“Noi non taceremo, noi siamo la voce della vostra cattiva coscienza:
la Rosa Bianca non vi darà pace”.
La Rosa Bianca era il nome assunto da un movimento di resistenza non violenta di universitari di Monaco nella Germania nazista.
Il gruppo era composto inizialmente da cinque studenti: Hans Scholl, sua sorella Sophie Scholl, Christoph Probst, Alexander Schmorell e Willi Graf, tutti poco più che ventenni.
Ad essi si unì il professore Kurt Huber, autore degli ultimi due loro volantini ed altri ancora li appoggiarono, studenti e professori che non vollero però esporsi troppo per paura delle eventuali conseguenze.
Hans nacque nel 1918 a Ingersheim da una famiglia luterana, i genitori erano Robert Scholl, sindaco della cittadina, pacifista e anti-nazionalista, e Magdalene Müller, infermiera e donna molto devota.
Un anno prima di lui era nata Inge, e successivamente alla famiglia si aggiunsero Elisabeth e nel 1921, Sophie.
Nel settembre 1930, alle elezioni per il Parlamento, il Partito Nazionalsocialista ottenne il primo di una serie di successi che lo porterà, in meno di tre anni, a conquistare il potere.
Erano tempi di crisi economica, inflazione, svalutazione del marco e di un’altissima disoccupazione.
Nel frattempo la famiglia Scholl si era trasferita a Ulm. Nonostante la contrarietà del padre, Hans e Sophie Scholl, come tanti giovani tedeschi, subirono il fascino della propaganda del regime e iniziarono a partecipare alle attività delle organizzazioni giovanili naziste, a cominciare dalla Hitler-Jugend.
Tuttavia, dopo un paio di anni, disgustati, se ne allontanarono.
Al distacco degli Scholl dalle idee naziste contribuì la vasta preparazione culturale che avevano acquisito in famiglia, nel loro cammino di ricerca spirituale.
Lessero Platone, Aristotele, Agostino di Ippona, Abelardo, Pascal, Kierkegaard, Goethe, Novalis, Nietzsche, Dostoevskij, Tommaso Moro, scritti buddhisti e confuciani, il Corano, e tanti altri testi.
Ma al centro della loro attenzione restava un ideale di Cristianesimo depurato da compromessi col potere.
Nel 1937 Sophie iniziò il rapporto sentimentale con Fritz Hartnagel, allievo della scuola ufficiali di guerra a Potsdam e poi ufficiale in servizio attivo su diversi fronti della seconda guerra mondiale.
Pur volendo rimanere fedele al suo compito nella Wehrmacht, Fritz condivise lo stesso desiderio di giustizia e libertà di Sophie, che lo portarono ad appoggiare le ragioni di quella resistenza.
Sophie ebbe sempre un legame speciale con il fratello maggiore Hans: quando questi nel 1937 venne arrestato dai nazisti perché sospettato di far parte di movimenti clandestini, Sophie soffrì molto, diventando sempre più avversa al regime hitleriano.
La ragazza era inoltre dotata di buon talento per la pittura, così iniziò anche a frequentare ambienti artistici e letterari antinazisti.
Nella primavera 1940 ottenne il diploma magistrale e trovò impiego come maestra d’asilo al Frobel Institute di Ulm.
Sperava così di poter evitare il lavoro obbligatorio imposto dai nazisti a chi volesse frequentare l’università ma venne costretta a servire come ausiliaria per sei mesi in un istituto di Blumberg.
Potè iscriversi all’Università di Monaco solamente nel maggio 1942.
Qui entrò nel giro di amicizie del fratello che già studiava Medicina.
La primavera del 1941 fu l’anno dell’incontro dei membri della futura Rosa Bianca con Carl Muth e Theodor Haecker, due intellettuali antinazisti il cui pensiero influenzò le scelte e la strategia di resistenza del gruppo.
A dare l’idea dei futuri volantini fu l’arrivo in casa Scholl dei fogli clandestini con le lettere pastorali del vescovo cattolico di Münster, Clemens August von Galen, che si era schierato coraggiosamente contro il nazismo. A Monaco Sophie incontrò altri intellettuali che la spinsero a riflettere sul comportamento che doveva tenere un cristiano di fronte a una dittatura e al male che essa generava.
Nel gennaio 1942 il padre degli Scholl, Robert, fu denunciato da una sua impiegata per aver definito Hitler “un flagello di Dio” e per aver detto che la guerra alla Russia era un massacro insensato e che i sovietici avrebbero finito per conquistare Berlino: venne prelevato dalla Gestapo e interrogato. Rilasciato, successivamente venne condannato a quattro mesi di carcere, cosa che significava la rovina economica della famiglia.
Nello stesso anno Sophie entrò attivamente nella “Rosa Bianca”.
I componenti della Rosa Bianca, come si è accennato, erano per lo più studenti dell’Università, anche se alcuni degli uomini coinvolti avevano già partecipato alla guerra sul fronte francese e su quello russo.
Tutti loro si rendevano conto delle atrocità che venivano commesse contro gli ebrei e i civili e intuivano che la sconfitta subita a Stalingrado dalla Wehrmacht avrebbe alla fine portato al tracollo della Germania.
Essi rifiutavano totalmente ciò che avevano fatto i nazionalsocialisti della loro patria, consci di come stavano ingannando il popolo tedesco.
