La Malinconia è una cosa seria

Inevitabile, prima o poi ci si ritrova tutti a fare i conti con qualche piccolo rimpianto.
La luce sul comodino, in piena notte, segna il tratto che ci separa dal sonno e, dapprima timidamente, poi con più forza, annaffia i nostri pensieri confusi, così che essi sembrano rinvigorirsi e affollarsi, tutti insieme, alle porte di un nuovo giorno; ecco allora che, riponiamo speranze nella nuova alba, gestiamo con parsimonia le risorse risparmiate dall’insonnia, siamo sospesi tra coscienza e incoscienza.
Esistono stagioni che, prima o poi, tutti trascorriamo esattamente in bilico, in mezzo al guado.  

Magari è banale, ma in fondo lo è solo in apparenza, dobbiamo ricordarci spesso che non è possibile pianificare una vita intera; diamo per scontato il nostro piccolo universo con le sue presenze e poi, si capovolge la clessidra e il tempo fugge, proprio come fosse sabbia, per ritornare sul fondo; succede allora che il rimpianto, il quale, nel frattempo, se ne stava annidato negli interstizi, in attesa, all’improvviso compare; era già lì, c’era pure prima, a fare da collante tra i granelli, senza clamore, si limitava ad assecondarci, giacché volevamo ignorarlo.

Ne ho incontrati di rimpianti, nelle confessioni sillabate tra un sospiro e l’altro, dal passato che non lascia mai il presente, con le persone che sono andate via e che restano per sempre con noi.
Ecco, tra chi va e chi resta, esiste un non luogo di coesistenza, fatto di racconti e di espressioni comuni, di piccoli saggi di un quotidiano sapere, che si portano dietro gli insegnamenti loro, tutta l’eredità di una prosecuzione; ho percepito, anche in maniera forte, la solitudine che, quando preme troppo, ci affanniamo a riempire con ogni espediente, pur di non venirne schiacciati.
Non ho consigli da dare, che non darei per prima a me stessa, tanto sono anch’io, nella mia imperfezione, alla ricerca di un confortevole equilibrio, o almeno di un equilibrio che mi esponga meno alle intemperie; perciò, posso solo dire, quale valido precetto o intendimento, che dobbiamo trattenere le mani che amiamo più a lungo possibile, sognare sempre insieme, giacché da soli un sogno è poco consolante, che mai dobbiamo rinunciare a regalare i nostri sorrisi e, con essi, le nostre meraviglie, perché non si trasformino in rimpianti… poi, semmai, saranno malinconia, ma la malinconia è tutt’altra storia.

Dicono che la Malinconia sia dolce, che i poeti, tra gli altri, posseggano necessariamente questo dono; la piega malinconica del senso della vita, l’amore per il gesto oltre che per la parola; mi riferisco al gesto di scrivere quale prolungamento del cuore sulla carta, o sulla tastiera che si fa foglio luminoso. 
Sono nata col cuore in trambusto, con l’urgenza di lasciare un segno, per liberare il mio dolore, trasformarlo e trasmettere il mio amore; non fa per me la solitudine, non fa per me il rimpianto, sebbene non possa revocarne l’inevitabile comparsa. Capita umanamente di scivolare e di finire a terra, senza doversi vergognare di ammetterlo.

Non è contraddittorio, ma io, che amo l’allegria, non posso prescindere dalla Malinconia e, anche se oggi mi sembra che essa sia divenuta la cartina al tornasole di un mio dolore, so che non è il male, ma una propensione naturale del mio essere sensibile e vivo.
La Malinconia è e resta una faccenda molto seria.

“Tutti sanno che un clown dev’essere malinconico per essere un buon clown, ma che per lui la malinconia sia una faccenda seria da morire, fin lí non arrivano.”
Heinrich Boll

Massimo Troisi

Fino a poco tempo fa mi sono nascosta dietro l’eteronimo di Nota Stonata, una introversa creatura nata in una piccola isola non segnata sulle carte geografiche che per una certa parte mi somiglia.
Sin da bambina si era dedicata alla collezione di messaggi in bottiglia che rinveniva sulla spiaggia dopo le mareggiate, molti dei quali contenevano proprio lettere d’amore disperate, confessioni appassionate o evocazioni visionarie.
Oggi torno a riprendere la parte di me che mancava, non per negazione o per bisogno di celarla, un po’ era per gioco un po’ perché a volte viene più facile non essere completamente sé o scegliere di sé quella parte che si vuole, alla bisogna.
Ci sono amici che hanno compreso questa scelta, chiamandola col nome proprio, una scelta identitaria, e io in fin dei conti ho deciso: mi tengo la scomodità di me e la nota stonata che sono, comunque, non si scappa, tentando di intonarmi almeno attraverso le parole che a volte mi vengono congeniali, e altre invece stanno pure strette, si indossano a fatica.
Nasco poeta, o forse no, non l’ho mai capito davvero, proseguo inventrice di mondi, ora invento sogni, come ebbe a dire qualcuno di più grande, ma a volte dentro ci sono verità; innegabilmente potranno corrispondervi o non corrispondervi affatto, ma si scrive per scrivere… e io scrivo, bene, male…
… forse.
Francesca Suale

Un commento su “La Malinconia è una cosa seria

  1. Pensiamo o pensavamo di essere padroni della nostra vita. Credevamo di essere maturi e pronti a volare. Lo siamo stati o forse ne abbiamo avuto l’illusione. Spesso invece la vita sceglie per noi e ci riscopriamo soli o fragili o semplicemente confusi. Per fortuna non si può pianificare o prevedere tutto, ne si può tornare indietro. Ciascuno di noi vive le stesse fasi nella vita chi per lungo tempo chi brevemente, chi le supera con facilità e chi stenta a trovare le vie di uscita. A nessuno si può dire chi e cosa amare, o che non si può vivere di rimpianti o malinconia. E’ facile dire agli altri cosa dovrebbero fare o dare consigli. Dicono sia facile amare ciò che è bello o perfetto o vincente secondo dei canoni poco umani. Invece ci scopriamo ad amare chi ci ha insegnato a volerci bene, a prenderci cura di noi stessi, a camminare da soli, a credere in noi stessi. Lo hanno fatto qualche volta trepidando altre volte per loro è stato difficile, ma lo hanno fatto per noi. Questo dobbiamo ricordarlo sempre

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