“Ahhh – rise Spinazza riconsolato – mi hai fatto prendere un colpo, capo, sembrava che tu di botto parlassi marziano, ma io mica lo sapevo che per farli cacare sotto dovevamo fare tutti quei passaggi! Quel gastrocoso..”
“L’apparato gastrointestinale”, corresse Benny.
“I succhi e le scorie, hai pure detto – insistette Joe – … che poi come glieli facciamo bere ‘sti succhi? E poi c’è quella roba strana, la peri… peri… peristrofa?”
“La peristalsi, amico mio: è quando te se muovono le budella per spinge in giù la m… mi hai capito, no?”
“Beh certo, altrochè – e Spinazza si illuminò di un lampo di malignità – quando lo fa certa gente è come se sparasse autoritratti!”
“Dai su – tagliò corto Marranzana che iniziava a sbollire l’arrossimento, ma che manteneva bello caldo in corpo un buon tasso di indignazione – stoppiamo tutta ‘sta scienza, torniamocene a casa e prepariamo a quelle due cape guaste l’accoglienza giusta per stasera. E, a proposito, se ritirassimo fuori la baramobile? Ci buttiamo su una maggiorazione di teschi veri, malleoli, tibie e…”
“Macchè guagliò – intignò Syracuse – quella ormai è roba sfruttata: qua bisognerà inventarsi ancora di meglio, cose da far scappare ‘o sang da dind’e ‘vene. E io un’idea, appunto, ce l’avrei: sto pensando d’affittare ‘a compagnia teatrale di Muffin ‘O Grady, quegli irlandesi la cui metà ogni sera recita in teatro cose di sparatorie solo per far da alibi all’altra metà, che le stesse sere va a rapinare gioiellerie e locali alla moda, tanto nei registri dell’anagrafe giusto mezzo gruppo sta registrato…
Focalizzatevi bene su quei due ammosciatori di etica che sono Ciccibon e Frangiflutti e immaginate che, magari dopo le loro porchettate edilizie, stasera staranno di ritorno insieme, piene le trippe e i gargarozzi, da bravi compari felici che hanno appena piantato i denti su un bel gruzzolotto di soldi pubblici. Canteranno e rideranno “Brividi”, abbracciati, con le gambe molli, sorreggendosi a vicenda e rischiando di cadere a terra a ogni passo.
Ma ecco che quando saranno quasi giunti a casa, troveranno schierati noi tre, armatissimi, più un intero esercito di facce patibolari, tutti truccati di brutto, inquadrati da sotto da fari verdastri, roba da museo del crimine: cose da far sbiancare di terrore il più disinibito dei neomelodici di Frattamaggiore.
Non ho alcun dubbio sul fatto che i ragazzi e le ragazze di Muffin ci inzupperebbero il pane in uno spettacolo così, farebbero faville, e anche se in passato ho avuto qualche screzio con quel testarossa, ci siamo sempre riconciliati e ci vogliamo pure un po’ di bene.
Dopo uno show di quel livello sarà difficilissimo per qualsiasi operatore dell’Avis (posto che quei due fetusi donino sangue invece che fregarlo) trovare una sola vena in quel barile di Ciccibon o nella snella figuretta da cortigiano di Frangiflutti. Andranno in pezzi e penseranno alla P2, alle esercitazioni annuali del Sindacato dei Serial Killer, a tutto, insomma, tranne che alla nascita di un quotidiano concorrente. Ho ragione o no, boys?”
“Fantastico capo, sono senza parole – esultò Spinazza carezzando un fucile che come dal nulla gli era comparso tra le mani – solo che dobbiamo muoverci subito perché metter su una produzione grossa quanto la recita di stasera non è semplice, devi subito chiamare O’Grady”
“Volo – ribattè Benny – stanotte la Commissione Edilizia Straordinaria avrà una coda epica!”
Imboccate le scale che dal tetto del palazzo portavano ai piani inferiori e poi in strada, i tre, di ottimo umore, si dileguarono, e, infilatisi a stento nella vecchia Fiat Giardinetta di Sal Marranzana, fecero rotta verso la periferia, diretti al loro ufficio nella sede del “Disturbatore Quotidiano”, luogo in cui avrebbero organizzato la terrorizzante messinscena…
“Cavolo non c’è!!”
L’urlo di Don Oronzo, che denunciava l’assenza di Horus dal confessionale in cui pareva aver trovato temporaneo riparo, risuonò per qualche istante nelle navate di Santa Abbondanziana Martire, sovrastando addirittura il volume delle improvvisazioni musicali di San Carminio, posseduto ormai dal connubio quasi carnale con l’organo della chiesa.
