Qualche giorno fa mi sono trovato a Ferrara per una gita di un giorno.
La città, come pure il resto d’Italia, dopo una primavera stenta e piovosa era stata investita da un’ondata densa di caldo e di luce, una luce abbacinante che sottolineava ad arte sia l’eleganza e la grazia delle sue vie, che la possanza dei suoi monumenti.
Camminando in ottima compagnia per alcune deliziose stradine, intravedevo alberi fronzuti spuntare oltre frequenti mura di cinta, suggerendo la bellezza e la quiete di giardini privati, nascosti alla vista. Immaginandoli, mi è venuta in mente la casa dei Finzi Contini come la descriveva Bassani nel suo meraviglioso libro. Non si può in effetti stare a Ferrara e girovagarvi felicemente, senza pensare a Giorgio Bassani, ai suoi romanzi al suo fertile ambito culturale.
L’intellettualità ebraica italiana, così attiva e dotata, e così falcidiata dall’ottusità razzista del regime fascista, ha regalato al suo paese, amatissimo nonostante tutto, opere e ingegni destinati a durare e a lasciare un segno indelebile, di portata internazionale.
Lasciando perdere la meritata e universale fama di Primo Levi, quella di Natalia Ginzburg o di Carlo Levi, tanto per fare i primi nomi che vengono in mente, Bassani stesso, ad esempio, fu pluritradotto e stimato, tanto apprezzato da ricevere la Legion d’Onore francese.
Mentre da una bella via passavo con gioia ad un’altra, altrettanto graziosa, ricordavo con malinconia che da un certo momento della sua vita in poi, lo scrittore ferrarese, che era stato sempre attivo e presente nel dibattito culturale, civile e politico italiano, si ammalò di un male che purtroppo ne minò le facoltà mentali. Bassani scomparve così dal mondo ed il silenzio rispettoso che lo circondò per tutti quegli anni di reclusione, venne rotto disgraziatamente solo dagli echi insopportabili di precoci contese sull’eredità, questioni che sembra che lo abbiano accompagnato, inconsapevole, fino al giorno della sua morte.
Quella scomparsa lo ha regalato definitivamente alla storia della letteratura italiana e al suo pubblico di lettori, sempre rinnovato, e soprattutto la sua opera maggiore, “Il giardino dei Finzi Contini”, anche in virtù del film che ne ricavò De Sica, non ha mai più conosciuto l’oblio che spesso colpisce post mortem gli sforzi di tanti autori.
Ma se quel romanzo ha continuato ad essere pubblicato e letto, del suo autore non si sente più parlare troppo, così mi pare opportuno sdebitarmi con Ferrara per il giorno incantevole che vi ho passato, ricordando velocemente la vita di uno dei suoi figli migliori.
Contrariamente a quello che viene dato per scontato, Bassani non nacque a Ferrara, ma a Bologna, nel marzo del 1916 da una agiata famiglia ebraica, suo padre Angelo era stato anche presidente della Spal. Ma se è vero che non fu ferrarese di nascita, lo fu senza alcun dubbio, per sentimento e per formazione. Trascorse infanzia e giovinezza a Ferrara, compiendo gli studi al Regio Liceo Ginnasio “Ludovico Ariosto”.
Il tennis e la musica furono le sue prime passioni, la seconda così spiccata da lasciar pensare ad una vita dedicata ad essa, ma, come ormai sappiamo, nell’interesse del giovane Bassani venne superata dal suo amore per la letteratura.
Coerentemente con questa spiccata inclinazione, Giorgio nel 1935 si iscrisse alla Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna, frequentandola da pendolare.
Nel 1938, la promulgazione delle leggi razziali sembrò mettere in forse il suo percorso di studi, ma Bassani riuscì comunque a laurearsi l’anno successivo con una tesi su Niccolò Tommaseo.
Nel rapporto che il futuro scrittore ebbe col fascismo si ritrova la parabola che contrassegnò le posizioni di molti altri giovani ebrei, che dapprima affascinati dalla sua sirena ideologica, presero poi coscienza del suo vero volto, andando ad irrobustire le fila dell’antifascismo.
La prima infatuazione di Bassani, condivisa pienamente in ambito familiare, è testimoniata da una lettera in cui il podestà di Ferrara, Renzo Ravenna, lo segnalava come “valente camerata” .
