Era una domenica attorno alla metà degli anni ’70 e io, come quasi tutte le domeniche, mi alzai presto perché avevo qualcosa da fare di estremamente importante: andare a Porta Portese per vendere e comprare LP usati. Il mio gravoso compito era quello di scegliere fra i molti dischi in vinile che avevo quelli di cui avrei potuto fare anche a meno.
Come ho già detto in un mio precedente articolo tutto si svolgeva in questo modo. Una volta scelti i dischi e messi nello zainetto mi precipitavo nel garage per inforcare il mio mitico Moto Morini Corsarino zz 50 rosso. Due, tre pedalate sulla leva dell’accensione e… Brum brum la marmitta a tromboncino cominciava a starnazzare felice.
E poi via con i capelli (sigh una volta c’erano anche quelli) ricci e lunghi al vento, a tutta callara sulla Circonvallazione Gianicolense incredibilmente vuota (è risaputo che il romano la domenica mattina se la prende comoda) alla volta del famoso mercato domenicale.
Una volta lì, legato il Corsarino come un salame ad un palo, mi incamminavo verso il ponte della stazione Trastevere, anzi sotto il ponte perché era lì che si svolgeva il mercatino dei dischi usati. Tirati fuori i dischi si tenevano con le due mani appoggiati sul petto e si aspettava che i clienti arrivassero da te per guardare cosa avevi da proporre. C’era anche un certo studio di mercato perché gli album più interessanti era meglio mostrarli per primi come specchietto per le allodole. Alla fine poi c’erano discacci di dubbia provenienza, nel senso che non sapevo neanche perché ce li avessi, e poi altri dischi comprati a scatola chiusa solo per via della copertina che era bella e ammiccante. Però con la storia delle copertine belle e ammiccanti ogni tanto ci azzeccavo e il mio panorama musicale si ampliava.
Questo successe proprio quando vidi un bel disco con una copertina super invitante, tutta nera con un buco al centro che lasciava vedere un immagine sottostante, sembrava lava incandescente. Poi lo aprivi ed era proprio una foto di un vulcano in eruzione. Il nome del disco era: Elastic Rock (superfichissimo come nome) quindi non ci pensai due volte e me lo portai a casa dopo una lunga contrattazione. Il gruppo: i Nucleus, dei perfetti sconosciuti per me!
Arrivato a casa lo misi subito sul piatto Thorens Td 145 e cominciai ad ascoltarlo. Cominciava con un assolo di batteria e questo non era niente male, poi continuai a sentirlo… all’inizio era difficile da capire, mi sentivo un pò frastornato, per un regazzetto cresciuto a pane e Rolling Stones, Black Sabbath, Led Zeppelin e Deep Purple era un po’ troppo intellettuale… ma quando giunse il pezzo “Crude Blues Part II” feci letteralmente un salto: era magnifico!!! Geniale! Sghicio!!! (espressione tipicamente romanesca particolarmente in voga negli anni ’70).
Così piano piano cominciai ad apprezzare anche le improvvisazioni e i pezzi più lenti e sofisticati. Alla fine diventò uno dei miei dischi preferiti e continuai a seguire l’avventura Nucleus.
E ora parliamo un pò di questo bel gruppo e di questo disco.
Negli anni ’70, un gruppo di musicisti britannici guidati dal talentuoso trombettista Ian Carr diede vita a un progetto musicale che influenzò il panorama della musica contemporanea, unendo elementi del jazz, del rock e della musica classica per creare un suono unico e innovativo.
Attraverso la loro musica complessa e avventurosa, Ian Carr & Nucleus hanno lasciato un’importante contributo nella storia della musica e hanno aperto nuove strade per il jazz sperimentale. Nucleus e Soft Machine (una band molto influente nel jazz-rock anglosassone) sono stati dei pionieri del genere jazz progressivo nel panorama musicale britannico.
Ian Carr, nato nel 1933 a Dumfries, in Scozia, è stato uno dei musicisti più eclettici e innovativi del Regno Unito.
