Tarallo e la ditta equivoca

La notizia era sicura, ci si poteva scommettere: Tarallo considerava da sempre il suo amico Abdhulafiah una persona seria, uno che non parlava mai a vanvera.
Avrebbero potuto confermarlo anche i clienti del supermercato Carreconad che, parcheggiando l’auto, approfittavano della sua straordinaria competenza finanziaria per riceverne consulenze e suggerimenti preziosi in cambio di un ragionevolissimo pagamento. 

Nel corso di una cena all’Addis Abeba tre giorni prima, nel mezzo di una serata che stava scorrendo via piacevolissima, Lallo si era lasciato un po’ andare con gli amici, esprimendo tutta la sua frustrazione per il modo col quale veniva impiegato nel giornale.
Sembrava che più che voler utilizzare il suo talento giornalistico per insaporire un prodotto assai mediocre, lo si pagasse, seppur maluccio, perchè rimanesse bloccato, per tenerlo in un limbo di giornalismo melassa, impantanato nella melma dell’ovvio.

Per non parlare poi di quale brutta aria si respirasse in quella redazione!

Brutta aria innanzitutto in senso fisico: per contenere l’aggressività aromatica delle ascelle di uno dei capi, si era costretti a tenere i condizionatori della redazione sulle stesse temperature di Oymyakon, in Yakuzia, le più fredde del pianeta.

Vigile urbano a Oymyakon

I due condirettori, poi, Ognissanti Frangiflutti e Lello Rapallo, palesemente non si sopportavano.
Intanto non era ben chiaro quali fossero i loro rispettivi poteri e quale e quanto esteso fosse l’ambito in cui ciascuno di loro poteva esercitare la sua funzione direttiva.
Nessuno, dalla misteriosa Proprietà, si era fatto vivo per specificare, ad esempio, se ognuno di essi avesse un potere di veto sulle decisioni dell’altro. 

Nulla di strano in una simile aleatorietà: il padrone, o i padroni del Fogliaccio, pur incombendo, rappresentavano un’entità fisicamente assente, anche se lesta a farsi sentire, e pesantemente, in caso di deragliamenti dalla linea editoriale consentita.
Da sempre si mormorava che il preminente settore di attività della Proprietà fosse legato al ciclo di raccolta dell’immondizia, e questa, che era ben più di un’illazione, veniva corroborata da alcuni elementi concomitanti, da certi fatti che evidenziavano anche la forte pressione ambientale che quell’Entità invisibile esercitava sul giornale e su chi vi lavorava.

Intanto, da sempre, e per tutto l’orario di lavoro, intorno alle finestre della redazione, quindi solo all’altezza del primo piano del palazzo che la ospitava, volteggiavano incessantemente gli stessi uccelli che abitualmente imperversano nelle discariche: gabbiani, storni, cornacchie e piccioni.
Pareva di stare nel celebre film di Hitchcock: gli strilli laceranti, i pigolii insistenti, gli stridii acuti, i lamenti ossessivi: insomma, tutto il campionario di versi che quelle bestie emettevano, portava alcuni redattori all’esasperazione, li faceva impazzire.
Anni prima Telesio Porcelli, esperto di nera, detto Alibabà per la sua conoscenza di ogni genere di ladrone, era andato fuori di senno e si era portato appresso in redazione un mortaio Stokes, un reperto dei primi del Novecento fregato a suo zio Antenore, guerrafondaio convinto e collezionista di materiale bellico.
Prima che qualcuno potesse intervenire, Porcelli aveva già sparato un colpo.

Il mortaio Stokes in azione

Il botto che fece fu tale da causare pesanti conseguenze: gli abitanti del palazzo erano corsi in strada urlando più delle cornacchie; il dentista del secondo piano aveva piazzato una otturazione al centro della fronte del suo paziente, un tale Aniello Martelli, e l’undicenne Rominapower Anselmi, figlia di due commercialisti del terzo piano, terrorizzata, aveva raggiunto la pubertà di colpo, pensando bene di andare subito in fuga d’amore con il settantenne Aristide Brandelli, che aveva visto così coronati da successo anni di pazienti sforzi da pedofilo di lungo corso.  

