Tarallo libero. Ci si mette in moto

In virtù della personalità e della forza persuasiva di Benny Syracuse, il reparto gastritici, limitatamente alla stanza in cui era tenuto prigioniero Tarallo, pareva trasformato.
Ciascuno dei degenti si occupava dei casi suoi, libero ormai per merito della cucina de “L’Estomac Joyeux”, dai bruciori che per anni gli avevano incendiato le trippe.

Quanto al Dottor Frangiflutti, ancora veleggiava placido nel mare di una pazzia gioviale che, instancabile e fantasiosa, gli suggeriva di continuo comportamenti più che eccentrici: un momento poteva essere Frangy, il grosso cagnone confusionario ed affettuoso, oppure, un istante dopo, credersi Suor Beatrice, la figlia di Dante, mettersi un lenzuolo in testa, alzare gli occhi al cielo, e prendere a favellare come una donna di convento dello pieno Trecento.
Il primario, pur non costituendo più un pericolo, non poteva essere aggirato in materia di fogli di dimissione, carte che, messo com’era, non era certo in grado di predisporre e firmare.

Frangy

Oltretutto, l’amministratore dell’ospedale, Canaccio Notarbartolo, invisibile solo in apparenza, esercitava la sua potestà per mezzo di mille sottoposti e non si poteva sfuggire al suo controllo sugli atti formali, così diventava necessario agire altrimenti.
Non fu difficile per il falso medico Afid, avvicinare e isolare Nestore Faria, il gastritico centenario, al fine di metterlo al corrente del “Piano Montecristo”, studiato per poter trascinare Tarallo fuori dall’ospedale.
La scusa fu di visitarlo in ambulatorio, e lo fece subito dopo che il vecchio ebbe terminato di trangugiare, con arrembante entusiasmo, uno dei sensazionali pasti preparati dal Paul Jaccuse, lo chef del benemerito ristorante.
Il fasullissimo ma credibile Dott. Ofelio Stupazzoni ve lo trascinò per controllare, a suo dire, gli effetti miracolosi della Quenelle de brochet lionese sull’Helicobacter pylori, l’odioso batterio responsabile dell’ipergastrite del vegliardo.
Spedì poi Boris Karloff, l’infermiere, a cercare in archivio la cartella clinica di Carlo Magno solo per levarselo dai piedi, e accertatosi quindi di essere rimasto solo con Faria ed al riparo di orecchie acuminate, Afid gli si manifestò per quel che era davvero, omettendo solo di dichiarare la sua professione di falsario.

Il Dott. Ofelio Stupazzoni alias Afid

Al perplessissimo veterogastritico spiegò dunque il progetto per liberare Tarallo nei minimi particolari e riferì anche quale dovesse essere il suo ruolo in commedia.
L’intelligente proponente battè molto sul tasto dei sentimenti: il vecchio si era infatti assai affezionato a Lallo, e si era legato a lui con una sincera e ricambiata amicizia.
Il falsario rassicurò moltissimo il falso morituro sulla bontà del preparato veterinario che procurava la morte apparente, mostrandogli la testimonianza scritta di Margrete, una mucca di razza Pinzgauer, che raccontava di come, uscita da quello stato apparentemente letale, avesse ritrovato verve e produzione, partorendo Otto, un florido vitello, e inondando di ottimo latte tutti i frigoriferi della regione.
Faria stette ad ascoltare attentamente, ad occhi chiusi, concentrato, mostrando interesse per tutto il discorso, evidenziando solo, con tutt’e mille le sue rughe di espressione, un certo scetticismo sullo scritto autobiografico di Margrete, firmato, tra l’altro, con l’impronta fangosa di uno zoccolo bovino.