Ian ebbe modo, negli anni adolescenziali, di venire a contatto con la musica attraverso il fratello Mike, pianista e compositore. A diciassette anni si accostò alla tromba e imparò a suonarla da autodidatta. Assieme alla passione per la musica coltivò anche lo studio della letteratura, frequentando nei primi anni cinquanta il King’s College di Newcastle-upon-Tyne, dove nel 1956 conseguì la laurea in letteratura inglese.
Dopo le prime esperienze musicali, Ian Carr si trasferì a Londra dove conobbe il sassofonista Don Rendell iniziando così un sodalizio artistico che durò fino al 1969. Il gruppo denominato Rendell-Carr Quintet – in cui suonavano anche il pianista Michael Garrick, il bassista Dave Green e il percussionista Trevor Tomkins – in sei anni partecipò a festival nazionali e internazionali di jazz incidendo cinque album.
Prima di fondare Nucleus nel 1969, Carr aveva anche collaborato con John McLaughlin.
Questa esperienza artistica lo spinse a esplorare nuove direzioni musicali, spaziando dal jazz tradizionale al jazz fusion e oltre. La sua passione per l’innovazione e l’esplorazione musicale è stata la forza trainante dietro la creazione dei Nucleus.
Carr aveva una visione audace: mescolare il jazz con elementi di rock, funk, musica elettronica e world music per creare un nuovo tipo di esperienza musicale. La formazione di Nucleus includeva alcuni dei musicisti più talentuosi dell’epoca, come il sassofonista Karl Jenkins e il batterista John Marshall (passato poi nei Soft Machine dal 1972)).
All’inizio della loro carriera, Ian Carr & Nucleus erano fortemente influenzati dal jazz modale di Miles Davis e dal suono elettrico del periodo fusion di Davis. Tuttavia, il gruppo sviluppò rapidamente una propria identità sonora distintiva, combinando elementi di rock psichedelico, fusion, free jazz e musica classica.
Carr era un abile compositore e arrangiatore, e le sue complesse composizioni fornivano un terreno fertile alle improvvisazioni virtuose dei membri del gruppo. Questo approccio sperimentale attrasse l’attenzione sia del pubblico che della critica.
Grazie al loro suono eclettico e alle vivaci performance dal vivo, Ian Carr & Nucleus guadagnarono rapidamente una reputazione internazionale. Il gruppo intraprese tour in tutto il mondo, portando la loro musica in luoghi come gli Stati Uniti, il Canada e l’Europa continentale. Durante questi tour, hanno condiviso il palco con artisti del calibro di Miles Davis e Weather Report, consolidando ulteriormente il loro status di pionieri della fusion music.
Il 1970, appena un anno dopo la loro formazione, fu per la band un momento magico.
Vinsero il primo premio al prestigioso Montreux Jazz Festival, pubblicarono l’album Elastic Rock e si esibirono sia al Newport Jazz Festival che al Village Gate jazz club.
Il primo album di Nucleus, intitolato “Elastic Rock” (1970), è stato un grande successo sia di critica che di pubblico, il disco divenne ”jazz album dell’anno” nel 1970 per i critici dei maggiori giornali Inglesi. L’album presentava una formazione di musicisti di talento:
- Karl Jenkins – oboe, sax baritono, piano elettrico, piano
- Ian Carr – tromba, flicorno
- Brian Smith – sassofono tenore, sassofono soprano, flauto
- Chris Spedding – chitarra acustica, chitarra elettrica
- Jeff Clyne – contrabbasso, basso elettrico
- John Marshall – batteria, percussioni
L’album presenta un mix unico di elementi di jazz, rock, fusion e musica sperimentale. Le composizioni di Carr sono caratterizzate da complessi arrangiamenti, ritmi incalzanti e improvvisazioni energetiche. Elastic Rock spazia tra brani più ritmici e potenti come “Elastic Rock” e “Crude Blues”, e brani più atmosferici come “Torrid Zone” e “Earth Mother”. L’album presenta anche una reinterpretazione del brano “Twisted Track” dei Battered Ornaments.
La grafica della copertina del LP fu affidata a Roger Dean, l’illustratore che poi divenne famoso con le sue immagini fantastiche per gli album degli Yes. Una fustella a forma di nucleo che lascia intravedere una parte dell’immagine sottostante: un vulcano islandese.