Attivo in seguito come oppositore, nel 1943 venne arrestato per antifascismo e accusato di far parte di un gruppo pericoloso che nel ferrarese tramava contro il regime.
Per sua fortuna venne rilasciato due mesi dopo, riparando prima a Firenze poi a Roma. Quella di cambiare città, mescolandosi alla grande popolazione di una metropoli, fu una scelta che gli salvò la vita perché nel frattempo i suoi amici antifascisti ed ebrei ferraresi, poco dopo la sua fuga vennero fucilati dalle camicie nere al muretto del castello di Ferrara.
In quel periodo clandestino Bassani aveva sposato Valeria Sinigallia.
Negli anni di studio aveva intanto affinato i suoi naturali interessi culturali, passioni che si riflettevano anchesulla sua vita personale. Fu infatti amico del poeta Attilio Bertolucci, il padre di Bernardo, estimatore della pittura di Giorgio Morandi e dell’opera critica di Roberto Longhi. Conobbe pure Dessì, Ragghianti e Frassineti.
Nel suo periodo di attivismo politico nascosto si rese utile anche insegnando italiano e storia agli studenti ebrei espulsi dalle scuole pubbliche, poi, nel 1940 fece uscire il suo primo libro: “Una città di pianura”, pubblicato per ovvie ragioni sotto lo pseudonimo di Giacomo Marchi.
Roma, la città di approdo, dagli anni quaranta in poi, fu la sua destinazione definitiva.
Nel 1945 e nel 1949 nacquero i suoi figli Paola ed Enrico.
In quel primo dopoguerra pubblicò due raccolte di poesie “Storie dei poveri amanti ed altri versi” e “Te luci ante”.
Nel 1948 fu chiamato dalla fondatrice Marguerite Caetani a redigere la rivista letteraria “Botteghe Oscure”.
Attraverso il suo lavoro su quel periodico Bassani fece conoscere in Italia opere letterarie e personaggi della cultura diversissimi tra loro: Dylan Thomas, René Clair, Henri Michaux, Georges Bataille, Truman Capote, Antonin Artaud e, tra gli italiani, contribuì a rendere note le produzioni di Calvino, Soldati, Cassola e Caproni, Bertolucci e Pasolini.
Al 1955 risale la pubblicazione de “La passeggiata prima di cena” e due anni dopo venne alla luce “Gli ultimi anni di Clelia Trotti”.
Nel 1950, uno dei suoi miti culturali, il critico e storico dell’arte Roberto Longhi, insieme con la moglie, la scrittrice Anna Banti, aveva fondato la rivista “Paragone”. Bassani ne divenne redattore cinque anni dopo.
Frequentando quella redazione conobbe tra gli altri il giovane Pier Paolo Pasolini.
La sua attività in quel periodo fu molto intensa e andò a toccare ben più di un ambito, così si trovò a collaborare, come sceneggiatore, con registi del calibro di Mario Soldati, che era anche apprezzato scrittore, con Michelangelo Antonioni, Alessandro Blasetti e Luigi Zampa. Contemporaneamente insegnava in una scuola d’arte di Velletri.
Nei tardi anni Cinquanta divenne anche docente di Storia del Teatro all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio D’Amico”, incarico che mantenne per dieci anni.
A Bassani va anche riconosciuto il merito di essere stato tra i primi a porre l’attenzione al mantenimento ed alla cura del nostro sterminato patrimonio storico, artistico e paesaggistico: si deve a lui infatti la fondazione dell’importante associazione tematica “Italia Nostra”.
Frequentatore attivo del mondo intellettuale, sia romano che nazionale, con le sue “Cinque storie ferraresi” nel 1955 vinse il Premio Strega, e qualche anno dopo, col romanzo “Gli occhiali d’oro”, pose l’attenzione sulla emarginazione che colpiva gli omosessuali.
Nella sua veste di consulente e direttore editoriale della Feltrinelli fu decisivo lnoltre nel far pubblicare “Il gattopardo”, il capolavoro di Tomasi di Lampedusa, e nell’aiutare ad emergere molti altri scrittori, sia nazionali che internazionali quali Cancogni, Delfini e Fortini tra i primi, e tra gli stranieri Borges, la Blixen e soprattutto Boris Pasternak col suo “Dottor Zivago, arrivato clandestinamente dalla Russia sovietica.
