopra quel tavolo, anche se non vorrei, anche se non dovrei, per continuare a guardare il mondo da una prospettiva diversa.
Cercare di continuare a domandarmi quale sarà il mio verso nel grande spettacolo che è la vita.
Cercare ancora la Luna nella mia Follia…