Nell’estrema confusione di quei simposi che si tenevano per dare il via alla difficile impresa di inventarsi un nuovo, vero quotidiano, in modo che potesse essere il contraltare naturale del Fogliaccio Contafrottole, per un bel pezzo non si venne a capo di nulla.
I nostri eroi continuavano a stentare nel costruire un punto di inizio sufficientemente solido.
Anche le difficili condizioni ambientali, ovvero il fatto che queste riunioni si svolgevano nelle miasmatiche stanzette di casa Taruffi, pregne di odoracci di lungo corso e di reperti dolciari d’epoca maya, non favorivano certo geniali esplosioni di razionalità.
Ducco e Mata Hari, che puntualmente partecipavano a quegli incontri, una volta, allusivamente, si presentarono indossando addirittura vecchie maschere antigas.
Tutti ovviamente capirono l’evidente sottinteso, tutti tranne lo stesso Marzio Taruffi che mentre la bella sorella Trudy arrossiva come se avesse delle braci sottopelle, si rivolse ai due, chiedendo premuroso:
“Oddio, ma avete l’asma? Oppure siete solo preoccupati per il virus?”
Ma aromi a parte, la situazione non si smuoveva di un millimetro, ed anzi le ipotesi balzane continuavano ad essere il prodotto normale di quelle persone originali.
“E se provassimo ad affittare l’ex mercato del pesce a Merluzzeto? – se ne uscì una di quelle volte Abdhulafiah, citando il quartiere periferico del quale per decenni quel polo ittico era stato il cuore pulsante – mi risulta che la Triglionomics, che ne era proprietaria, sia fallita e che il vecchio proprietario, Ursulo Muscolacci si sia trasferito a Marrakesh, che lì abbia cambiato sesso e che ora faccia la danza del ventre (ma dovrei forse dire della ventresca, ah ah ah!!) nei locali notturni col nome di Jasmina Spigolaux. Può darsi che, disperato/a, com’è, ce lo affitti a quattro soldi o che voglia perfino sbarazzarsene!”
Tutti tacquero, tranne, anche in quel caso, Taruffi che, scandalizzato, replicò:
“Sei matto!!?? Quel posto puzza da non far respirare: non potrei lavorare con quel tanfo, io a certe cose sono sensibile!!”.
Il brav’uomo non riuscì a spiegarsi la ragione dell’improvviso e generale accesso di tosse che seguì a quella sua affermazione: fu un’esplosione collettiva di barriti e abbaiamenti che durò qualche lunghissimo minuto, tinteggiando le facce degli amici di un violetto intenso, lo stesso colorito che invade i volti di chi ad un funerale viene tradito da un improvviso attacco di ilarità e che stenta a controllarlo, rischiando così l’apoplessia.
Una di quelle mattine si presentò Tressette, che per un po’ aveva latitato, preso a suo dire da “faccende serissime”.
La faccia, come al solito, era rabbuiata e contratta.
“ Non si può restare ancora inerti di fronte ad un problema insopportabile, ragazzi! Sarebbe ora far qualcosa contro quei cadaveri che ti fanno illudere di poter parcheggiare in meno di tre anni!”, esordì subito l’omino stizzoso, dando un primo sfogo ad una nuova rabbia
“In un caos che nemmeno l’apertura di un Tempio per Kebabisti osservanti ad Instanbul riesce a uguagliare, tu, dopo tremila giri con la macchina, coi nervi che ti escono dalle orecchie, finalmente vedi accendersi in un parcheggio le lucine di retromarcia di un’utilitaria e, feroce come una pantera a digiuno da mesi, freghi tutti e ti ci piazzi dietro, aspettando che da lì a trenta secondi il tizio sgombri.
Ma quello, un tale di solito mozzarelloso, stempiato, occhialuto e col labbruzzo a becco, sceglie invece di ammazzare il tempo cercando proprio in quel frangente delle carte, che presume indispensabili, non si sa a cosa, nel tascone laterale interno dello sportello.
Poi, mentre la tua temperatura inizia a crescere per la rabbia, le scruta con l’attenzione di un miniaturista, per dedicarsi subito dopo a sistemare inutilmente la spesa per non far cadere seicento barattoli di conserva, girandosi verso i sedili posteriori per sprimacciare le buste stracolme coi gesti incerti di un braccino da centenario.
