POSTINTELLIGENTE – Racconti di Piermario De Dominicis #0 “Prefazione”

Nel mese di Aprile del 1992, il nostro amico Piermario pubblicò una raccolta di racconti intitolata “Postintelligente”; il libro, per un numero di copie limitato, venne esposto nella libreria che Pier gestiva a quei tempi, e distribuito per lo più tra i suoi amici e i suoi clienti affezionati.
Di questo libro si era perduta traccia e i più non ne hanno mai avuto notizia, noi stessi venimmo a conoscenza della sua esistenza grazie al fratello di Pier, Marcello, che però conservava solo alcuni manoscritti che erano serviti alla stesura dell’opera.
Successivamente, grazie all’amico Bruno Di Marco (il nostro “Profs”) venimmo in possesso di una copia, da lui gelosamente conservata, e oggi possiamo pubblicare questa prefazione e a seguire, nel numero della rivista di domani, troverete “Sassofoni in fiamme”, il primo racconto dell’opera che, per gentile concessione dei familiari e della moglie Alessandra, vogliamo restituire all’attenzione dei lettori per ricordare l’amico Piermario. Con lui resta forte il legame di penna, l’autentica passione per la letteratura e ciò che per un tratto di strada ci ha resi complici e sodali nella creazione di questo blog.
Considerando fare cosa gradita a tutti i suoi affetti, familiari, amici e persone che hanno coltivato le sue stesse passioni, vi invitiamo alla lettura di questa “Prefazione ad opera dell’autore medesimo” che introduce il suo libro “Postintelligente”; nel retro di copertina c’è una nota, a firma di un misterioso (e.v.), che nel finale recita così:
“… I racconti di Piermario possono apparire a prima vista tracimanti e sbrodolanti di stupidaggini, ma solo un idiota può affermare che essi siano cretini; al contrario seguono il principio di ogni vaccino che si rispetti: inoculare i bacilli del male quando si è sani ed il fisico è in grado di reagire. Insomma, facciamo gli stupidi finché siamo ancora intelligenti, dopo sarebbe troppo tardi, potremmo diventare degli stupidi veri o, addirittura, postintelligenti”

Buona lettura

Piermario De Dominicis fotografato da Carlo De Santis

PREFAZIONE
ad opera dell’autore medesimo

La nostra città possiede tali attrattive che chi vi risiede non prova mai quell’inquietudine, quella smania, quell’improvvisa voglia di essere altrove, di fuggire, che spesso aggrediscono l’abitante di Terontola.

Noialtri abbiamo cromosomi con un passato, geni che hanno deambulato un bel po’ prima di stanziarsi in questi lidi, tanto umidi da accartocciare le lamiere delle Uno.

Abbiamo edificato la città del futuro badando al sodo e qui viviamo nel fresco vincolo della”pontinità”, insensibili alle calde tentazioni di un mondo rinnegato dai nostri nonni.

Non c’è posto fra noi per l’obsoleta figura dell’agronomo dal volto umano che raddrizza camion gremiti di cavalli in difficoltà, al solo fine di trangugiare un amaro in loro compagnia.

Abbiamo deciso di far grande questo sito, dotandolo di strutture avveniristiche, la cui imponenza bilanci la fuga della memoria.

Il porto ad esempio.

Il più gigantesco e sorprendente porto della terra.

Mi commuovo sempre quando, seduto ad un tavolino del Bar dei Nodi, tento di distinguere l’acqua tra un bosco di radiotelefoni. Penso ad una sera di tanti anni fa, quando sei uomini politici, un dentista ed uno schiavo spiritoso, stavano seduti giocando a carte al Circolo Cittadino. Il succo di pompelmo diede alla testa allo schiavo brillante che disse:

“Questa città non ha un porto”

e tacque per il resto della serata. Gli astanti buttarono giù un po’ di conti e decisero subito di costruirne uno, di farlo il più ingombrante e spettacolare possibile. I figli di quei pionieri sono oggi, banalmente, miliardari con prole. Solo la figlia del dentista non si sposò e non ebbe figli.

