Quale elegia
se il tuo corpo è lancia
e le tue ali stormo?
È sangue marino
non chiudere i balconi
è mattino zelante
che bussa alle celle.
Un torrente di cavalli corre
in direzione del cuore
la notte stende i suoi bianchi sudari
è acqua l’essenza di questo miraggio
e nel suo sangue trabocca un astro
e campi di grano senza fine
e mani di condivisione.
Portatelo nel domani come palma
leggete la sua fecondità
è lui il libro della pioggia tanto atteso.
Primo dei cammelli, che cosa scorterai
se il suo corpo è fiume in cui scorre
se il suo corpo è strada nel paese
sì
la terra inizia da una strada
il mare da un’onda
i cieli dalla stella polare
questo è ora
il suo specchio non ha orizzonte
i suoi larghi occhi
si allargano.
Pianura, torna quella che eri
passa in paese nelle vesti dell’ucciso.
Un meteorite devia dalla nostra galassia
e l’arco di trionfo si inchina ai suoi piedi
lo bagna del candore dei gabbiani
che tante volte hanno detto:
le sue intenzioni sono le nostre ali
e sono volati.
Le studentesse gli hanno detto:
salve
e alle studentesse ha teso la mano
offrendo nastri rossi
dalla bandiera che indossava
e loro sono volate.
Bussa alla porta il vento del nord
bussa il giornale
il postino
le mani di madre e compagni
e lui è volato
ma è ancora pigiato in mezzo a noi
leggete un corpo coperto di ferite
ogni ferita è un comunicato.
Faraj Bayrakdar
Fresia Erésia, eteronimo di una poeta la cui identità è sconosciuta. Vive in subaffitto nella di lei soffitta, si ciba di versi sciolti, di tramonti e nuvole di panna. Nasconde le briciole dei tetti sotto la tovaglia e i trucioli di limature di strofe sotto il tappeto. Compone e scompone, mescola le carte, si cimenta e sperimenta.