Margrete, la mucca di razza Pinzgauer, con Otto

Poi, con un sospiro aprì gli occhi e, con grande gioia di Afid, si decise a dire di sì in un soffio:
“Lallo è un po’ originale, ma è una bella persona, lo faccio volentieri per lui”.
Nestore stette per un po’ ad osservare il sollievo che distendeva il volto di Afid, ma poi pose delle condizioni inderogabili, ovvero le seguenti:
A) i complottisti dovevano fare in modo di fare un colpo doppio, liberando anche lui, che avendo trovato il rimedio alla sua gastrite, poteva aspirare a rifarsi una vita fuori da quel girone/reparto;
B) a questo proposito, gli andava garantito ad aeternum il vitto preparato dal sommo chef Paul Jaccuse, del rinomato ristorante “L’Estomac Joyeux”;
C) Voleva l’abbonamento gratuito alla rivista “Ossa in fregola”, dedicata agli anziani che avevano ancora qualcosa da chiedere alla vita e cercavano partner con un buon tasso di vitalità residua;
D) Una garçonnière di suo gusto dove poter vivere e tenere i suoi incontri galanti.
Afid rimase per un buon quarto d’ora con la mascella calata per lo sbalordimento.
Si riscosse, infine, e, serio in volto, com’è logico comportarsi nel corso di una trattativa importante, comunicò a Nestore Faria che gli avrebbe dato una risposta entro ventiquattr’ore.

Fu così che, smesso il camice e timbrato il cartellino con una tessera contraffatta, il falsario corse difilato allo Studio Psicologico Cervellenstein, sede del CLT (Comitato di Liberazione Tarallo)
Il Professore a quell’ora stava sondando la psiche pluriperforata di Ballush Kapplani, un ispettore della Previdenza Sociale di Tirana, un maniaco di persecuzione che riponeva una tale stima nello Psicologo da sobbarcarsi lunghi viaggi per raggiungerlo, una volta al mese.
A maggior vanto di Kapplani c’era da dire che, per timore di imbarcarsi in un traghetto in cui tutti, personale e passeggeri, lo odiassero a morte, per arrivare da Cervellenstein affrontava la traversata dall’Albania sremazzando su un pattino degli anni Sessanta con su la scritta “Bagni da Olindo”.
Così, in attesa dell’illustre Psicologo, ad Afid toccò aspettare un po’ in anticamera, chiacchierando con la spumeggiante Signora Cleofe e non solo.
Era presente, infatti, anche Omar Tressette, che pareva più esasperato del solito, perché venendo aveva incrociato ben quattro soggetti in calzoncini, ciabattacce e canottiere multicolori di improbabili squadre universitarie: gli “Alberobello Legends”, i “Boscotrecase Tigers”, gli “Alzate Brianza Skorpions” e i “Galèti di Albignasego”.
Un po’ discosto, seduto su una sedia che pareva un trono, Marzio Taruffi chattava con Dorotea Santonorè, la sua fidanzata, addetta alle pulizie in un centro commerciale.

Dorotea Santonorè, la fidanzata di Marzio Taruffi

La presenza aromatica del cronista, particolarmente feroce in estate, ed il continuo sfumacchiare di Cleofe, facevano sì che le due grandi finestre della stanza fossero di necessità spalancate, nonostante il condizionatore fosse in piena funzione.
Completava la cerchia dei presenti Consuelo, che era arrivata per ultima.
In strada aveva fatto comparire sui semafori una scintillante scritta dorata, “Stardust”, che aveva confuso gli automobilisti che l’affollavano; anzi, uno di essi, Gualtier Ferrer, a bordo della sua “Bianchina” di modernariato, era entrato a tutta birra in un negozio di imbottiture per cuscini, uscendone, altrettanto velocemente, attraverso una via di fuga che dava sulla strada parallela, impiumato come un angelone motorizzato.
Quando finalmente la porta dello studio si aprì, il Prof. Cervellenstein precedette un tizio scuro di carnagione, dall’aria particolarmente cauta, vestito con un ingombrante vestaglione grigio chiaro, bagnato in più punti e costellato da qualche conchiglia e da piccoli crostacei vivi.

L’ispettore della Previdenza Sociale di Tirana Ballush Kapplani, in atteggiamento difensivo, con la madre

Camminava con le spalle al muro, come nei film d’azione, tenendo d’occhio tutta la brigata raccolta in anticamera.
Era già quasi all’imbocco delle scale quando incocciò lo sguardo di Consuelo: mancò il primo gradino e ruzzolò rovinosamente in basso.
Sbrigata la faccenda con l’ambulanza, che portò al Pronto Soccorso un Kapplani, ritrosissimo e diffidentissimo, il Comitato di Crisi pro Tarallo si poté finalmente riunire.
Tutti ascoltarono attentamente il rapporto di Afid e le condizioni dettate da Nestore Faria per bersi l’intruglio narcotico per le vacche Pinzgauer, e al termine del racconto, fu deciso all’unanimità di sottoscriverle, accettandole.
“Ci penserò io ai soldi – disse subito Tressette, che era dotato di un enorme patrimonio personale – stornerò i fondi da quelli destinati a pagare i ragazzi che ogni settimana versano la peperonata nei serbatoi delle Smart e delle moto di grossa cilindrata”.

