Così Amleto, nella omonima tragedia di Shakespeare, si rivolge al colto amico per esprimere la consapevolezza rinascimentale dei limiti del nostro sapere. La scienza moderna si nutre di questa consapevolezza ed è proprio grazie ad essa che continua a cercare per far evolvere la comprensione del mondo. In questo periodo cupo del nostro tempo, si rimprovera alla scienza di non dare certezze, di non saper rispondere a tutte le domande, e dunque come possiamo fare affidamento su quello che ci racconta? La risposta è semplice: non è che la scienza sia affidabile perché dà risposte certe, è affidabile perché fornisce le risposte migliori che abbiamo al momento presente con i dati disponibili ora. Di affidabilità abbiamo bisogno perché di vere certezze non ne abbiamo e non ne avremo mai. Le risposte più affidabili sono quelle scientifiche perché la scienza è la ricerca di risposte affidabili, non delle risposte certe. E il percorso della ricerca continua.
Il luogo dove cercare le cose che ancora non sogna la filosofia, o la fisica, è quello di sempre: il cielo. Perché il pianeta che abitiamo è un granellino infinitesimo nella vastità del cosmo. Ma per guardare il cielo serve un cielo limpido. E non ci sono posti nel mondo con un cielo così limpido come l’Atacama.
Nel Nord del Cile si trova il deserto dell’Atacama (Fig.1). Una regione che si estende per migliaia di chilometri, fatta solo di pietra, sassi e una terra brulla e rossastra. Una strana orografia che si alza ripida dall’oceano fino a 5000 metri per poi appiattirsi in un immenso altopiano. Sopra questo nulla, un cielo mozzafiato: nelle notti senza luna la più impressionante distesa di stelle che si possa immaginare: il cielo di Atacama (Fig.2).
Per la limpidezza di questo cielo, per il ridotto spessore dell’atmosfera a causa dell’altezza e per l’aridità che riduce al minimo l’umidità, guardare il cielo da qui è quasi uguale a guardarlo da una capsula spaziale. Qui convergono gli astronomi da tutto il mondo, ma sono qui anche i migliori strumenti di cui oggi dispone l’umanità per scrutare il cielo.
Ci sono telescopi ottici per scrutare luce
Infrarossa e visibile (Fig. 3) e radiotelescopi per scrutare la luce a microonde tra i quali il gigantesco ALMA formato da 66 grandi antenne mobili (Fig. 4) che sta raccogliendo una messe di informazioni dalle più remote regioni del cosmo, buchi neri compresi. In proposito si prevede che nel giro di qualche anno, ALMA potrà darci immagini vere del grande buco nero, che ha una massa di milioni di volte quella del Sole, che sta al centro della nostra galassia.
Ma gli strumenti più spettacolari restano quelli ottici, i diretti discendenti del telescopio di Galileo.
Sulla cima spianata di una montagna di 2700 metri, il Cerro Paranal, spiccano quattro torri bianche (fig 5).
Ciascuna contiene un telescopio di 8 metri di diametro. Ciascuno di essi riesce a vedere stelle con una luce 4 miliardi di volte più debole delle stelle visibili ad occhio nudo.
Funzionando insieme, raggiungono una risoluzione angolare (capacità di distinguere a grande distanza due oggetti vicini) tale da poter distinguere i due fari di un auto sulla Luna. Ma si sta spianando il picco di un’altra montagna, il Cerro Amazones, per ospitare entro i prossimi 10 anni ”il più grande occhio del mondo verso il cielo”, un telescopio del diametro di 40 metri! (in Fig. 6 la posa delle fondamenta).
Vedremo cose che, come dice Rutger Hauer in Blade Runner, noi umani ora non possiamo nemmeno immaginare. Perché ci sono più cose in cielo e in terra di quante non ne sogni la nostra filosofia.
(tratto da: Carlo Rovelli –“ci sono luoghi al mondo dove più che le regole è importante la gentilezza” – Edizioni Corriere della Sera)
Luigi Catalani nasce a Norma (LT) nel 1946. Si laurea in Ingegneria Elettronica con indirizzo Calcolatori e Controlli Automatici nel 1975. E’ assunto da una società romana leader nel settore della Meccanottica di precisione occupandosi di progettazione elettronica e software di sistemi di Aereofotogrammetria per applicazioni cartografiche civili e militari. Nel 1980 è assunto da una primaria azienda Aerospaziale italiana come dirigente del reparto progettazione e sviluppo di apparati avionici di bordo per aerei ed elicotteri militari e civili. Nel 1988 passa alle dipendenze di una società romana leader nel settore dei sistemi di difesa avionica con l’incarico di Project Manager per diversi contratti internazionali per lo sviluppo e produzione di apparati destinati alle aeronautiche di Italia, Germania, UK e Spagna. Nel 2007,nella stessa società, conclude la sua carriera in qualità di Responsabile Commerciale degli stessi contratti.