“Già, non c’è – sbottò Taruffi spazientito – è quasi ora di pranzo e alla Pensione La Rossa oggi fanno il polpettone, accidenti se mi piace… Dove può essersi rintanato uno scarabocchio di dio come quello?“
Intanto bisognerà recuperare un po’ di silenzio, che in un frangente simile vale oro, e si deve quindi convincere San Carminio a piantare lo strumento e rientrare nel suo quadro. Vallo a prendere Afid, parlagli nella sua lingua”.
Il falsario, investito del carico di quelle difficili trattative, replicò immeditamente a Lallo:
“Qualcosa però bisognerà pur concederglielo, ormai ha scoperto la possibilità di vivere e divertirsi al di fuori dell’eterno martirio che gli tocca patire nella sua raffigurazione: dovrà pure avere uno sfogo quel poveretto..”
“Afid ha ragione – intervenne inaspettatamente Consuelo – dovremmo permettergli, se Don Oronzo fosse d’accordo, qualche scampolo di libertà, concedergli, che so, di uscire dal quadro in occasione di feste religiose importanti e farlo suonare durante le messe, magari travestito, tanto l’organista ufficiale, colpevolmente fan di Albano e Romina, è davvero scarso, e con quel po’ po’ di talento che ha Carminio si potrebbe ravvivare l’ambiente della parrocchia”.
“D’accordo – riprese Tarallo – proviamoci. Portagli l’offerta Afid e vedi se può funzionare”
“Ma, Dio misericordioso… – proruppe il parroco che ancora aveva a che fare con la presa d’acciaio dell’ostinata penitente Imelde Capadestrutto, e le parole gli suonarono in gola come altrettanti gemiti – mi state chiedendo di trasformare un martire fuggiasco in collaboratore fisso delle sante liturgie!!?? Non vi sembra un po’ troppo? Dovrei segnalare la cosa a sua eccellenza il Vescovo, che, pronunciato qualcuno dei suoi “cacchiolino”, dovrà a sua volta informare i superiori, la Curia, addirittura il Papa in persona!! Come ci si può mettere in un guaio simile?”
“Tacendolo – replicò Lallo serissimo – e, a parte il fatto che avere ospite delle messe un vero santo mi pare un grande onore, se la cosa restasse tra noi e lui, nessuno verrebbe a sapere della sua identità: per tutti sarà solo un saltuario rimpiazzo di quella purga di organista del Quà Quà”
Nel suo convincersi ob torto collo, Don Oronzo quasi saltellò per il nervoso, trattenendosi oltretutto dallo sputare in faccia una bruttissima parola a Imelde che, violando la forma del sacramento, aveva preso a confessare, così, sul posto, i primi peccati fatti che gli erano venuti in mente:
“A quella stronza de mi nuora pel compleanno suo c’iò combrato sei para de scarpe de tre misure in meno della sua, e l’ho prese ner negozio de Ettore Braccettino, uno che non zolo nun cambia mai a merce, ma nun ze cambia mai nemmeno le mutande…”
“Basta Imelde – tuonò il parroco, stremato – aspetti il turno della confessione, che qui abbiamo guai più grossi di qualche scarpa per formiche!!”
Tornata in qualche modo la pace, Afid salì le scale che portavano alla postazione dell’organista.
Dovette segnare subito un punto a suo favore perchè improvvisamente la musica cessò d’incanto di propalarsi in quel luogo sacro.
Da quel momento in poi si percepirono solo dei bisbiglìì in carminiese, a testimoniare che il dialogo tra Afid e San Carminio si era concentrato in una vera e propria trattativa. Il tempo scorreva lento, ma nessuno dei presenti giù in chiesa, muoveva un muscolo.
Si aspettava.
Ducco e Cleo erano frattanto rimasti in disparte coi secchi d’acqua e i detersivi in mano, pronti da tempo a lanciarli contro Horus per scioglierlo; Taruffi guardava male le candele, fonte, a suo avviso, di uno sgradevole fetore.
D’un tratto si colse più distintamente quello che doveva essere un finale di conversazione:
“Ahooa aoddo osì” disse San Carminio
“Sì, allora d’accordo così” confermò la voce grave di Afid.
Poi i passi in discesa sulle scale riportarono i due negoziatori nel gruppo.
“E’ fatta– riferì Afid – ha accettato: due domeniche al mese il santo si esibirà travestito nel corso delle sacre funzioni. Non vuole compensi, ma gradirebbe una piccola riserva di merendine “Tigrax” al miele, cocco e antrace: ne ha adocchiata una che stava poggiata sulla tastiera e l’ha divorata.
