Il Direttore ad interim del Fogliaccio, Dott. Lello Rapallo, era un uomo che, almeno apparentemente, non aveva nulla di misterioso: sembrava così semplice ed esplicito che era difficile immaginare il suo armadio stipato di scheletri come quello di Frangiflutti, che al contrario pareva un ossario.
In sostanza Rapallo era sempre stato limpido: aveva una sola faccia, quella del servo.
Si era sempre schierato, infatti, dalla parte del potere, in qualsiasi luogo o fratta esso allignasse, fosse pure la dirigenza di una bocciofila, e a prescindere da quali persone o schieramenti lo incarnassero.
A differenza di Frangiflutti che provava a spacciare una poco credibile maschera di indipendenza e autorevolezza, roba che durava giusto il tempo di beccarsi una piccola messa a punto da parte della Proprietà, Rapallo non sentiva affatto la necessità di ostentare un’autonomia che non si era mai preoccupato di conquistare sin da quando dipendeva dalla mamma per le pappine omogeneizzate.
A scuola il piccolo Lello era quello col grembiule sempre a posto e col fiocco perfetto, quello che attirava inevitabilmente gli scherzi dei compagni e che vi reagiva con una puntuale attività di spionaggio e di delazione per conto della maestra.
Non si era più scostato da questo schema esistenziale per il resto della vita, trovando in ogni ciclo di essa insegnanti, datori di lavoro, proprietari, politici o amministratori delegati ai quali chiedere sostegno in cambio della sua fedeltà, del suo servilismo e della sua serena amoralità.
La sua carriera era dunque filata liscia, proprio come va una barca a vela in un bel mattino col giusto filo di vento, e aveva preso anzi una bella impennata in seguito al suo incontro con Monsignor Luis Verafè, Primo Assistente del Preposito Generale della Compagnia di Gesù.
I due si erano conosciuti in occasione della consegna del Premio “Sopportatrice dell’Anno”, che veniva assegnato dalla rivista “Soffri in silenzio”, della quale Rapallo era redattore, rivista che era emanazione delll’ACCT, l’Associazione Cristiana Cornute Taciturne.
Il riconoscimento andava alla sposa che, unita cristianamente in matrimonio, aveva subito senza reagire il maggior numero di violenze morali da parte del legittimo consorte.
Una corrente immediata di simpatia e di intesa si era stabilita tra Lello Rapallo e il gesuita: il primo apprezzava incondizionatamente nel religioso, la straordinaria abilità di simulatore, un atteggiamento ormai naturale in Verafé, che lo portava a farsi compatire proprio nello stesso istante in cui, mellifluo e letale, colpiva il suo preteso persecutore come un coccodrillo singhiozzante.
Il Monsignore da parte sua, stressato dalle mille manovre sotterranee che erano il suo pane quotidiano, trovava il giornalista, nel suo esplicito servilismo, un soggetto riposante: stando in compagnia di Rapallo non era costretto a chiedersi di continuo, come gli accadeva con chicchessia, quali fossero i reali scopi, i veri intenti delle sue azioni, o delle sue affermazioni, perché nel suo caso erano più che palesi.
Agli occhi del gesuita, abituati ad ogni genere di ipocrisia, l’esplicito leccaculismo del giornalista appariva insomma un vero sorso d’acqua limpida, un reale conforto, e l’unica caratteristica sgradevole in quell’uomo così sanamente servile, era l’esuberante sudorazione sub ascellare.
Anche la redazione del Fogliaccio, sensibile in blocco, con l’eccezione dello stralunato Tarallo, alle giravolte e ai desiderata del potere, si rese conto prontamente delle due salienti caratteristiche del Direttore ad interim: la prudente linea editoriale, idealmente concordata con la proprietà e coi potentati locali, e la produzione fluviale di sudore.
,E mentre la prima di queste peculiarità non provocava alcuna reazione critica, né tantomeno indignata, in quei giornalisti da sempre in scarsa confidenza col coraggio, la seconda faceva arricciare il naso a molti.
In quelle giornate di maggio, del resto, vi era già un presentimento d’estate: chiare e soleggiate, provocavano i primi fastidi da caldo nei redattori.
Si sbuffava, a tratti ci si sventagliava con qualcosa il viso, si mormorava contro quell’anticipo di stagione. Tutto quello che infastidiva appena i redattori, però, era cosa da nulla in confronto con ciò che avveniva nella persona del Direttore ad interim Lello Rapallo.
In quei giorni, infatti, quell’uomo dava un precoce e vistoso avvio al ciclico processo stagionale che dallo stato solido lo conduceva verso quello liquido.
Questa metamorfosi, per il momento ancora parziale, non rimaneva tuttavia senza conseguenze.
In alto, pendente dal soffitto e posto verso il fondo della grande sala della redazione, troneggiava un grande cartellone sul quale venivano appuntati gli articoli che avrebbero fatto parte del numero del giornale in preparazione. Le scritte, sotto il coordinamento di Rapallo, venivano costantemente aggiornate col progressivo arrivo dei pezzi.
Per indicare questo o quell’articolo, il Direttore ad interim era costretto naturalmente ad alzare il braccio.
