Erasmo risponde

Inizia oggi la nuova rubrica di risposte alla corrispondenza ricevuta dai nostri graditi lettori*.

Caro Erasmo,

sono un sessantenne che non riesce più a capire i giovani d’oggi. Eppure non mi sento tanto vecchio, mi mantengo attivo, leggo, ascolto musica, vado al cinema e al teatro, partecipo a incontri pubblici sui problemi della mia città e ad altre iniziative di varia natura.

Eppure, in tutte queste attività, raramente mi imbatto in qualche giovane e questo da un lato mi sorprende, dall’altro mi preoccupa per il futuro, che vedo a tinte sempre più fosche.

Ricordo bene la mia giovinezza, la voglia di cambiamento e di partecipazione. Non che fosse facile: pochi spazi di confronto, muri di gomma eretti a protezione dello status quo. Eppure c’erano l’impegno e la speranza che qualcosa potesse cambiare, che la cultura elevasse la nostra condizione, cosa che accadeva con una certa frequenza.

Ora vedo tutti questi giovani senza interessi, senza prospettive, ma anche senza voglia di lottare per migliorare la situazione. Rassegnazione, questo leggo nell’apatia imperante.

Cosa fare, come coinvolgere le giovani generazioni nella riconquista dell’ingrediente essenziale che mi pare oggi scarseggi, l’amor proprio?

Depresso ma con giudizio

Caro Depresso,

ogni generazione ha le sue modalità di rapportarsi col tempo che le è dato di vivere, senza peraltro poter mai generalizzare.

La tua impressione è frutto dell’osservatorio da cui ti affacci: se al cinema vai a vedere film russi sottotitolati in croato, difficile che ci trovi un giovane. E questo vale per tutte le altre attività che prediligi. Frequenta i posti da giovani, alza le antenne e mettiti in ascolto, c’è vita anche in quella galassia.

Per noi che siamo fuori da questi tempi ipertecnologici e dematerializzati, dove gli incontri spesso avvengono sul web e si chatta col vicino di sedia quando capita di andare a cena fuori, tutto questo appare incomprensibile e preoccupante.

Ma l’umanità è sempre sopravvissuta a sé stessa e i figli hanno in qualche modo tradito i gusti dei genitori. Quando noi eravamo ragazzini, gli adulti impazzivano per il reuccio Claudio Villa e vedevano come un debosciato, simbolo del declino imminente, il molleggiato. Ora Celentano è un classico da vecchietti e non sei nessuno se non rappi o trappi.

Tempo al tempo, sta alle giovani generazioni costruirsi la strada, che sarà certamente diversa dalla nostra ma non per questo sbagliata.

Certo che se si dessero una svegliata, ‘sti fanciulli…

Un abbraccio e su con la vita, tuo

Erasmo dal Kurdistan

 

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