La meravigliosa storia di Peter Schlemihl e di Adalbert Von Chamisso


In quel calderone di storia e di romanticismo che fu il periodo a cavallo tra la fine del Settecento e i primi tre decenni dell’Ottocento in Europa, tra tante figure rimarchevoli di scrittori e letterati che lo affollarono, ce ne fu una tanto originale quanto oggi poco conosciuta al grande pubblico, meno nota nonostante abbia prodotto almeno un piccolo capolavoro.

Von Chamisso in un ritratto giovanile

Parlo di Adalbert Von Chamisso, francese di nascita ma ufficiale dell’esercito in Germania, scrittore, poeta, botanico ed esploratore.
Come si può notare, stiamo parlando di un uomo al quale non sono mancate esperienze di ogni genere, avventure emozionanti, rese possibili dalla sua capacità di fare incursioni in diversi ambiti, di sentire il richiamo di molte e differenti ispirazioni ed inclinazioni.
Parlo volentieri di lui perché tantissimi anni fa la lettura di un suo fantasioso e aggraziatissimo libretto mi regalò qualche ora di reale e puro godimento letterario.
Affascinato come sempre dai libri che si portano appresso con una storia particolare, comprai un’edizione dei primi del Novecento de “La meravigliosa storia di Peter Schlemihl”.

Edizione del 1814 de “La meravigliosa storia di Peter Schlemihl”

Avevo sentito qualcosa sul suo autore, non abbastanza tuttavia per esserne influenzato anzitempo nel valutarlo leggendolo.
Ero ancora un ragazzo e vivendo in casa dei miei genitori, potei permettermi di incontrare quel libretto così invitante nelle migliori condizioni ambientali: mi misi accanto al grande camino acceso e, accarezzato da luce e calore di una fiamma benevola, percorsi per intero e velocemente il cammino proposto da quelle belle pagine, provando il conforto di una leggerezza ed un piacere che avrei poi sempre ricordato. 

Peter Schlemihl, un giovane povero, privo di mezzi, giunge in una nuova città in cerca di lavoro. Tutto quel che ha è una lettera di raccomandazione per un gentiluomo che potrebbe aiutarlo, così si reca in casa sua per consegnargliela. Lì incontra però uno uomo un po’ strano e misterioso, che si rivelerà essere il demonio, e che gli fa una particolarissima proposta: in cambio di una borsa magica, capace di produrre all’infinito monete d’oro, pretende la sua ombra.

Peter dapprima rimane stupito, ma spinto poi dal peso della sua povertà, pensando a tutto quell’oro, accetta lo scambio.
Da questo episodio prendono avvio le mirabolanti e impreviste avventure di Schlemihl: quel che sembrava tutto sommato innocuo rivela il suo risvolto sgradevole e il fatto che lui non possieda un’ombra genera diffidenza e spavento nelle persone, che a causa di questa stranezza sono indotte a diffidarne, a rifiutarlo.

Al termine di un percorso fantastico e movimentato, denso di peripezie, Peter trova nello studio della natura un approdo capace di restituirgli la serenità perduta.
Un finale di questo genere, che arriva dopo pagine e pagine di grande racconto fantastico, tempera molto dello slancio pienamente romantico che permea quasi tutto il romanzo.
Fa pensare piuttosto alla conclusione del “Candide” di Voltaire ed alla sua morale realistica, intrisa di buon senso illuministico, suggerendoci anche quanto sia complessa la personalità di Chamisso, così poco etichettabile.
E non ci vuole molto intuito per ipotizzare che una storia di questo genere possa contenere molto di autobiografico e che il suo autore sicuramente abbia vissuto una esistenza complicata ed errabonda.
La biografia dello scrittore del breve romanzo di cui parliamo, in effetti conferma in pieno una tale ipotesi .

Louis Charles Adélaïde de Chamissot de Boncourt, detto Adelbert von Chamisso, nacque nel 1781 in Francia, nella regione dello Champagne – Ardenne, a Château di Boncourt, luogo d’origine della sua famiglia.
Vittime della Rivoluzione i suoi genitori furono costretti all’esilio e si stabilirono in territorio tedesco, a Berlino.
Fu in quella città che il giovane Chamisso, a quindici anni, riuscì ad ottenere il posto di paggio servente della regina.
Qualche anno dopo divenne allievo ufficiale in un reggimento di fanteria prussiano.
Questa scelta sembrò allontanarlo decisivamente dalla sua nazione di origine, e anche se il resto della sua famiglia scelse poi di rientrare in Francia, lui proseguì in Germania la sua carriera militare.
Pur non avendo avuto delle buone basi scolastiche, a differenza delle maggior parte dei militari dell’epoca, Adalbert era attirato dallo studio ed in effetti la pratica assidua con la quale vi si dedicava, sembrava dargli grande soddisfazione.
Il primo risultato di questa sua forte vocazione culturale fu la fondazione, insieme con altri letterati, dell’Almanacco Berlinese delle Muse, sul quale pubblicò i suoi primi versi.

