È arrivata l’estate di botto, dopo aver saltato la primavera a piè pari. Tempo di caldo torrido e di vacanze ristoratrici. Anche il vostro Erasmo si prende una breve pausa. La Redazione ha quindi proposto di pubblicare qualche replica di vecchi articoli. Quello che segue resta probabilmente attuale ancora oggi, pur essendo stato scritto l’estate scorsa.
Il ponte di Genova sarebbe dovuto essere ricostruito in sei mesi, questa la previsione/promessa a caldo (farlocca, come molte altre). Sono passati quasi undici mesi e si deve ancora completare la demolizione (che include anche lo sgombero delle macerie). Sia chiaro, in questo caso penso che si sia fatto molto e anche abbastanza in fretta. Ma la sciagura di avere i profeti del “checcevo’” in plancia di comando, senza che riescano ad elaborare un minimo di autocritica sul loro approccio semplicistico alla soluzione di problemi complessi, lascia sempre strascichi di delusione e malcontento. Quando forse sarebbe sufficiente dire alle persone la verità, invece di trattarle come bambini immaturi.
Da sempre i ponti uniscono.
Spesso i primi atti di guerra si rivolgono ai ponti: per isolare, per marcare differenze e confini, per impedire rifornimenti. Nel 1993 è toccata al ponte di Mostar, vecchio di 500 anni, costruito sotto la dominazione ottomana. A pochi chilometri in linea d’aria da noi. Senza cannonate mica veniva giù.
Ponti d’oro al nemico che fugge. Tagliarsi i ponti dietro le spalle. Anche il cinema ne ha tratto ispirazione, in genere in ambito guerresco: il Ponte di Remagen, il Ponte sul Fiume Kwai…
E poi accade ciò che non dovrebbe.
Un ponte viene giù da solo, senza atti di guerra, senza un terremoto.
Servirebbe un momento di silenzio, servirebbero approfondimento, studio, analisi ed elaborazione di possibili rimedi.
E invece parte la reazione emotiva e parolaia: tutti a vomitare giudizi sommari, ad invocare punizioni esemplari tanto demagogiche quanto dannose.
“Revochiamo la concessione”, come dire di chiudere la stalla quando i buoi sono scappati.
Ovviamente senza averla neanche letta, la concessione, senza averne valutato le conseguenze.
Così, solo per dare il contentino al popolo bue (che purtroppo non può scappare), per far vedere che c’è chi reagisce e decide.
Tutta fuffa mediatica che poi toccherà rettificare, per quanto possibile alla chetichella, facendo una bella giravolta di 180° senza un minimo di vergogna.
Tanto siamo nel Governo degli annunci, mica poi le cose bisogna farle per davvero. E che dire del minuetto sulla ri-nazionalizzazione delle autostrade?
Il M5S sostiene che si deve procedere al più presto; per i leghisti è un errore e non ci pensano proprio: un altro esempio di compattezza del nuovo esecutivo, indeciso a tutto. Con l’assordante silenzio del Presidente del Consiglio:
qualcuno ricorda il suo nome?
Come corollario, tanto per non farci mancare niente, sale la pontefobia: tutto a rischio, tutto da chiudere.
Ci sono quelli che, pur di non passare sul ponticello di un canale, si fanno un giro di 20 chilometri. Il Ministero chiede a ciascun Comune di relazionare sulla situazione dei ponti siti sul proprio territorio: entro 10 giorni; ad agosto. Si è perso il lume della ragione, si gioca a chi le spara più grosse.
Che poi, a pontificare sui ponti, come su ogni altro argomento che richiederebbe un minimo di conoscenza specifica, sui social trovi prevalentemente esibizionisti che fanno dell’incompetenza un valore.
Caro ingegnere civile con specializzazione in infrastrutture, i tuoi anni di studio e la tua esperienza sul campo valgono meno del mio spigolare sul web per un’ora, fattene una ragione.
Su questa vulgata è nato il nuovo Governo, e i risultati cominciano già a vedersi.
Auguro a qualcuno di lorsignori di essere operato di appendicite da un portantino, tanto uno vale uno e la competenza è un disvalore.
Di programmazione, di manutenzioni ordinarie, di sistematicità nei controlli non se ne parla proprio.
O meglio, se ne parlerà per qualche tempo e poi basta, che sopraggiungeranno sicuramente altre emergenze da affrontare.
Già stanno finendo nel dimenticatoio tutte le belle parole sulla prevenzione degli effetti dei terremoti (verifiche antisismiche e finanziamenti per gli adeguamenti strutturali) o del disastro idrogeologico che colpisce indiscriminatamente il Belpaese, da nord a sud, complice la cementificazione selvaggia.
Manca la cultura, manca l’organizzazione, mancano le competenze.
Io non so se la responsabilità sia politica (in fondo forse lo è sempre), ma credo che ci siano attività ordinarie che debbano essere garantite dalla macchina amministrativa, a prescindere da chi governa.
Perché non accade? Serve l’indirizzo politico per far svolgere le funzioni di controllo su una concessione?
Non dovrebbe far parte dell’ordinaria amministrazione? I burocrati di Stato (parlo della dirigenza non apicale, quella che costituisce la spina dorsale dell’amministrazione e difficilmente è coinvolta nello spoil system) sono adeguatamente remunerati per fare cosa?
Non dovrebbero garantire almeno l’ordinario e la continuità dell’azione amministrativa?
Invece pare proprio che, in questo martoriato Paese, il concetto di ordinario sia privo di contenuti.
Siamo sempre nello straordinario, sempre in emergenza.
Ciascuno pensa che l’incombenza, i controlli, la valutazione degli interventi necessari, spettino a qualcun altro. E qualora venisse il dubbio… meglio lasciar perdere, che a non fare è meglio che sbagliare. Quando invece proprio l’inerzia è l’errore più grande, la causa di tante tragedie.
Certo è sbagliato generalizzare: ci sono oasi di competenza e di buona volontà; ma quello che in genere si vede, lato manutenzioni, lascia poco spazio all’ottimismo.
Eppure ci deve essere un modo. Corsi specifici di gestione delle infrastrutture e delle concessioni, ad esempio.
O, prima ancora, rivedere all’origine il sistema delle concessioni di beni o servizi pubblici, dove vige – senza distinzione di colori politici – la regola aurea del “rischi pubblici e profitti privati”.
Come fanno i Paesi virtuosi? Copiamoli,
scegliamo fior da fiore le migliori esperienze e importiamole.
Invece le uniche eccellenze che ci piace avere dall’estero sono i calciatori.
Il campionato è finalmente ricominciato, è arrivato CR7: facciamocelo bastare, almeno fino al prossimo disastro annunciato.
Tanto il vostro Erasmo dal Kurdistan vi doveva, senza nulla a pretendere.
Erasmo dal Kurdistan è persona mutevole, con una spiccata tendenza alla tuttologia.
Vorrebbe affrontare la vita con leggerezza e ironia, ma raramente riesce a mantener fede a un impegno così arduo.
Scioccamente convinto di avere qualche dote letteraria (molto) nascosta, si prodiga nel vano tentativo di esternarla, con evidente scarsa fortuna.
Maniaco dell’editing e dell’interpunzione, segue un insano culto del punto e virgola (per tacere delle parentesi e delle amate virgole).
Tenta di tenere a bada una innata tendenza didascalica e quasi pedagogica pigiando sul pedale della satira di costume, ottenendo di comico solo il suo pio tentativo.
Il più delle volte si limita ad imbastire dimenticabili pipponi infarciti di luoghi comuni.