Nel 1954 Ennio Flaiano scrisse un breve racconto intitolato “Un marziano a Roma” nel quale con surreale naturalezza narrava il singolare quanto imprevisto atterraggio sulla terra, precisamente a Roma, Villa Borghese, di una aeronave da cui sbarcava un essere proveniente da Marte. A questo racconto poi, nel 1960, fece seguire una più suggestiva versione teatrale edita da Einaudi. Messo in scena per la prima volta con Vittorio Gassman protagonista, “Un marziano a Roma” venne accolto dal pubblico con fischi e pernacchie. Flaiano, pur nello stordimento di una circostanza avversa riuscì a commentare:
“L’insuccesso mi ha dato alla testa”
Vittorio Gassman nei panni di Kunt a Teatro
Ma al di là di questo aneddoto divertente, che molto ha da dire sull’ironia e sull’originalità di un autore conosciuto per il suo proverbiale anticonformismo e per lo spiccato gusto del paradosso, quell’opera così vivacemente contestata possedeva una tale carica satirica sul costume dell’Italia del dopoguerra, e in particolare sulle dinamiche culturali della Capitale, da essere ancora di una enorme attualità. L’epopea di Kunt il marziano si consuma in pochi giorni, raccontati con una cronaca dallo stile asciutto, il cui racconto parte dal 12 ottobre per concludersi il 6 gennaio del 1954; il breve periodo della permanenza di Kunt a Roma è in sostanza la parabola della diversità derisa e beffeggiata, di una società attratta dall’effimero, omologata e capace di concedere, con voracità consumistica, una notorietà improvvisa quanto aleatoria, per bruciarla infine in tutta fretta, con freddo e sintomatico cinismo.
I bozzetti dei costumi di scena disegnati da Maria de Matteis
Con l’atterraggio di Kunt, infatti, i giornalisti si scatenano: il marziano deve fare notizia, è un imperativo; allora si moltiplicano i dibattiti degli intellettuali sul significato e la portata di questa sconvolgente novità, si filosofeggia in merito, si dà grande risalto all’immagine del marziano, così come lo si vuole fare apparire, per soddisfare tutte le aspettative. Kunt, così ingannevolmente raccontato, imperversa ovunque; diventa una specie di Messia, i cittadini romani si aspettano da lui che cambi loro la vita, che risolva i loro problemi, e gli si rivolgono per ottenere la salvezza. Come una valanga, l’effetto marziano si accresce, si fa enorme: donne infatuate gli scrivono lettere appassionate, la folla si esalta e si alza il livello delle aspettative, mentre i media alimentano il clima ad arte, costruendo un castello di notizie ben confezionate, attraverso i talk show televisivi, le trasmissioni dedicate e tanti titoloni sulle prime pagine. L’invasione marziana è più mediatica che altro e si alimenta dell’immaginario collettivo, proprio perché Kunt viene plasmato a immagine e somiglianza del marziano, per come tutti si aspettano che sia; viene costruito, suo malgrado, per essere osannato e trasformato in simbolo.
«Il marziano ha accettato di fare una particina di marziano in un film che sarebbe diretto da Roberto Rossellini, il quale si sta interessando affinché al finanziamento del film partecipi una società marziana».
Il Marziano di Ennio Flaiano non solo non ci invade, ma viene egli stesso fagocitato, digerito in fretta e, infine, messo in disparte, condannato alla derisione e alla marginalità, da una società che l’autore descrive con precisione; brevi tratti essenziali ce la presentano indolente, distaccata e aliena da qualsiasi empatia, tanto indifferente da non riuscire a scuotersi per più di un istante, fintamente viva; un’anticipazione profetica, questa, dell’ attuale deriva sociale, dove l’individuo soffre di una difficoltà a stupirsi, a immaginare e a svincolarsi dalle catene del preconfezionato. Questa è la sostanza dell’opera dello scrittore pescarese, che reca in sé la prefigurazione di ogni scuotimento virtuale indotto, quello che in prevalenza ci vediamo servire dai social network, dalla babele televisiva e dai video games: è ciò che ingenera l’enorme confusione tra reale e immaginario. Nel nulla virtuale niente finisce per avere più un senso: non resta che abbandonare il pianeta, lasciare Roma e la sua società di intellettuali annoiati, giornalisti, abili venditori di clamore, e di gente condotta a interessarsi e a dibattere sul niente.
Conviene fare rotta verso Marte, il pianeta rosso: appena un puntino remoto.
“Più tardi, tornando a casa – conclude Ennio Flaiano nel racconto – ho visto Kunt che si dirigeva, solo, a lunghi passi morbidi, verso Villa Borghese. Sopra le chiome dei pini brillava il rosso puntino di Marte, quasi solitario nel cielo. Kunt si è fermato a guardarlo. Si parla infatti di una sua prossima partenza, sempre se riuscirà a riavere l’aeronave, che gli albergatori hanno fatto, si dice,
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Grazie per la citazione!