Vernon Lee, la scrittrice che si fece scrittore

Grazie alla benemerita casa editrice Sellerio, alla quale devo la scoperta di molti scrittori poco conosciuti, ma dalle qualità letterarie sorprendenti e indiscutibili, anni fa mi trovai in mano un  libretto delizioso che sotto il titolo “Possessioni” raccoglieva tre racconti storici di ambientazione italiana, tra una fiabesca Urbino, una Venezia immersa nelle caligini lagunari ed un palazzo fatiscente di Foligno.
I racconti, pervasi da una ambigua atmosfera gotica che evidentemente doveva qualcosa ad Henry James, erano stati scritti da quello che sembrava un ottimo autore inglese di fine Ottocento, primi del Novecento: Vernon Lee.

Violet Paget/Vernon Lee nel 1870

Una prosa suggestiva ed evocativa permetteva alle tre storie di inserirsi con grande naturalezza e maestria nella loro cornice ambientale, costruendo quel perfetto amalgama tra forma e contenuto che rende degna un’opera letteraria.
Come sempre accade quando si incappa in un libro che apprezziamo, scritto da un autore sconosciuto, volli saperne di più: quel che seppi mi mise davanti ad una figura particolarissima, dalla personalità originale, controcorrente al punto di viaggiare in una direzione sia personale che culturale che si rivelava in netto anticipo rispetto ai suoi tempi.
Venni a sapere innanzitutto che Vernon Lee era lo pseudonimo dietro il quale si era nascosta una scrittrice, quindi una donna, oggi in parte dimenticata, ma che oltre ad essere una splendida narratrice di letteratura fantastica, fu anche un’importante intellettuale che già nell’Ottocento lottò contro l’identità di genere, una poliglotta, una saggista e una studiosa innamorata dell’Italia, anticonformista e decisa femminista.
Il famoso pittore John Sargent la ritrasse vestita austeramente in foggia quasi maschile, coi capelli molto corti e lo sguardo, vivo dietro le lenti tonde di un paio di occhiali, e rivolto a qualcosa di distante.

Vernon Lee ritratta da John Sargent – 1881 –

La sua avventura umana e culturale iniziò in Francia, luogo dove Violet Paget, questo era il suo vero nome, nacque nel 1856, e precisamente a Boulogne sur Mer, da una famiglia colta e cosmopolita, avvezza dunque a viaggiare, e che si stabilì infine a Firenze, assecondando una passione per quella città che accomunava tradizionalmente molta della più raffinata intellighenzia anglosassone.
Intelligente, curiosa e capace di parlare più lingue, per Violet fu quasi naturale iniziare a scrivere.
Ma se nella seconda metà dell’Ottocento erano molte le donne che si dedicavano all’attività letteraria, soprattutto come scrittrici di romanzi, esse incontravano però parecchie difficoltà ad essere prese sul serio come saggiste, autrici di opere filosofiche o storiche.
La Paget se ne rese ben presto conto decidendo quindi di cambiare nome e adottandone uno maschile, Vernon Lee appunto, che finì per usare anche nel privato.
Iniziata così la carriera col nuovo nome nel 1878, e fattasi conoscere dall’ambiente culturale inglese, appena due anni dopo, pubblicò una raccolta di saggi sull’Italia del Settecento.
Quelle pagine erano lo sbocco di un amore per il nostro paese che fu in lei forte e costante: il paesaggio italiano, le città, i borghi, esercitavano su di lei un fascino irresistibile.
La storia, i miti e i misteri che da quei luoghi si sprigionavano, si riflettevano nella sua scrittura, impregnata di un interesse ed un amore che non vennero mai meno.

Vernon Lee

Ancora molto giovane, aveva solo ventidue anni, la Lee, studiosa del nostro Settecento, aveva già fatto conoscere ai suoi connazionali, che fino a quel momento le avevano ignorate, le figure di  Pietro Metastasio e Carlo Goldoni.

Risiedeva a Firenze nella sua amata villa, Il Palmerino, acquistata in precedenza dalla sua famiglia da un conte italiano, prendendo ben presto ad ospitarvi e ad incontrarvi altre personalità letterarie e culturali, intrattenendo rapporti di amicizia, non sempre duraturi, con gente del calibro di Henry James o Bernard Berenson.
La sua attività, sempre intensa, proseguì da un lato con la progressiva scoperta della nostra storia, dall’altro producendo romanzi e storie di genere fantastico delle quali fu una sorta di pioniera.

Ritratto di Vernon Lee eseguito da John Singer Sargent (1881-Tate Gallery, Londra).

Fu autrice quindi sia di saggi di estetica e di pubblicazioni sul Rinascimento italiano, che di romanzi e racconti fantastici, come quelli presenti nella bellissima raccolta “Possessioni” di cui abbiamo già parlato.
Lo stile elegante ed eclettico ne fecero col tempo una personalità di riferimento non solo negli ambienti culturali britannici, ma anche in quelli italiani.
Fu anticonformista anche nella vita privata: femminista accesa e lesbica dichiarata, visse soprattutto due amori: il primo per la sua prima compagna di molti anni, Clementine Anstruther Thomson, ed infine quello per Irene Cooper Willis, la donna che le rimase accanto fino alla morte.

Fu anche un’accanita pacifista e la sua decisa e pubblica opposizione alla Prima Guerra Mondiale le provocò molte inimicizie, oltre che una reazione degli ambienti letterari che da quel momento in poi cominciarono a snobbarla.

Clementina Anstruther Thomson, 1889

Morì a Firenze nel 1935 e la sua ultima compagna, Irene Cooper Willis, in ossequio alla volontà di Vernon Lee, donò al British Institute del capoluogo toscano la sua collezione di libri antichi, comprendente oltre quattrocento volumi.
Molte sono le opere di Vernon Lee tradotte in italiano, oltre alla già menzionata raccolta “Possessioni”.
Tra le più importanti, accanto ai saggi sul Settecento italiano, ormai introvabili, segnaliamo i racconti di “Ombre italiane”, pubblicati da Guanda; “L’amore fantasma e altri racconti”, edito da Passigli; “L’avventura di Winthrop, pubbicato da Sellerio e “Genius Loci”, stampato dalla medesima casa editrice.

Vernon Lee nel 1914 nel giardino della sua villa Il Palmerino a Firenze

Piermario De Dominicis, appassionato lettore, scoprendosi masochista in tenera età, fece di conseguenza la scelta di praticare uno sport che in Italia è considerato estremo, (altro che Messner!): fare il libraio.
Per oltre trent’anni, lasciato in pace, per compassione, perfino dalle forze dell’ordine, ha spacciato libri apertamente, senza timore di un arresto che pareva sempre imminente.
Ha contemporaneamente coltivato la comune passione per lo scrivere, da noi praticatissima e, curiosamente, mai associata a quella del leggere.
Collezionista incallito di passioni, si è dato a coltivare attivamente anche quella per la musica.
Membro fondatore dei Folkroad, dal 1990, con questa band porta avanti, ovunque si possa, il mestiere di chitarrista e cantante, nel corso di una lunga storia che ha riservato anche inaspettate soddisfazioni, come quella di collaborare con Martin Scorsese.
Sempre più avulso dalla realtà contemporanea, ha poi fondato, con altri sognatori incalliti, la rivista culturale Latina Città Aperta, convinto, con E.A. Poe che:
“Chi sogna di giorno vede cose che non vede chi sogna di notte”.




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