Chiusa la rivista “Botteghe Oscure” lavorò a molte altre prestigiose pubblicazioni periodiche come “Approdo”, “La Fiera Letteraria”,”Nuovi Argomenti” ed altre ancora. Collaborò inoltre col “Mondo” e col “Corriere della sera”, proseguendo anche la sua attività di sceneggiatore per il cinema al fianco di Visconti e Luis Trenker.
Ma fu nel 1962, con la pubblicazione del suo romanzo più famoso, “Il giardino dei Finzi Contini”, che Bassani vide consacrato definitivamente il suo nome, ottenendo contemporaneamente il suo maggior successo editoriale.
Fu facile per la sensibilità letteraria dello scrittore, rendere universale la vicenda del suo mondo, quello cioè della buona borghesia ebraica, durante il periodo fascista. Il romanzo, un esempio di stile narrativo in un’opera di alto valore etico, descrive nella quotidianità la storia umana, politica ed intellettuale di una famiglia, dei suoi amici e dei suoi frequentatori, del suo destino mentre l’Italia andava progressivamente scivolando verso una china inaccettabile, verso quel torpore civile e morale che avrebbe permesso la promulgazione delle leggi razziali.
Parecchi anni dopo Vittorio De Sica, come si è già accennato, ne trasse un film dal quale però Bassani prese le distanze.
Negli anni Sessanta, iniziati così trionfalmente, l’attività dello scrittore non vide mai soste, impegnandolo su molti fronti.
Le sue opere venivano puntualmente tradotte in varie lingue e lui fu nominato Vicepresidente della Rai e nel 1966 fu Presidente della giuria del Festival Cinematografico di Venezia.
Mantenne per molti anni anche la presidenza di “Italia Nostra”, l’associazione da lui fondata.
Per molti anni trascorse le sue estati a Maratea, in una casa da lui acquistata che fu di ispirazione per la ripresa della sua vena di poeta, testimoniata dalle raccolte “Epitaffio” e “In gran segreto”, uscite negli anni Settanta.
Nel 1971 ricevette la Legion d’Onore dalla Presidenza della Repubblica francese e in quello stesso decennio vedranno la luce anche i suoi ultimi romanzi: “L’airone”, “L’odore del fieno” e “Dentro le mura”.
Nel 1978 Bassani conobbe l’americana Portia Prebys destinata ad essere la sua ultima compagna e nel 1980 pubblicò la versione definitiva del suo “Romanzo di Ferrara”.
Nel decennio successivo, quello degli anni Ottanta, lo scrittore curò l’edizione completa di tutte le sue poesie, intitolata “In rima e senza” e una raccolta completa dei suoi saggi: “Di là dal cuore”.
Nel 1987 il regista Giuliano Montaldo trasse un ottimo film dal romanzo “Gli occhiali d’oro”.
Come si è già detto, una lunga e dolorosa malattia strappò per troppi anni Giorgio Bassani alla sua attività, privando il mondo letterario e culturale del suo prezioso apporto.
Morì a Roma nell’aprile del 2000 e per sua espressa volontà venne sepolto a Ferrara, nel Cimitero Ebraico in Via delle Vigne, a ridosso della mura della città, le stesse di cui come Presidente di Italia Nostra favorì il restauro.
Piermario De Dominicis, appassionato lettore, scoprendosi masochista in tenera età, fece di conseguenza la scelta di praticare uno sport che in Italia è considerato estremo, (altro che Messner!): fare il libraio.
Per oltre trent’anni, lasciato in pace, per compassione, perfino dalle forze dell’ordine, ha spacciato libri apertamente, senza timore di un arresto che pareva sempre imminente.
Ha contemporaneamente coltivato la comune passione per lo scrivere, da noi praticatissima e, curiosamente, mai associata a quella del leggere.
Collezionista incallito di passioni, si è dato a coltivare attivamente anche quella per la musica.
Membro fondatore dei Folkroad, dal 1990, con questa band porta avanti, ovunque si possa, il mestiere di chitarrista e cantante, nel corso di una lunga storia che ha riservato anche inaspettate soddisfazioni, come quella di collaborare con Martin Scorsese.
Sempre più avulso dalla realtà contemporanea, ha poi fondato, con altri sognatori incalliti, la rivista culturale Latina Città Aperta, convinto, con E.A. Poe che:
“Chi sogna di giorno vede cose che non vede chi sogna di notte”.