L’arrivo ipersirenato dell’ambulanza che veniva a prelevare Porcelli per trasportarlo farneticante al Centro di Igiene Mentale, fu uno spettacolo che in pochi tra i giornalisti presenti, riuscirono a dimenticare.

L’altro indizio significativo del reale campo di azione della Proprietà del Fogliaccio, erano i costanti controlli da essa effettuati per sincerarsi del fatto che chi dirigeva il giornale avesse letto con attenzione il “Coraggio del rifiuto”, bollettino periodico dell’Unione delle Discariche.

Le domande di verifica erano precise ed insidiose e  se Frangiflutti aveva avuto più di una debacle durante quelle interrogazioni, Rapallo, detto “Ascella palustre”, sembrava, al contrario, onniscente, in grado di ricordare ogni riga letta: praticamente il cugino di Pico della Mirandola.

Era recente l’ennesima  figuraccia fatta dal suo collega condirettore, che rispondendo ad un quesito perentorio, sbagliando aveva farfugliato di lilangeli, soldi che circolano solo nello Swaziland, mentre Rapallo aveva azzeccato in pieno la risposta richiesta, ovvero il prezzo della rivista in manat azeri, la moneta dell’Azerbaigian. 

discarica
Il coraggio del rifiuto

Un brutto umore, biliare ed intossicante affliggeva Frangiflutti che cassava rabbioso ogni proposta di inchiesta rivoltagli da Tarallo, differentemente quindi da Rapallo, che pure la cassava puntualmente, ma che lo faceva con un sorriso da prete stampato sulla boccuccia, stretta a mo’ di orifizio di pollame.

Ora però, grazie ad Abdhulafiah, Lallo aveva una vera e propria bomba per le mani, qualcosa di così scottante da non poter essere tralasciato: aveva saputo che si era inaugurata da poco, ed era già operante in città, la prima agenzia di killer su commissione!
Nascosta dietro una ragione sociale equivoca, “La ripulita”, questa cooperativa si spacciava per ditta delle pulizie, ma in realtà radunava sicari alle soglie della pensione, assassini dalla carriera logorante che avevano trovato così un modo per occupare proficuamente un’età spesso triste, il periodo del tramonto, che in molti casi ti lascia fin troppo tempo libero.
Tempo per pensare, tempo per annoiarsi, tempo per immalinconirsi facendo bilanci di un’esistenza che nel loro caso era stata troppo invasa dal lavoro, tutta dedicata, per la maggior parte dei soci, alle vite degli altri, anche se solo per sopprimerle.
La loro poteva essere considerata dunque una forma di altruismo letale.

Tanto era fondata la notizia che circolavano in gran segreto dei depliant coi tariffari, uno dei quali era finito in mano ad Abdhulafiah. Il testo proponeva servizi sufficientemente eloquenti:

La “ Rigor Mortis”, una soppressione di base diretta, spoglia, senza alcun optional: una semplice revolverata e via: 1000,00 euro.
La “E dimmi che non vuoi morire”. Soppressione con revolverata e salva di insulti coordinata: 1200,00.

La “Vedova allegra”: servizio più  specificamente matrimoniale. Spigliato e rumoroso, con crepitio di mitra e diffusione pubblica di pizzini lesivi della memoria dell’obiettivo prescelto: 2500,00 euro.

“Strangler in the night”. Strangolamento notturno di base: 1500,00 euro.

“La notte mi toglie il respiro”. Strangolamento notturno semplice: 1000,00 euro.

Trattamento “Strangler in the night” – 1500,00 €

“Le ore del mattino hanno il piombo in bocca”. Sparo in faccia al risveglio, esploso subito dopo il primo stiracchiamento: 2000,00 euro.

“ (Meno) Aria d’Oriente”. Strangolamento con coreografie e danze varie, effettuato da addetti in costume da thug malese e da hostess vestite da danzatrici giavanesi: 2500,00 euro.

La “Ma che bella giornata!”. Simulazione di incidente (caduta accidentale di un vaso dal balcone, dritto sulla testa dell’obiettivo, oppure complicazione fatale durante un’operazione di rimozione delle adenoidi: 4000,00 euro). Servizio un po’ caro, visti i costi accessori aggiuntivi (casalinga sbadata al balcone o chirurgo amico).

