Poesie a margine: Le cose, di Aldo Nove

Le cose

Mentre le nostre mani bruciano lontane
e non afferriamo più le cose
il fuoco del tramonto non ha fine
per chi lo abita.

Aldo Nove

Aldo Nove
Aldo Nove, all’anagrafe Antonio Centanin, è nato a Viggiù (Varese) nel 1967. Vive a Milano.
Nel 1996, dopo essersi laureato in filosofia morale, scrive “Woobinda e altre storie senza lieto fine”, edito da Castelvecchi e ripubblicato due anni dopo, nel 1998, da Einaudi con il titolo di “Superwoobinda”. Con il racconto “Il mondo dell’amore”, pubblicato nell’antologia Gioventù cannibale (Einaudi 1996), viene collocato in quella che venne definita dalla stampa come la “famiglia di genere pulp dei cosiddetti Cannibali”, tra i quali spicca la figura di  Niccolò Ammaniti. Subito dopo pubblica due raccolte di poesie con lo pseudonimo di Antonello Satta Centanin, unendo i cognomi della madre e del padre, oltre che un libro di poesie, ispirato ad alcune tra le più celebri canzoni rock, intitolato “Nelle galassie oggi come oggi”. Nel 2000, con l’uscita di “Amore mio infinito”, Aldo Nove subisce una profonda svolta intimista ed esistenzialista che lo porta ad abbandonare la letteratura “cannibale” e che negli anni immediatamente successivi lo porta a dedicarsi alle questioni sociali legate al precariato e alla flessibilità. Nel 2012 pubblica “Giancarlo Bigazzi, il geniaccio della canzone italiana”, edito da Bompiani, e viene inserito da Edoardo Sanguineti, insieme a Tiziano Scarpa e a Giuseppe Caliceti, nel suo “Atlante del Novecento Italiano”, dove Aldo Nove viene annoverato tra gli avanguardisti della letteratura italiana.
Sempre nello stesso anno è testimonial per il noto marchio di scarpe Hogan, per il quale scrive lo slogan “Versi che calzano a pennello“, la cui pubblicità appare in tutti i retrocopertina dei volumi “Bompiani inVersi”, una collana di poesie diretta dallo stesso Aldo Nove e da Elisabetta Sgarbi.
Per Einaudi ha pubblicato alcune raccolte poetiche tra cui “Addio mio Novecento” da cui è tratta la poesia scelta.

Fresia Erésia, eteronimo di una poeta la cui identità è sconosciuta. Vive in subaffitto nella di lei soffitta, si ciba di versi sciolti, di tramonti e nuvole di panna. Nasconde le briciole dei tetti sotto la tovaglia e i trucioli di limature di strofe sotto il tappeto. Compone e scompone, mescola le carte, si cimenta e sperimenta.

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