Tu intanto, bersagliato dai clackson di gente infame che ti rimprovera di ingombrare la strada, inizi la convocazione ufficiale dei primi santi, cominciando l’appello da quelli meno illustri, come San Panfilio da Valmontone o Santa Minestrina vergine e martire.
Ti vien da pensare a quel punto che il bradipo abbia finito e che si tolga dalle scatole? Sarebbe naturale, ma si rivela un errore madornale: il deficiente si cava gli occhiali e comincia a lavorarci su con l’apposita pezzetta di pelle atta a pulire il vetro, ovvero quel piccolo arnese che nessun essere umano che possa essere considerato tale, si porta appresso.
Lui ce l’ha, ovviamente, e mentre tu estrai dalla tua fantasia gli insulti più rudi e innovativi, il tale dà il via ad una metodica opera di strofinìo senza fine, interrotta da frequenti alitamenti sulle lenti, opera che riprende subito, con la sua lena da defunto in putrefazione.
Molti, moltissimi altri insulti te li becchi tu, frattanto, diventato vittima dell’infiammazione dei cervelli di tutti gli automobilisti del continente, convinti che sia tu l’ostacolo alla normale rotazione cosmica del pianeta.
Ti attacchi allora al tuo, di clackson, e procedi con l’Ouverture di Strombazzamento Concitato in Re maggiore, tentando, assordandolo, di indicare all’estinto che la sua ora è già scoccata e che sei sul punto di avvertire i suoi cari dell’avvenuto trapasso.
Ad un tratto tiri un sospiro di sollievo: sta infilandosi la cintura di sicurezza: è fatta, ora si leva dai didimi!
Ma quella operazione, semplice anche per lo scemo dei Brutos, fatta da lui pare insormontabile.
La striscia viene estratta un po’ per volta, a stento, dal suo arto esangue come una burratina, con una velocità di movimenti minore di quella che avrebbe il monumento marmoreo alla Dea Pazienza.
Ora sono in molti a farti segnacci quando ti sfilano vicino con le loro auto, e a compitare con la bocca, per fartele capire bene, ingiurie porno che ferirebbero la sensibilità di un camallo del porto di Genova.
Il tizio infine, dopo aver aggiustato una decina di volte lo specchietto retrovisore, si decide ad accendere il motore, mentre alle tue spalle ruggisce ormai il traffico di Calcutta centro, e lo fa proprio quando tu sei disposto ormai ad accettare l’ergastolo in cambio dell’allettante possibilità di far scempio di lui.
Dopo aver finalmente parcheggiato, il tremito nervoso mi è durato mezz’ora e non è ancora cessato del tutto.
Dovrò inventarmi qualcosa, accidentaccio, contro questi zombie: ‘sti somari ogni anno provocano fior di morti per risse stradali!”
L’uditorio degli amici era restato a bocca aperta a sentire quel racconto pieno di pathos, ma molti di loro, perfino Cervellenstein, suo analista, si erano trovati nella stessa condizione migliaia di volte, così non meravigliò nessuno il fatto che Lallo si alzasse e che andasse a stringere Tressette in un silenzioso e commosso abbraccio.
Un po’ emozionato, Omar si affrettò allora a chiedere: “Qui a che punto siamo coi lavori? Avete combinato qualcosa?”
Un coro di voci che si accavallavano, fornì mille risposte insufficienti.
Consuelo, entrata in quel momento caotico, con la sua sola presenza mise in moto l’antiquato mangiadischi di Taruffi, un cimelio di famiglia che, raspando come un fonografo a tromba, spedì in orbita le note di “Tout le garcons..” di Francoise Hardy.
“Stavamo pensando a possibili sedi del giornale – così Mata Hary aggiornò Tressette – ma io non conosco posti utilizzabili in questa zona. Potrei giusto suggerirvi qualcosa che si era liberata ad Amsterdam nel 1914, ma innanzitutto non posso dire se il luogo oggi è ancora sfitto, e mi pare difficile che lo sia, e poi non mi parrebbe accorto sistemarsi così lontano dalle battaglie anti Frangiflutti”.
Ed accennò ad un passo di danza balinese su uno spesso strato di merendine “Leopardix”.