Successivamente, Nucleus ha continuato a produrre una serie di album acclamati, come “We’ll Talk About It Later” (1971), “Solar Plexus” (1971) e “Belladonna” (1972), che hanno consolidato ulteriormente la loro reputazione come uno dei principali gruppi di jazz progressivo.
La loro abilità nel fondere diversi generi musicali ha aperto la strada a una nuova forma di espressione artistica nel jazz. Il loro approccio sperimentale e la loro attitudine all’innovazione hanno influenzato numerosi musicisti successivi, percorrendo la strada di generi come il jazz fusion, il nu-jazz, il progressive rock e l’acid jazz. Artisti come Herbie Hancock, Chick Corea e David Bowie hanno citato Ian Carr & Nucleus come una delle fonti di ispirazione per le loro sperimentazioni musicali.
Ian Carr & Nucleus hanno portato il jazz a nuove vette di sperimentazione e creatività. La loro musica complessa e innovativa ha sfidato le convenzioni musicali e ha aperto nuove strade per il genere. Il loro impatto e la loro influenza continuano ad essere sentiti ancora oggi, dimostrando che la musica jazz è in continua evoluzione e che la fusion music può essere sofisticata ma anche accessibile.
Oltre a ricoprire il ruolo di strumentista, dimostrando grande versatilità Ian Carr si dedicò anche all’attività di giornalista – in qualità di commentatore per il BBC Music Magazine, scrisse inoltre le biografie di Keith Jarrett e Miles Davis.
Carr è stato anche coautore dell’opera di riferimento The Rough Guide to Jazz.
Inoltre ha contribuito con le note di copertina per gli album di altri musicisti (ad esempio Indo-Jazz Fusions di Joe Harriott e John Mayer).
Nel 1987, Carr fu nominato professore associato presso la Guildhall School of Music and Drama di Londra, dove insegnò composizione ed esecuzione, in particolare improvvisazione. Fu fondatore del seminario jazz presso l’Interchange Arts Scheme, dove il pianista Julian Joseph, tra gli altri, fu uno dei suoi studenti.
Nell’agosto 2005, una reunion dei Nucleus con membri vecchi e nuovi si è esibita al Cargo di Londra. Il 30 marzo 2007 ci fu un concerto Nucleus Revisited al Pizza Express Jazz Club di Londra facente parte di una serie di concerti per celebrare il decimo anniversario della rivista Jazzwise. Nucleus Revisited includeva Geoff Castle, Mark Wood e Tim Whitehead e alla tromba, come al concerto Cargo del 2005, Chris Batchelor. Sebbene Ian Carr non abbia suonato per problemi di salute, era presente al concerto e ricevette una lunga standing ovation.
Ian Carr è morto all’età di 75 anni il 25 febbraio 2009, a causa del morbo di Alzheimer.
Nato lo scorso millennio in quel luogo che, anche da Jovanotti, è definito l’ombelico del Mondo, Klaus Troföbien alias Carlo De Santis è ritenuto un vero cultore ed esperto di filosofia e costume degli anni 70/80.
È un ardente tifoso della squadra di calcio della Roma, ma non di questa odierna semiamericana e magari presto cinese, ma di quella di Bruno Conti, Ancellotti, Di Bartolomei, di quella Roma insomma che allo stadio ti teneva 90 minuti in piedi e 15 minuti seduto; è inoltre un collezionista seriale di oggetti vintage che vanno dalle cartoline alle pipe, dalle lamette da barba ai dischi in vinile.
I suoi interessi sono la musica pop rock blues psichedelica anni ’70/’80, la fotografia, la cultura hippie, i viaggi, la moto, il micromondo circostante.
Grazie ad una sua fantasmagorica visione è nata Latina Città Aperta, della quale è il padre, il meccanico e il trovarobe.
Politicamente è stato sempre schierato contro.
Spiritualmente, umilmente, si colloca come seguace di Shakty Yoni, space wisper di Radio Gnome Invisible.
Odia rimanere chiuso nell’ascensore.
Da qui la spiegazione del suo eteronimo.
Un pensiero criticabile ma libero, una mente aperta a 359 gradi.
Ma su quel grado è intransigente.