Nell’estate 1942, Hans Scholl, Schmorell e Graf partirono per un tirocinio medico di tre mesi sul fronte russo; nel corso del viaggio attraverso la Polonia si resero ulteriormente consapevoli degli orrori della guerra, e fecero conoscenza della grandezza delle popolazioni slave.
Rientrati a Monaco, nelle notti del febbraio 1943, i membri della Rosa Bianca scrissero sui muri dell’Università e di altri edifici monacensi un’ottantina di slogan antihitleriani:
“Fate resistenza passiva, resistenza ovunque vi troviate; impedite che questa atea macchina da guerra continui a funzionare, prima che le città diventino un cumulo di macerie… (dal primo volantino della Rosa Bianca).
Il gruppo della “Rosa Bianca” sarà attivo a Monaco per circa un anno tra il 1942 e il 1943, e il mezzo di comunicazione da loro usato di preferenza per far conoscere le loro idee fu il volantinaggio.
In questi pochi ma appassionati scritti, i giovani esortavano i tedeschi a rifiutare la politica dittatoriale di Hitler attraverso la disobbedienza alle leggi del Reich e la riaffermazione dei principi di tolleranza e giustizia.
I primi volantini della “Rosa Bianca” furono spediti in un centinaio di copie anche a intellettuali e professori, lasciati in locali pubblici o gettati dai tram nella notte.
Gli ultimi due furono distribuiti clandestinamente nei luoghi più frequentati dell’università di Monaco dai giovani del gruppo che non esitavano a scrivere slogan antidittatoriali sui muri dell’ateneo.
Proprio durante la distribuzione dell’ultimo volantino, Sophie salì al secondo piano per lanciare dalla balaustra i fogli e farli cadere sugli studenti che si affollavano nell’atrio.
Riconosciuta da un inserviente, membro del partito nazista, fu arrestata insieme con il fratello.
Stessa sorte, poco dopo, toccò agli altri membri del gruppo.
Il 22 febbraio 1943, insieme col fratello e con Probst, fu processata dal Tribunale del Popolo, presieduto dal famigerato giudice del Reich Roland Freisler.
Dichiarò Sophie durante il processo: “Sono in tanti a pensare quello che noi abbiamo detto e scritto, solo che non osano esprimerlo a parole”.
Le motivazioni della sentenza furono le seguenti: ‘’Gli accusati hanno, in tempo di guerra e per mezzo di volantini, incitato al sabotaggio dello sforzo bellico e degli armamenti, e al rovesciamento dello stile di vita nazionalsocialista del nostro popolo, hanno propagandato idee disfattiste e hanno diffamato il Führer in modo assai volgare, prestando così aiuto al nemico del Reich e indebolendo la sicurezza armata della nazione.
Per questi motivi essi devono essere puniti con la morte’’.
Riconosciuta dunque colpevole di tradimento, nello stesso giorno Sophie fu ghigliottinata col fratello Hans e l’amico Cristoph Probst nel cortile della prigione Stadelheim di Monaco.
Come ricordò un sopravvissuto del gruppo: ‘’Sophie Scholl fu torturata per quattro giorni, dal 18 al 21 febbraio 1943. Lei era senza dubbio la persona più forte all’interno del gruppo della Weisse Rose, la più determinata, la più sincera e la più attiva”.
Durante l’istruttoria del processo, l’uomo della Gestapo che faceva l’interrogatorio le aveva chiesto alla fine:
“Signorina Scholl, non si rammarica, non trova spaventoso e non si sente colpevole di aver diffuso questi scritti e aiutato la Resistenza, mentre i nostri soldati combattono a Stalingrado? Non prova dispiacere per questo?”
e lei rispose:
“No, al contrario! Credo di aver fatto la miglior cosa per il mio popolo e per tutti gli uomini. Non mi pento di nulla e mi assumo la pena’’.
Le sue ultime parole prima dell’esecuzione furono:
“Come possiamo aspettarci che la giustizia prevalga quando non c’è quasi nessuno disposto a dare se stesso individualmente per una giusta causa?
È una giornata di sole così bella, e devo andare, ma che importa la mia morte, se attraverso di noi migliaia di persone sono risvegliate e suscitate all’azione?”
Oggi in un angolo del cimitero di Monaco riposano i due fratelli.
Due croci di legno scuro, unite da un solo braccio trasversale con inciso: Hans Scholl e Sophie Scholl. Uno degli ultimi 3000 volantini distribuiti il 18 febbraio 1943 quando Sophie venne arrestata, recitava:
‘’Non c’è nulla di più indegno per un popolo civile che lasciarsi governare, senza alcuna opposizione, da una cricca di criminali irresponsabili e dominati dai propri istinti.
Non è forse vero che ogni onesto tedesco oggi si vergogna del suo governo?
E chi di noi ha idea delle dimensioni dell’infamia che un giorno cadrà su di noi e sui nostri figli, quando sarà caduto il velo dai nostri occhi e saranno venuti alla luce i crimini più orribili, infinitamente superiori ad ogni misura?”
Oggi la piazza dove è ubicata l’entrata principale dell’Università Ludwig-Maximilian di Monaco è battezzata “Geschwister-Scholl-Platz” (piazza fratelli Scholl) in loro onore.
Nel Nel 2005 è stato prodotto in Germania un film che narrava gli accadimenti finali della vicenda dell’organizzazione clandestina, pellicola che era intitolata “La Rosa Bianca – Sophie Scholl”.
Il film è stato trasmesso qualche tempo fa da Rai 5 in prima serata.