Politici Empatici

Di tutte le qualità umane, la più apprezzabile per me è l’empatia.

Lo so, vi parrà strano, per lo più si parla di intelligenza e di molte altre qualità e abilità, o supposte tali, che vanno per la maggiore; ebbene, io trovo che tutte queste siano vanificate se un individuo è privo di empatia, se il suo legame con il mondo che lo circonda è nullo, se è affetto da sordità all’ascolto e alla comprensione, se egli non possiede questa particolare sensibilità che io contrappongo all’egocentrismo e all’individualismo, causa dei peggiori mali dei nostri tempi; per tale ragione non so quanto sia oggi compresa la meraviglia di questa dote, che riassume in sé tutto quanto deve costituire la base dell’agire umano, in un buon rapporto con l’altro e con il mondo che lo circonda.

Empatia è una parola che deriva dal greco “εμπαθεια” (en, “dentro”, e pathos, “affetto o sentimento”) e il significato appare identico a quello di compassione. Con il passare del tempo l’accezione della parola empatia viene ampliata a sentimenti non limitati alla mera comprensione del dolore, ma anche alla capacità di gioire insieme all’altro. Si tratta di una capacità che richiede una spersonalizzazione: mettere da parte sé stessi per riuscire a entrare nell’universo dell’altro, percepire ciò che sente, quindi soffermarsi ad ascoltare lasciando da parte ogni giudizio personale, ogni preconcetto.

La più alta espressione dell’empatia è nell’accettare e non giudicare”. Carl Rogers (psicologo statunitense)

L’empatia è, secondo molti ricercatori, un vero e proprio atteggiamento mentale, non un sentimento; è una facoltà dell’intelletto umano e viene sviluppata sin dai primi anni di vita di un bambino. Un individuo empatico è una persona in grado di comprendere le emozioni altrui, di compenetrarsi nel dolore come nella gioia e di agire di conseguenza, in modo efficace per se stesso e per gli altri, in tutte le relazioni umane. Eppure, in una società in cui dilagano egocentrismo e individualismo, l’empatia è qualità rara, nonostante grazie a essa si possano dirimere conflitti e perseguire l’armonia con il mondo che ci circonda.

Quando noi consideriamo una realtà animata (animale o umana) da un punto di vista o da uno schema di riferimento puramente esterno, senza sforzarci di capirla dall’interno per via empatica, noi la riduciamo allo stato di oggetto”,

afferma lo psicologo Carl Rogers; ciò capita e manifesta tutta la sua gravità specialmente in determinate relazioni umane, in particolare se legate ad alcune professioni; ad es. un medico o un insegnante non dotati di empatia non riusciranno bene nel proprio compito e potranno anzi produrre effetti negativi sulle persone con le quali verranno a contatto.

Che dire invece di politica ed empatia?

Personalmente ritengo che un politico privo di empatia non sarà un buon politico, perché mancherà di uno strumento fondamentale per farsi interprete del bene della comunità.

Io contrappongo l’empatia all’egoismo, all’individualismo di una visione che non sappia calarsi nel mondo dell’altro. Quale politico incapace di compenetrarsi nella realtà, di ascoltare e comprendere le vicissitudini, i problemi e le aspirazioni dei cittadini, potrà realizzare una buona politica? Quale politico non dotato di capacità di ascolto e di empatica comprensione dell’altro saprebbe comprenderne le istanze?

Studi condotti in Germania e negli Stati Uniti hanno rivelato che quanto maggiore è l’empatia degli individui, tanto più essi approvano il principio secondo il quale le risorse dovrebbero essere distribuite in base alle reali esigenze della gente” (cit. Daniel Goleman, psicologo, scrittore e giornalista statunitense).

Da non confondere l’empatia con l’artefatta ricerca di consensi, indotta con abili meccanismi capaci di percepire gli umori della gente e di promettere facili soluzioni; attività utili alla campagna elettorale, più che altro slogan a effetto, in grado di convogliare il gradimento sul proprio schieramento o nome.

Ecco, questo è il genere di comportamento opportunista che con l’empatia non ha proprio niente a che fare: il “camaleontismo” della politica è capace di simulare un’empatia che non c’è.

Fino a poco tempo fa mi sono nascosta dietro l’eteronimo di Nota Stonata, una introversa creatura nata in una piccola isola non segnata sulle carte geografiche che per una certa parte mi somiglia.
Sin da bambina si era dedicata alla collezione di messaggi in bottiglia che rinveniva sulla spiaggia dopo le mareggiate, molti dei quali contenevano proprio lettere d’amore disperate, confessioni appassionate o evocazioni visionarie.
Oggi torno a riprendere la parte di me che mancava, non per negazione o per bisogno di celarla, un po’ era per gioco un po’ perché a volte viene più facile non essere completamente sé o scegliere di sé quella parte che si vuole, alla bisogna.
Ci sono amici che hanno compreso questa scelta, chiamandola col nome proprio, una scelta identitaria, e io in fin dei conti ho deciso: mi tengo la scomodità di me e la nota stonata che sono, comunque, non si scappa, tentando di intonarmi almeno attraverso le parole che a volte mi vengono congeniali, e altre invece stanno pure strette, si indossano a fatica.
Nasco poeta, o forse no, non l’ho mai capito davvero, proseguo inventrice di mondi, ora invento sogni, come ebbe a dire qualcuno di più grande, ma a volte dentro ci sono verità; innegabilmente potranno corrispondervi o non corrispondervi affatto, ma si scrive per scrivere… e io scrivo, bene, male…
… forse.
Francesca Suale

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