L’ultimo servizio che figurava nel depliant era forse il più crudele. Si chiamava “La musica è finita, gli amici se ne vanno”, e prevedeva  l’eliminazione della vittima mediante l’ascolto coatto dell’opera omnia di Jovanotti. 

Il vantaggio di questo sistema era la assoluta convenienza: costava appena 500,00 euro, e la sua economicità veniva spiegata dai killer con il fatto che, in base alla loro esperienza, con un metodo simile, la fine del soggetto da sopprimere sopraggiungeva molto più in fretta.

Trattamento finale “Opera Omnia” – 500,00 €

Tarallo, sentiva di aver scoperchiato un letamaio ed eccitato come un ergastolano alla vista di una lima, era corso da Rapallo a proporre la rischiosa ma clamorosa inchiesta. 

“Tutte sciocchezze! Folklore da notte di Halloween: lascia perdere, non vale la pena. Il giornalismo deve trattare fatti, non leggende!”- questa fu la risposta del condirettore, accompagnata da una salva di sudorazione a geyser – Lasciami comunque uno di quei volantini, voglio pensarci un po’”.

Ma alla tua età ti metti a credere alla Befana Tarà?” – rispose, scettico più che mai, l’altro interlocutore, ovvero il perennemente irritato Frangiflutti – lascia comunque quel volantino sulla scrivania, ché ‘sta stronzata mi mette di buon umore e mi fa bene farmi una risata”.

Lallo, rabbioso, più frustrato e nero in volto che mai, uscì di furia dalla redazione in cerca di un bar e di una soccorrevole camomilla.

Mezz’ora dopo, data un’occhiata cauta intorno, chiusi nei loro rispettivi uffici, e tenendo in mano il depliant della Ditta “La ripulita”, tutti e due i condirettori, all’insaputa l’uno dell’altro, composero il numero di telefono che vi era segnato. 

Nessuno avrebbe potuto ascoltare la conversazione che essi intrattennero col centralinista: parlarono infatti entrambi a bassissima voce…

Lallo Tarallo, giovane sin dalla nascita, è giornalista maltollerato in un quotidiano di provincia.
Vorrebbe occuparsi di inchieste d’assalto, di scandali finanziari, politici o ambientali, ma viene puntualmente frustrato in queste nobili pulsioni dal mellifluo e compromesso Direttore del giornale, Ognissanti Frangiflutti, che non lo licenzia solo perché il cronista ha, o fa credere di avere, uno zio piduista.
Attorno a Tarallo si è creato nel tempo un circolo assai eterogeneo di esseri grosso modo umani, che vanno dal maleodorante collega Taruffi, con la bella sorella Trudy, al miliardario intollerantissimo Omar Tressette; dall’illustre psicologo Prof. Cervellenstein, analista un po’ di tutti, all’immigrato Abdhulafiah, che fa il consulente finanziario in un parcheggio; dall’eclettico falsario Afid alla Signora Cleofe, segretaria, anziana e sexy, del Professore.
Tarallo è stato inoltre lo scopritore di eventi, tra il sensazionale e lo scandaloso, legati ad una poltrona, la Onyric, in grado di trasportare i sogni nella realtà, facendo luce sulla storia, purtroppo non raccontabile, di prelati lussuriosi e di santi che in un paesino di collina, si staccavano dai quadri in cui erano ritratti, finendo col far danni nel nostro mondo. Da quella faccenda gli è rimasta una sincera amicizia col sagrestano del luogo, Donaldo Ducco, custode della poltrona, di cui fa ampio abuso, intrecciando relazioni amorose con celebri protagoniste della storia e dello spettacolo.
Il giornalista, infine,è legato da fortissimo amore a Consuelo, fotografa professionista, una donna la cui prodigiosa bellezza riesce ad influire sulla materia circostante, modificandola.

Lallo Tarallo è un personaggio nato dalla fantasia di Piermario De Dominicis, per certi aspetti rappresenta un suo alter ego con cui si è divertito a raccontarci le più assurde disavventure in un mondo popolato da personaggi immaginari, caricaturali e stravaganti

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