Così, tutto fu concertato.
Il mattino successivo, il plenipotenziario Afid, nuovamente nei panni dell’ottimo dottor Ofelio Stupazzoni, si recò in ospedale con animo più leggero.
Arrivato in reparto venne accolto rumorosamente da “Frangy”, l’occhialuta versione canina dell’impazzito Dott Frangiflutti, che gli si strusciò addosso festevole, tentando addirittura di scodinzolare con le orecchie.
Afid, liberatosene con un biscottino a forma di osso che si era portato dietro, entrò nella stanza di Tarallo nel pieno di un appassionante racconto di Benny Syracuse.
Nel silenzio denso e attentissimo di tutti i degenti, Syracuse stava rievocando come, trent’anni prima, col solo supporto di un cavaturaccioli in bronzo alla menta piperita, avesse posto fine al regno di Ferdinando, “Ferdie”, Malanzana sul traffico di coccoina e sul nascondino d’azzardo, gioco praticatissimo nel quartiere South West East di Rockford, Illinois.
Afid attese la fine della storia, poi con una nuova scusa, si portò appresso Faria in ambulatorio, comunicandogli che le sue richieste erano state accettate.
Il centenario mostrò la sua soddisfazione con un grugnito di approvazione. Uno scintillio gli illuminò gli occhi, vivissimi in mezzo al fitto reticolo di rughe.
“Solo una cosa c’è ancora da fare – obiettò Nestore– dobbiamo mettere Benny al corrente del piano. Senza di lui qui ormai non si muove foglia, ma sono certo che ci darà una mano”.

Nestore Faria
Nestore Faria

Lallo Tarallo, giovane sin dalla nascita, è giornalista maltollerato in un quotidiano di provincia.
Vorrebbe occuparsi di inchieste d’assalto, di scandali finanziari, politici o ambientali, ma viene puntualmente frustrato in queste nobili pulsioni dal mellifluo e compromesso Direttore del giornale, Ognissanti Frangiflutti, che non lo licenzia solo perché il cronista ha, o fa credere di avere, uno zio piduista.
Attorno a Tarallo si è creato nel tempo un circolo assai eterogeneo di esseri grosso modo umani, che vanno dal maleodorante collega Taruffi, con la bella sorella Trudy, al miliardario intollerantissimo Omar Tressette; dall’illustre psicologo Prof. Cervellenstein, analista un po’ di tutti, all’immigrato Abdhulafiah, che fa il consulente finanziario in un parcheggio; dall’eclettico falsario Afid alla Signora Cleofe, segretaria, anziana e sexy, del Professore.
Tarallo è stato inoltre lo scopritore di eventi, tra il sensazionale e lo scandaloso, legati ad una poltrona, la Onyric, in grado di trasportare i sogni nella realtà, facendo luce sulla storia, purtroppo non raccontabile, di prelati lussuriosi e di santi che in un paesino di collina, si staccavano dai quadri in cui erano ritratti, finendo col far danni nel nostro mondo. Da quella faccenda gli è rimasta una sincera amicizia col sagrestano del luogo, Donaldo Ducco, custode della poltrona, di cui fa ampio abuso, intrecciando relazioni amorose con celebri protagoniste della storia e dello spettacolo.
Il giornalista, infine,è legato da fortissimo amore a Consuelo, fotografa professionista, una donna la cui prodigiosa bellezza riesce ad influire sulla materia circostante, modificandola.

Lallo Tarallo è un personaggio nato dalla fantasia di Piermario De Dominicis, per certi aspetti rappresenta un suo alter ego con cui si è divertito a raccontarci le più assurde disavventure in un mondo popolato da personaggi immaginari, caricaturali e stravaganti

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