Ormai è un luogo comune.
Ogni anno, di questi tempi, si preannuncia un autunno caldo, a volte torrido. Scioperi, vertenze contrattuali, scuole senza insegnanti, delocalizzazioni aziendali; ma soprattutto la nuova legge di bilancio.
Quest’anno a maggior ragione, dato che viene messo alla prova il “contratto di Governo” che tiene insieme la maggioranza pentaleghista.
Che poi, da un lato si propone la nazionalizzazione delle autostrade, dall’altro si privatizzano la politica e il governo del Paese.
Cosa succede in caso di inadempimenti al contratto? Scattano penali? Si ricorre alla giustizia ordinaria?
Le parole sono importanti (cit.): dove vengono usate fuori contesto o non se ne capisce il senso, lì probabilmente c’è una fregatura.
I tre punti cardine del “contratto” sono: flat tax, reddito di cittadinanza e superamento della legge Fornero (ovvero quota 100 per le pensioni).
Ci sarebbe stato, tra le altre mirabolanti promesse, anche il taglio delle accise sui carburanti, ma costa troppo in relazione alla reale percezione da parte dei cittadini: le oscillazioni di qualche centesimo sono all’ordine del giorno, e qualche centesimo in meno di accise costa bei soldini; troppi, per chi è alla disperata ricerca di fonti di finanziamento per i tre macro-temi.
La propaganda aveva provato a sostenere che le risorse ci sono ma, se anche mancassero, si sarebbero potuti superare i parametri fissati dalla perfida Unione Europea (Italia inclusa, tanto per fare un po’ di storia).
In men che non si dica è volato lo spread e i toni, dopo le inutili lamentele gomblottiste di prammatica, si sono immediatamente abbassati.
Bene ha fatto il Ministro Tria a ricordare che lo sforamento dei limiti andrebbe semplicemente a finanziare il maggior costo del debito; manovra per nulla neutrale, dato che un innalzamento dei tassi impatta non solo sui conti pubblici, ma anche su famiglie e imprese innalzando il costo dei mutui e del denaro.
Sono pertanto iniziati i riposizionamenti, che la potente macchina della propaganda (l’unica cosa che abbia realmente funzionato, finora) vuole spacciare per adempimenti del programma.
Vediamo per ciascun provvedimento come sta evolvendo la situazione, prendendo come punto di riferimento le ore 12:00 del 18 settembre, visto che continuano a sovrapporsi varie dichiarazioni dalle più svariate fonti, indice di una compattezza dell’alleanza più dichiarata che reale.
Ogni tanto anche il Presidente del Consiglio prende la parola per asserire che poi alla fine decide lui: precisazione inutile, se fosse realmente vero.
E invece…
- Per la flat tax si è prima annunciata la riunificazione di un paio di aliquote, poi si è passati ad annunciare l’introduzione progressiva del provvedimento: il primo anno tocca a imprese e partite Iva, poi agli altri.
Tenuto conto che il peso delle imposte dirette grava per oltre il 70% sui soggetti a reddito fisso (dipendenti e pensionati) – anomalia evidente nel panorama europeo – l’intervento così è enormemente meno oneroso.
L’importante però è poter dire che l’introduzione sia avvenuta, che le odiate tasse sono state abbassate.
- Per il reddito di cittadinanza, secondo i numeri che girano, lo stanziamento non sarebbe sufficiente neanche a coprire le c.d. pensioni di cittadinanza, cioè l’elevazione della pensione minima a 780 euro/mese.
Essendo però l’elemento cardine del programma di uno dei due “soci” del contratto, si dovrà trovare la copertura.
È essenziale che qualcosa che include un “di cittadinanza” finisca nella legge di bilancio, pena la tenuta di questa maggioranza.
- Per le pensioni, si era partiti da “quota 100” (intesa come somma di anzianità contributiva più età anagrafica), poi corretta con età minima di 64 anni, poi 62 ma con parte degli oneri a carico delle imprese.
Costo del provvedimento comunque proibitivo, a conti fatti.
Insomma la coperta è cortissima, hai voglia a tirarla, e tra promesse elettorali e risorse scarse anche la migliore propaganda fa fatica (di recente ci si è messo pure il taglio dei ticket sanitari).
Proprio sul fronte delle coperture troviamo il migliore colpo di teatro: un decreto, collegato alla legge di bilancio, con l’introduzione della “Pace Fiscale”.
Ci si può girare intorno e arrampicarsi sugli specchi semantici, ma si tratta di un condono.
Non voglio in questa occasione sollevare il tema dell’eticità dei condoni e dei loro effetti nel medio-lungo termine, ma semplicemente rilevare come un provvedimento che prevede entrate una tantum non può finanziare riforme strutturali.
Impossibile pensare che questa semplice regola, che va applicata al bilancio di qualunque Ente Pubblico, non sia nota al Ministro Tria.
Né si può immaginare che passi indenne il controllo anche solo della Ragioneria Generale, per non dire dell’UE. Perché allora provarci?
A me vengono in mente due possibili risposte, ma non escludo che ci sia dell’altro.
A chi chiedesse conto della copertura delle tre riforme citate per gli anni dal 2020 in poi si potrebbe rispondere che anche le riforme introdotte sono una tantum, soggette a un “periodo di valutazione” di un anno, al termine del quale potranno essere confermate solo se avranno dimostrato la loro validità e/o se saranno reperite adeguate coperture strutturali.
Oppure si punta a una prima bocciatura del provvedimento, dall’interno o dall’esterno poco importa.
Sul vittimismo la macchina della propaganda dà il meglio di sé: noi vogliamo adottare i provvedimenti utili per il nostro popolo, ma i poteri forti, l’Europa, la globalizzazione finanziaria, gli immigrati (affermazione che sta bene su tutto), le oscure entità pluto-pippo-paperinocratiche ce lo impediscono (per non parlare della perfida Albione, che se qualcuno la tirò in ballo quasi un secolo fa ci sarà pur stato un motivo).
In ogni caso, l’obiettivo di questo prolungamento di campagna elettorale farcito di annunci è chiaro a tutti: le elezioni europee del 2019, dove peraltro i due “contraenti” sono schierati su posizioni differenti.
Ma non importa, mica l’Europa è contemplata nel contratto (e quindi, secondo questo approccio “impolitico”, non ha alcuna importanza per il futuro del Paese).
Questo obiettivo comporta, di contro, anche la ricerca di visibilità di ciascun contraente, con conseguenti precisazioni e distinguo.
I pentastellati, che soffrono l’iperattivismo del socio di minoranza, dichiarano che la flat tax va bene, purché agevoli i redditi medio-bassi; anche la “pace fiscale” si può fare, purché non sia un condono: evidenti contradizioni in termini, frutto di scarsa comprensione dei provvedimenti o di malafede.
I leghisti a loro volta si dichiarano contrari a fornire un reddito ai fannulloni per farli stare comodamente a vedere la tv sul divano; forse per questo si intende partire dalle pensioni di cittadinanza, che i beneficiari sul divano ci stanno già.
Staremo a vedere come evolve (parola grossa) la situazione.
Il vostro Amedeo proverà a tenersi aggiornato (mica facile, con questo minestrone di proposte contrastanti) per tentare di rifare il punto se e quando qualche nube si sarà diradata.