Dinanzi agli occhi sgomenti dei giornalisti più prossimi si spalancava l’orrido panorama subascellare di quello sventurato: la camicia in quelle zone assumeva l’aspetto di un pantano, scuro e intriso di acque maleodoranti, frequentato da una pletora di esserini volanti dalla svariata morfologia. Quell’ambiente ostile alla vita, aveva già mietuto le prime vittime.
Un giorno, era uno tra i primi del mite mese di maggio, il più roccioso leccaculo vegetante tra i redattori, Ascanio Tripozzi, detto Linguadifuoco, che aveva subito riconosciuto in Rapallo un’anima gemella, si era incautamente posto nei pressi del dirigente ad interim.
Il capo in quel momento stava segnalando alcune priorità nella stesura degli articoli previsti per il giorno successivo.
Tripozzi, nella sua ansia di apparire compiacente, si era piazzato fin troppo a ridosso del Direttore e, come gli riusciva benissimo di fare, assentiva con aria seria e convinta ad ogni sua affermazione
Ad un tratto però, Rapallo alzò di scatto il braccio per indicare qualcosa sul cartellone. Accompagnato da un sinistro gorgoglio di acque marce, un nugolo d’insetti si levò dalle sue ascelle palustri, alzandosi in volo e mille effluvi salmastri e acri si sprigionarono intorno: contemporaneamente Tripozzi si afflosciò cone un sacco vuoto.
Tarallo che non era distante, incurante dei rischi, si precipitò a prestare soccorso.
Tripozzi aveva gli occhi rovesciati verso l’alto come quelli delle sante martiri e la punta della lingua gli spuntava tra le labbra. A molti sembrò di sentirgli cantare fievole la canzoncina “Quarantaquattro gatti”, ma il fatto non venne mai accertato davvero.
“Sarà il caldo – commentò distratto il Direttore ad interim, che non si rendeva minimamente conto dell’arma di sterminio di massa che nascondeva sotto le braccia – non è il primo che mi vedo cadere intorno agli inizi di stagione.”
“Sfido io – pensò Lallo mentre rimanendo in apnea trascinava il corpo di Tripozzi lontano da quella sudorazione assassina – con quelle ascelle potremmo vincere terza e quarta guerra mondiale!”.
Mentre il collega della nera tentava di far rinvenire Linguadifuoco con una salva di micidiali schiaffoni sulle guance, Rapallo parve illuminarsi: “Grande idea!! Tarallo, fammi subito una bella inchiestina sui malori tipici dei cambi di stagione e sui pericoli dei primi caldi! Bella tosta eh, mi raccomando: non tralasciare i colpi di sole e il rischio estremo dell’autocombustione a bordo piscina! Duro eh, non fare sconti ….”
Tarallo, che era impallidito come una nota dinanzi a Jovanotti, si accorse che Tripozzi, che era appena rinvenuto a ceffoni, credendo erroneamente che quel pezzo miserabile fosse stato richiesto a lui, emettendo dalla bocca qualcosa che stava a metà tra un rantolo ed una pernacchia, era svenuto di nuovo, rifugiandosi in una pietosa incoscienza.
Lallo Tarallo, giovane sin dalla nascita, è giornalista maltollerato in un quotidiano di provincia.
Vorrebbe occuparsi di inchieste d’assalto, di scandali finanziari, politici o ambientali, ma viene puntualmente frustrato in queste nobili pulsioni dal mellifluo e compromesso Direttore del giornale, Ognissanti Frangiflutti, che non lo licenzia solo perché il cronista ha, o fa credere di avere, uno zio piduista.
Attorno a Tarallo si è creato nel tempo un circolo assai eterogeneo di esseri grosso modo umani, che vanno dal maleodorante collega Taruffi, con la bella sorella Trudy, al miliardario intollerantissimo Omar Tressette; dall’illustre psicologo Prof. Cervellenstein, analista un po’ di tutti, all’immigrato Abdhulafiah, che fa il consulente finanziario in un parcheggio; dall’eclettico falsario Afid alla Signora Cleofe, segretaria, anziana e sexy, del Professore.
Tarallo è stato inoltre lo scopritore di eventi, tra il sensazionale e lo scandaloso, legati ad una poltrona, la Onyric, in grado di trasportare i sogni nella realtà, facendo luce sulla storia, purtroppo non raccontabile, di prelati lussuriosi e di santi che in un paesino di collina, si staccavano dai quadri in cui erano ritratti, finendo col far danni nel nostro mondo. Da quella faccenda gli è rimasta una sincera amicizia col sagrestano del luogo, Donaldo Ducco, custode della poltrona, di cui fa ampio abuso, intrecciando relazioni amorose con celebri protagoniste della storia e dello spettacolo.
Il giornalista, infine,è legato da fortissimo amore a Consuelo, fotografa professionista, una donna la cui prodigiosa bellezza riesce ad influire sulla materia circostante, modificandola.
Lallo Tarallo è un personaggio nato dalla fantasia di Piermario De Dominicis, per certi aspetti rappresenta un suo alter ego con cui si è divertito a raccontarci le più assurde disavventure in un mondo popolato da personaggi immaginari, caricaturali e stravaganti