Ritratto di Von Chamisso

La rivista, che lo aveva comunque portato ad essere conosciuto negli ambienti letterari, uscì solo dal 1803 al 1806, interrotta dallo scoppio della guerra con la Francia, nel corso della quale Chamisso visse il trauma di una resa infamante ad Hameln, la città del pifferario magico.
Trattenuto prigioniero, venne poi rilasciato sulla parola e tornò in Francia. Cercò quindi i suoi genitori, scoprendo che erano morti entrambi e fu allora che aderì alla Massoneria.

Nel 1807 rientrò a Berlino. La sua situazione in quel periodo era tutt’altro che rosea: era povero, senza lavoro e senza una casa. Riuscì a barcamenarsi in qualche modo fino al 1810, anno in cui , per i buoni uffici di un amico di famiglia, gli fu affidata una cattedra in un liceo di Napoleon, in Vandea.
Messosi in viaggio verso quel paese, non arrivò mai a destinazione perché sedotto dal fascino intellettuale della celebre Madame de Staël, la seguì nell’esilio in Svizzera, luogo in cui la notevolissima donna era stata costretta da Napoleone e nel quale ella trasferì il suo affollato salotto intellettuale.

Ritratto di Madame de Staël
(Marie Eléonore Godefroid)

Quegli anni a Coppet ebbero l’effetto di introdurre lo scrittore allo studio della botanica, studio che proseguì a Berlino dove rientrò nel 1812.
L’estate dell’anno successivo scrisse “La meravigliosa storia di Peter Schlemihl”.
L’opera, che era stata pensata, oltre che per proprio piacere, per divertire i figli di un suo caro amico, ebbe nel tempo un successo straordinario e fu tradotta in quasi tutte le lingue europee.

Tre anni dopo, il sempre inquieto Chamisso si infilò in una nuova avventura: nominato botanico della nave russa Rurik, partì a bordo di essa per un viaggio scientifico intorno al mondo.
Lo scrittore tenne un diario di quella spedizione, denso di appunti e di osservazioni sulle destinazioni toccate.

Disegno realizzato da Adalbert Von Chamisso durante la spedizione della nave Rurik

Quando nel 1818 rientrò in Germania, venne nominato guardiano dei Giardini Botanici di Berlino e fu quasi contemporaneamente eletto membro dell’Accademia delle Scienze.
Fu un periodo felice anche sul piano personale e che culminò col suo matrimonio.
Il suo impegno nelle ricerche scientifiche e nel compiere viaggi ad esso connessi, lo tenne distante per molto tempo dall’attività letteraria e fu solo nel 1829 che tornò attivo in quell’ambito, pubblicando con Gustav Schwab, l’Almanacco Tedesco delle Muse, sul quale apparvero altre sue poesie.

Gustav Schwab (1850)

Certamente i suoi lasciti di scienziato, svariati studi di botanica e resoconti di viaggi di ricerca, non lasciarono tracce altrettanto forti del suo lavoro letterario, reso immortale soprattutto dal Peter Schlemihl.
Se deve certamente tutta la sua fama perenne a quel capolavoro, va ricordato comunque che anche i suoi versi ebbero ottima risonanza ed apprezzamento tra i suoi contemporanei, tanto che i cicli della sua raccolta poetica “L’amore e la vita delle donne” furono musicati da Robert Schumann con notevole successo.
Ancor più merito per questa riuscita artistica va dato a Von Chamisso, se si considera che in effetti il suo lavoro letterario fu interamente scritto in tedesco, cioè in un linguaggio appreso, essendo in realtà il francese la sua lingua madre.
Capace di esprimere liricamente sentimenti profondi, legati a temi spesso cupi o addirittura repulsivi, fu altrettanto felicemente in grado di restituire poeticamente il senso della felicità domestica, dell’amore, di stati d’animo positivi. 

Adalbert Von Chamisso si spense a Berlino il 21 agosto del 1838.    

Piermario De Dominicis, appassionato lettore, scoprendosi masochista in tenera età, fece di conseguenza la scelta di praticare uno sport che in Italia è considerato estremo, (altro che Messner!): fare il libraio.
Per oltre trent’anni, lasciato in pace, per compassione, perfino dalle forze dell’ordine, ha spacciato libri apertamente, senza timore di un arresto che pareva sempre imminente.
Ha contemporaneamente coltivato la comune passione per lo scrivere, da noi praticatissima e, curiosamente, mai associata a quella del leggere.
Collezionista incallito di passioni, si è dato a coltivare attivamente anche quella per la musica.
Membro fondatore dei Folkroad, dal 1990, con questa band porta avanti, ovunque si possa, il mestiere di chitarrista e cantante, nel corso di una lunga storia che ha riservato anche inaspettate soddisfazioni, come quella di collaborare con Martin Scorsese.
Sempre più avulso dalla realtà contemporanea, ha poi fondato, con altri sognatori incalliti, la rivista culturale Latina Città Aperta, convinto, con E.A. Poe che:
“Chi sogna di giorno vede cose che non vede chi sogna di notte”.

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