Siamo stati delusi?
È capitato a tutti, ne sono certa.
La delusione è un sentimento strano. A volte ti si attorciglia addosso a formare un cappio che stringe fino a privare dell’ossigeno ogni emozione nuova; talvolta invece si mette a sedimentare e lavora dietro lo schermo degli altri sentimenti.
Ricacciata a fatica nel fondo di noi stessi, la delusione viene pigiata, conservata sotto vuoto, così che non possa riprendere vigore e forma. Viene messa all’angolo, alla maniera del domatore con la tigre in gabbia.
Quando la delusione viene tenuta a bada può tornare a riaffiorare, capita di intraverderla nelle persone quando cogliamo quel mezzo sospiro di rassegnazione, al quale fa seguito il classico: “così è la vita”, anche se subito si distolgono dal pensiero per passare oltre, lasciandola a decantare là dove stava.
Col tempo diveniamo consapevoli che non se ne andrà mai via del tutto, la delusione è persistente e talvolta lascia una impronta, come quella che si forma su di un materasso vecchio e consunto, dove non dorme più nessuno.
Si tratta di una deformazione profonda di una parte della nostra anima, l’ombra di qualcosa che ci ha talmente oppressi e schiacciati, sino a determinare una opacità che coinvolgerà persino il modo in cui ci accosteremo, da lì in avanti, a qualsiasi altra realtà, ambiente o persona che sia.
Mastichiamo delusioni e spesso ne infliggiamo a nostra volta, quasi si trattasse del testimone da passare in una staffetta, l’ineluttabile eredità di ogni esistenza, il contrappeso alla speranza e alle illusioni.
La vita è questa corsa a ostacoli e impariamo solo inciampando, in che altro modo potremmo?
E a un certo punto, dopo anni che ne pratichiamo il percorso, tra slanci e ricadute, apprendiamo che la delusione, quale essa sia e in qualsiasi forma o rapporto umano si sia palesata, rappresenta un fatto connaturato al vivere.
Niente paura, dovremmo dirci… ora sappiamo che non se ne può fare a meno. Abbiamo preso atto che è impossibile da evitare, non si tratta di rassegnazione, questo si chiama realismo.
Prima o poi la delusione si ripresenterà ancora.
Possiamo decidere di aspettarla al varco, non sia mai ci riuscisse di fregarla, ma spesso questo proposito diviene una occupazione troppo impegnativa, se non drammaticamente ossessiva, che finisce col fregarci essa stessa e oramai, quasi senza accorgercene, ci siamo deformati già un po’, il processo si è avviato nonostante tutto il vigore che abbiamo speso per rimanere immuni.
Il filosofo Demostene descrive molto realisticamente un comportamento umano quando dice:
“Nulla è più facile che illudersi. Perché l’uomo crede vero ciò che desidera”.
Probabilmente è proprio questa una delle cause più comuni da cui trae origine la delusione.
L’illusione è davvero cosa facile, perché facilmente noi tutti traduciamo i nostri desideri nell’illusione che essi si stiano avverando.
Doloroso che sia, il risveglio produrrà delusione.
Nelle faccende umane, quando si tratta di relazioni d’amore, di amicizia, di rapporti d’affari o rapporti che comunque implichino fiducia e stima reciproche, si possono prendere delle serie cantonate.
Trovo del rammarico un po’ ovunque, spesso nasce da motivazioni banali, da equivoci dettati dal difetto di comunicazione, non ci siamo capiti o forse non ci siamo spiegati; altre volte è dovuta a un difetto di obiettività, ma in tutti i casi, quando si comincia a intravedere la malafede, giusta o supposta che sia, scatta quella delusione che investe la stima verso l’altro e ogni possibile via di uscita deflagra insieme a ogni altro possibile intendimento. Voglio dire che a quel punto ciascuno si occuperà soltanto di avallare la propria tesi, fantasiosa, monotematica, viziata da una visione unilaterale e quindi parziale che sia, la ragione ad ogni costo diverrà unico obiettivo.
In breve: non si ascolta più.
È possibile fraintendere o sopravvalutare qualcuno, decidere sulla base di questo errore di valutazione di intraprendere progetti insieme, di cercare di cogliere una opportunità senza avere molto altro in comune se non l’idea di condividere lo stesso obiettivo, spinti persino da diverse motivazioni. Perciò si può cadere facilmente in errore, perché innegabilmente obiettivi comuni non sono sufficienti poi alla prova del nove, quando ciascuno vorrà raggiungerli seguendo il percorso che riterrà essere quello più giusto o più diretto. Occorrerà una buona dose di capacità di confronto, rispetto, dialogo, ma sempre qualcuno resterà deluso, è fisiologico.
Si può costruire un rapporto confidando esclusivamente nella lealtà e nella correttezza reciproci, valori forti che sembrerebbero scontati ma di fatto non lo sono. Si può finire con l’essere messi fuori strada, ridotti KO da un colpo basso, da chi sa manipolare ad arte, vendere fumo o semplicemente fare una bella impressione da lontano, mentre da vicino è tutt’altra faccenda.