Acquistò tuttavia dieci cassettoni rustici del settecento svizzero.

Noi da tempo ci siamo abituati a guardare con naturalezza il nostro porto, ma la sua sensazionalità stordisce i visitatori che vi giungono arrivando dall’entroterra, dato che, ed è questo un piccolo neo della faccenda, non vi approdano navi. Tutti gli stili della storia rifulgono dalle immense costruzioni portuali, dal gotico postconfortevole; fasci di luci colorate fendono la notte, echi di musiche esaltanti si propagano dalla Capitaneria. Trascinati senza sosta da tapis roulants sfilano sulla banchina i camalli in divisa blu a bande blu, i camalli più eleganti del mondo.

Il megaparcheggio, fitto di automobili e bancarelle, è sede della “Lestra in”, il mercatino in cui è possibile acquistare zucchero filato e stenditoi rimanendo comodamente seduti nella propria autovettura. Non capita a tutti di essere cittadini di cotanta città! Si è spinti continuamente a migliorare, a tenere d’occhio il look, ad essere degni di abitarla.

Da quando, due anni fa, fu edificata la nuova faraonica stazione ferroviaria “Eros Jovanotti”, nessuno prende più il treno. A parte il fatto che le biturbo, triturbo e altro, girano perfino all’interno dei gipponi, ciò si deve anche ad altri motivi. Il primo di questi è che quasi tutti al cospetto della nuova stazione vengono afferrati dalla cosiddetta “Sindrome di Piacentini”, una specie di estasi fessa che coglie chi osserva l’immenso squadrato. D’altro lato, quest’opera è l’unica al mondo che sia stata realizzata completamente in marmo pregiato. Dello stesso materiale furono fabbricati perfino i bigliettai che quindi, per quanto siano una meraviglia della nuova estetica, perdono qualcosina in solerzia e non rilasciano alcun biglietto. La stazione perciò è il luogo più adatto per confrontare con le altre la propria tenuta di viaggio. Non è sempre detto che le tute più costose siano le più belle, cosicché tutti possono partecipare a tale innocente competizione.

Chi, come me, vive una realtà così dinamica, è spinto a comunicare al mondo le proprie sensazioni, i valori appresi.

Ecco perché scrivo. Lo faccio perché non voglio andarmene, non voglio essere sbattuto fuori da questo spot fatto città. Pensate che non un solo scrittore fu partorito dalla quieta Terontola e ciò fornisce materiale per geniali riflessioni.

Nella nostra città invece, generata da una costola fredda di Canale 5, tutti son lieti di rimanere. I giovani ballano e i vecchi, nella calma spezzettata delle loro Case di Piacere, che qui vengono edificate e inaugurate alla velocità del fulmine, scrivono.

Ed io tra loro.

Signori la prefazione è terminata.
Seguirà un racconto stile Harmony.

Il segnalibro disegnato da Piermario. Potete scaricarlo e stamparlo

Piermario De Dominicis, appassionato lettore, scoprendosi masochista in tenera età, fece di conseguenza la scelta di praticare uno sport che in Italia è considerato estremo, (altro che Messner!): fare il libraio.
Per oltre trent’anni, lasciato in pace, per compassione, perfino dalle forze dell’ordine, ha spacciato libri apertamente, senza timore di un arresto che pareva sempre imminente.
Ha contemporaneamente coltivato la comune passione per lo scrivere, da noi praticatissima e, curiosamente, mai associata a quella del leggere.
Collezionista incallito di passioni, si è dato a coltivare attivamente anche quella per la musica.
Membro fondatore dei Folkroad, dal 1990, con questa band porta avanti, ovunque si possa, il mestiere di chitarrista e cantante, nel corso di una lunga storia che ha riservato anche inaspettate soddisfazioni, come quella di collaborare con Martin Scorsese.
Sempre più avulso dalla realtà contemporanea, ha poi fondato, con altri sognatori incalliti, la rivista culturale Latina Città Aperta, convinto, con E.A. Poe che:
“Chi sogna di giorno vede cose che non vede chi sogna di notte”.

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