“Ci sarebbe anche lo studio del mio collega Psichiatra Osvaldo Speranczich– intervenne il Professor Cervellenstein – che è rimasto libero dopo che un suo paziente bulimico lo ha spedito all’ospedale per averlo confuso con un quarto di manzo e aver iniziato a farne uno spezzatino. Le patate le aveva cotte prima…”
“ Io proporrei…” – aveva iniziato a dire Consuelo, quando si sentirono due colpi rintoccare rochi alla porta dell’appartamento di Taruffi, il cui campanello, che non funzionava da troppo tempo, era stato suonato per ultimo da Scipione l’Africano.
Tutti trasalirono.
Il segnale convenuto prevedeva un numero maggiore di colpetti, dati sul ritmo de “La Bamba”: chi poteva essere allora?
Nel silenzio generale, con estrema cautela e a passi felpatissimi, Trudy Taruffi si accostò alla porta e, con discrezione, aprì lo spioncino: possibile che qualcuno avesse scoperto il progetto supersegreto?
Alla vista della ragazza comparve invece parte della faccia pelata, sudata anche d’inverno, dell’ex Direttore del Fogliaccio, Lello Rapallo, trombato subito dopo l’eclissarsi delle fortune curiali di Monsignor Missitalia, suo protettore di un tempo, lo stesso monsignore che aveva favorito l’unica ventata di giornalismo rivoluzionario in quella sede, prima della restaurazione e del reinsediamento del viscido Frangiflutti.
“Scusate l’improvvisata – disse trafelato il giornalista – ma Afid mi ha parlato della faccenda, sicuro della mia discrezione, e volevo pregarvi, anzi scongiurarvi, di considerarmi dei vostri.
Non ce la faccio più del resto: quell’infame, dopo il vostro addio, ha messo me vicino al lavandino del bagno, senza neanche lo spazio per il computer, che devo tenere sulle ginocchia, o per piazzare la foto di Greta. Tra l’altro, due giorni fa, dopo un rinfresco interno voluto dalla Direzione per festeggiare la vostra cacciata, si è scatenato un tremendo tsunami dissenterico (i letali tramezzini del Bar Biturico: lo dicevo io che erano dei serial killer degli intestini), così adesso mi tocca scostarmi davanti a redattori che passano di continuo volando come frecce verso il water.
Vi prego, prendetemi con voi, sono disposto a dimettermi anch’io e sogno già ciò che potrei dire a quel verme”.
Lallo Tarallo, giovane sin dalla nascita, è giornalista maltollerato in un quotidiano di provincia.
Vorrebbe occuparsi di inchieste d’assalto, di scandali finanziari, politici o ambientali, ma viene puntualmente frustrato in queste nobili pulsioni dal mellifluo e compromesso Direttore del giornale, Ognissanti Frangiflutti, che non lo licenzia solo perché il cronista ha, o fa credere di avere, uno zio piduista.
Attorno a Tarallo si è creato nel tempo un circolo assai eterogeneo di esseri grosso modo umani, che vanno dal maleodorante collega Taruffi, con la bella sorella Trudy, al miliardario intollerantissimo Omar Tressette; dall’illustre psicologo Prof. Cervellenstein, analista un po’ di tutti, all’immigrato Abdhulafiah, che fa il consulente finanziario in un parcheggio; dall’eclettico falsario Afid alla Signora Cleofe, segretaria, anziana e sexy, del Professore.
Tarallo è stato inoltre lo scopritore di eventi, tra il sensazionale e lo scandaloso, legati ad una poltrona, la Onyric, in grado di trasportare i sogni nella realtà, facendo luce sulla storia, purtroppo non raccontabile, di prelati lussuriosi e di santi che in un paesino di collina, si staccavano dai quadri in cui erano ritratti, finendo col far danni nel nostro mondo. Da quella faccenda gli è rimasta una sincera amicizia col sagrestano del luogo, Donaldo Ducco, custode della poltrona, di cui fa ampio abuso, intrecciando relazioni amorose con celebri protagoniste della storia e dello spettacolo.
Il giornalista, infine,è legato da fortissimo amore a Consuelo, fotografa professionista, una donna la cui prodigiosa bellezza riesce ad influire sulla materia circostante, modificandola.
Lallo Tarallo è un personaggio nato dalla fantasia di Piermario De Dominicis, per certi aspetti rappresenta un suo alter ego con cui si è divertito a raccontarci le più assurde disavventure in un mondo popolato da personaggi immaginari, caricaturali e stravaganti