“Era la mia, porc…”, si contenne a stento Taruffi.
“Benissimo o Santo Martire – gorgogliò cerimonioso Don Oronzo – ora torniamo tutti davanti al tuo quadro, tu ci entrerai e ci si rivedrà tra una quindicina di giorni, d’accordo?”
Cinque minuti dopo San Carminio con un saltello rientrò all’interno del suo dipinto, riassumendo la consueta, paziente posa di martire, ed il sollievo generale quasi si materializzò, generando sbuffi di nuvolette liberatorie.
Restava nell’immediato il problema di Horus: non poteva essere fuggito in strada e doveva dunque trovarsi ancora in chiesa.
Sì, ma dove?
Si divisero e iniziarono ad esplorare la chiesa palmo per palmo, cappella per cappella, con esagerata attenzione ad ogni anfratto che potesse ricoverare il dio egizio, ma in poco tempo si ritrovarono tutti insieme sull’altare maggiore: visto che anche la porta della stanza in cui veniva custodita la celebre poltrona Onyric si era confermata perfettamente chiusa e inviolabile, si potè concludere che le ricerche, almeno fino a quel momento, erano rimaste senza esito.
“La sacrestia, cerchiamo in sacrestia!” strillò Don Oronzo a quel punto.
Così tutti sciamarono al suo seguito affollando il vasto ambiente che ospitava i paramenti sacri.
Erano entrati da pochi istanti quando un guizzo rapidissimo gli balenò davanti agli occhi: era qualcosa di fulminante che per un secondo apparve nitida come un fumetto.
“E’ lui – ringhiò Tarallo – E’ Horus, presto, tirate il detersivo!”
Troppo veloce fu la fuga del dio testauccellato, o forse fu la reazione di Ducco e Cleo ad essere poco sincrona, fatto sta che le secchiate d’acqua e spuma che i due lanciarono, mancarono del tutto Horus, ma colpirono in pieno Taruffi, orrificandolo, e suscitando la reazione impermalita delle migliaia di esserini che costellavano il corpo del sudicissimo cronista, lasciati per decenni a gavazzare in un ambiente a loro perfettamente consono.
“EHHIII, ACCIDENTI A VOI: E CHE CACCHIO!!”, urlò Marzio, ruggendo come una belva ferita.
“Ehhhiii, accidenti a voi: e che cacchio!!” ripetè impermalito ed indignato il coro delle infinite vocette di cimici, afidi e pidocchi.
Lallo Tarallo, giovane sin dalla nascita, è giornalista maltollerato in un quotidiano di provincia.
Vorrebbe occuparsi di inchieste d’assalto, di scandali finanziari, politici o ambientali, ma viene puntualmente frustrato in queste nobili pulsioni dal mellifluo e compromesso Direttore del giornale, Ognissanti Frangiflutti, che non lo licenzia solo perché il cronista ha, o fa credere di avere, uno zio piduista.
Attorno a Tarallo si è creato nel tempo un circolo assai eterogeneo di esseri grosso modo umani, che vanno dal maleodorante collega Taruffi, con la bella sorella Trudy, al miliardario intollerantissimo Omar Tressette; dall’illustre psicologo Prof. Cervellenstein, analista un po’ di tutti, all’immigrato Abdhulafiah, che fa il consulente finanziario in un parcheggio; dall’eclettico falsario Afid alla Signora Cleofe, segretaria, anziana e sexy, del Professore.
Tarallo è stato inoltre lo scopritore di eventi, tra il sensazionale e lo scandaloso, legati ad una poltrona, la Onyric, in grado di trasportare i sogni nella realtà, facendo luce sulla storia, purtroppo non raccontabile, di prelati lussuriosi e di santi che in un paesino di collina, si staccavano dai quadri in cui erano ritratti, finendo col far danni nel nostro mondo. Da quella faccenda gli è rimasta una sincera amicizia col sagrestano del luogo, Donaldo Ducco, custode della poltrona, di cui fa ampio abuso, intrecciando relazioni amorose con celebri protagoniste della storia e dello spettacolo.
Il giornalista, infine,è legato da fortissimo amore a Consuelo, fotografa professionista, una donna la cui prodigiosa bellezza riesce ad influire sulla materia circostante, modificandola.
Lallo Tarallo è un personaggio nato dalla fantasia di Piermario De Dominicis, per certi aspetti rappresenta un suo alter ego con cui si è divertito a raccontarci le più assurde disavventure in un mondo popolato da personaggi immaginari, caricaturali e stravaganti