“Non toccate mai i vostri idoli: la doratura si attacca alle dita.”
diceva Gustave Flaubert
…e in effetti oggi io dovrei avere i polpastrelli placcati 24 carati, benché l’idolatria non mi si confaccia.
Sarà per questo che io gli idoli li vado a toccare con mano, con una buona dose di blasfemia che non guasta mai e vorrei fosse contagiosa a questo mondo.
Lo ammetto, ho il vizio di andare a vedere da vicino, un po’ come se sezionassi la vita con un bisturi, spesso praticando tagli su me stessa, pur di interrogarmi e scandagliare ogni lato della realtà, ogni punto di vista, ogni valutazione di quel fattore umano imprescindibile per la riuscita o il fallimento di qualsiasi idea, relazione umana di condivisioni e di sentimenti.
Ma persino le idee, le più belle e alte, devono poi tornare a scontrarsi con la nostra pochezza, con le frustrazioni e gli egoismi, con il limite delle nostre visioni , con quell’istinto un po’ bestiale che muove certe pulsioni verso una sorta di prevaricazione dell’Io o di tendenza alla guerra, con un innegabile dose di narcisismo o di presunzione, con le chiusure o le questioni di incapacità alle quali manca autocritica.
Mi sono resa conto negli anni che crescendo (leggete pure invecchiando) si diventa più esigenti, probabilmente accade soprattutto se si è particolarmente inclini alla profondità di pensiero e si sono maturate proprie esperienze, convinzioni, idee con sofferenza.
Lo si diventa anche perché spesso, per non essere delusi, e soprattutto per non trasformare le proprie idee in prigioni, si preferisce la solitudine; si sbaglia a volte, perché anche la solitudine è in fondo un’altra prigionia.
La saggezza è prerogativa degli umili, probabilmente di tutti coloro che sanno imparare dalle delusioni, senza farsi fregare da esse, e soprattutto sanno che non si è immuni da errori e che, in una vita sola, non ci si può colpevolizzare in eterno per ogni cosa che è andata storta, ma neanche colpevolizzare gli altri.
Di solito ciascuno ci mette del suo, possono cambiare le proporzioni, anzi sicuramente cambieranno, ma resta il fatto che, in fondo, siamo tutti imperfetti e tutti dei delusi deludenti… .
Fino a poco tempo fa mi sono nascosta dietro l’eteronimo di Nota Stonata, una introversa creatura nata in una piccola isola non segnata sulle carte geografiche che per una certa parte mi somiglia.
Sin da bambina si era dedicata alla collezione di messaggi in bottiglia che rinveniva sulla spiaggia dopo le mareggiate, molti dei quali contenevano proprio lettere d’amore disperate, confessioni appassionate o evocazioni visionarie.
Oggi torno a riprendere la parte di me che mancava, non per negazione o per bisogno di celarla, un po’ era per gioco un po’ perché a volte viene più facile non essere completamente sé o scegliere di sé quella parte che si vuole, alla bisogna.
Ci sono amici che hanno compreso questa scelta, chiamandola col nome proprio, una scelta identitaria, e io in fin dei conti ho deciso: mi tengo la scomodità di me e la nota stonata che sono, comunque, non si scappa, tentando di intonarmi almeno attraverso le parole che a volte mi vengono congeniali, e altre invece stanno pure strette, si indossano a fatica.
Nasco poeta, o forse no, non l’ho mai capito davvero, proseguo inventrice di mondi, ora invento sogni, come ebbe a dire qualcuno di più grande, ma a volte dentro ci sono verità; innegabilmente potranno corrispondervi o non corrispondervi affatto, ma si scrive per scrivere… e io scrivo, bene, male…
… forse.
Francesca Suale
Illusione e delusione sono uno dei tanti stati d’animo ed emozioni che nascono da sentimenti di vario genere. Sono causati dal parlarsi poco? Forse. Sicuramente si sta perdendo non solo il dialogo o meglio le tante sfumature e spiegazioni, ma si sta anche perdendo la capacità di osservare e comprendere cogliendo smorfie, atteggiamenti, sorrisi, soddisfazioni che dicono molto di più di tante parole o discorsi. Con il tempo si impara che la più grande ricchezza è il tempo (trascorso e da trascorrere) e il cogliere i tanti attimi. Così tante delusioni altro non sono che il non aver compreso situazioni e persone, aspettandosi forse troppo o semplicemente credendo che gli altri ci potevano dare, forse, quello che non poteva essere. O semplicemente a volte, spesso, la vita sceglie per noi. Ecco saper convivere con le scelte della vita significa illudersi di meno e ricevere meno delusioni. Sapendo che altri gli altri spesso non possono fare quello che ci avevano fatto credere o ci avevano promesso, non sempre per loro colpa